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  • Resoconto teleriunione  12 gennaio 2016

Processi incontrollati ed incontrollabili

La teleconferenza di martedì, presenti 17 compagni è iniziata con un aggiornamento sui fatti di Colonia.

In merito alla vicenda il governo tedesco ha fatto annunci contrastanti: se in un primo momento ha affermato che quanto accaduto nella notte di Capodanno non è stato il prodotto di un'azione coordinata, ha poi dichiarato che le violenze sarebbero invece il frutto di un'organizzazione spontanea avvenuta tramite Twitter e Whatsapp. Intanto, la caccia all'immigrato ha avuto inizio. Mentre i giornali borghesi si occupano di fomentare l'odio razziale tirando in ballo lo "scontro tra civiltà", la Slovacchia vieta ufficialmente l'ingresso a profughi di religione islamica, la Danimarca sequestra i beni dei rifugiati per contribuire alla copertura delle spese, e a Colonia compaiono le prime ronde degli estremisti di destra.

Sono in molti oramai a parlare apertamente di guerra mondiale. Non passa giorno senza che il cuore del mondo capitalistico subisca attentati. L'ultimo in Turchia, dove, dopo Ankara, questa volta viene colpito il centro turistico di Istanbul.

La guerra, specie quella per procura, ha sempre una complessa preparazione ed è sciocco mettersi a disquisire su chi sia l'aggressore e chi l'aggredito; anzi, serve solo a darsi una giustificazione per mettersi al servizio dell'una o dell'altra borghesia. In Turchia il passaggio dallo stato forte kemalista allo stato islamico moderno rappresenta una regressione. Significativo a tal proposito il "silenzio" delle alte sfere dell'esercito, cruciali nei momenti difficili: andata in pensione la vecchia guardia, la spinta laica kemalista potrebbe essersi esaurita visto che finora i giovani ufficali non hanno espresso disappunto verso la politica di islamizzazione di Erdogan. La Turchia rimane in bilico tra la disgregazione sociale e l'autoritarismo fine a se stesso.

Su tutto pesa la crisi economica globale. E non è mai stato così chiaro quanto il caos sociale montante sia provocato dalla miseria crescente. La polarizzazione dei redditi denunciata da Occupy Wall Street nel 2011 (1/99%) è superata dalla realtà: oggi il modello è ancora più diseguale.

Il film La grande scommessa, appena uscito nei cinema, è un'interessante rappresentazione del processo di autonomizzazione del Capitale, in cui si vedono all'opera i perversi meccanismi finanziari che hanno generato il crack del 2007-2008 e si nota come da allora nulla sia cambiato. Tolta l'accusa moralistica ai banchieri disonesti, resta la critica sistemica a Wall Street, il simbolo del capitalismo contemporaneo.

Capitalismo che, secondo i notiziari economici, vede all'orizzonte la ripresa grazie al boom delle vendite di automobili negli Usa: 17,5 milioni! Dopo 10 anni e più, gli americani tornano ad acquistare l'auto nuova. Ma chi si fa prendere dall'entusiasmo non ha forse considerato che, ora, potrebbero smettere di nuovo, magari per altri dieci anni. Non è solo una battuta: l'indice che misura il rapporto delle scorte di magazzino ha raggiunto il livello massimo dal 2007-2008; lo stesso vale per quello che monitora il noleggio delle grandi navi, il Baltic dry index, più basso del record negativo raggiunto nel 2007: i grafici mostrano che le navi che trasportano materiale secco come grano, carbone, ecc. sono ancorate nei porti e nell'Atlantico non c'è mai stato così poco movimento. C'entra qualcosa il rallentamento dei BRICS: il Brasile è piombato in recessione, la Russia se la deve vedere con il crollo del prezzo del petrolio, la Cina mostra già i segni della senilità capitalistica.

E a proposito di Cina, da segnalare le recenti misure adottate dal governo nel tentativo di controllare i servizi di messaggistica. Le autorità stanno imponendo la rimozione di software sicuri (cioè non "spiabili"), soprattutto le app come Whatsapp e Telegram, dagli smartphone dei cittadini per poterne monitorare l'uso.

In barba a qualunque misura repressiva, i fenomeni di autorganizzazione sono inevitabili. I movimenti sociali hanno la stessa dinamica dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche: oscillazioni improvvise e rapide provocate dallo spostamento inaspettato di una massa nel sottosuolo. Divulgatori scientifici come Mark Buchanan puntano a dimostrare che i fatti fisici e sociali si possono spiegare con gli stessi formalismi scientifici. Questo filone di ricerca per noi è importantissimo: ogni volta che una barriera sacra cade, la Rivoluzione sorge e cammina ("Deretano di piombo", cervello marxista, 1955).

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    Nel video si afferma che i wargame non sono la replica esatta della situazione reale, ma possono essere utili per pianificare azioni. Per esempio, i "giochi di guerra" che simulano un conflitto tra USA e Cina nell'Indo-Pacifico, dimostrano che un scenario di questo tipo non avrebbe sbocchi (non ci sarebbe un vincitore) e che quindi andrebbe evitato. Non è detto, però, che tali "consigli" siano seguiti da chi ha responsabilità politiche e militari.

    La divulgazione e pubblicazione dei wargame, su riviste specializzate e non, è funzionale anche alla manipolazione della cosiddetta opinione pubblica, e cioè a prepararla a situazioni future. Dall'epoca napoleonica, quando queste simulazioni erano composte da soldatini da muovere su un campo di battaglia tridimensionale, sono stati introdotti elementi di complessità conseguenti alle capacità di elaborazione dei computer; wargame molto sofisticati non sono più pertinenza esclusiva degli addetti ai lavori, ma permeano la società intera. Il gioco di guerra immaginato, preparato e tradotto in una realtà virtuale è più potente di quello studiato a tavolino, anche in questo campo gli uomini sono surclassati delle macchine. Si pensi alla gamification, termine difficilmente traducibile in italiano ("ludicizzazione"), che non è altro che l'utilizzo di elementi mutuati dai giochi in contesti diversi. Gli eserciti, in alcuni casi, si sono appoggiati ai videogamer per simulare scenari di guerra.

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