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  • Resoconto teleriunione  8 marzo 2016

La guerra non cessa mai

La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata con alcuni aggiornamenti sulla situazione militare in Medioriente e in Nordafrica.

Secondo alcuni analisti, Daesh sarebbe in difficoltà in Siria: diminuiscono i foreign fighters provenienti dall'estero e si riducono le entrate economiche a causa del calo del prezzo del greggio e dei continui bombardamenti della coalizione. D'altra parte lo Stato Islamico sta mettendo radici in Libia, dove gli Stati Uniti, insieme a Francia e Italia, paventano da qualche tempo un intervento militare assumendosi il rischio di operare in assenza di un'infrastruttura statale a cui far riferimento. Così come la Libia è caduta in mano a gruppi armati che per la maggior parte rappresentano gli interessi di tribù locali, anche Siria e Iraq sono sprofondate nel caos con decine di milizie che si combattono in una guerra di tutti contro tutti.

La maturazione del modo di produzione capitalistico porta con sé un cambiamento nel modo di condurre la guerra e nei mezzi che vengono adoperati. Con la Seconda Guerra mondiale si è raggiunto il punto massimo in quanto a numero di stati coinvolti, mezzi e uomini. Oggi la guerra è permanente, non cessa mai, se non altro sotto forma di concorrenza tra aziende e nazioni. Nel marasma sociale attuale a cui si accompagna la dissoluzione degli stati, si formano grosse coalizioni, in cui tutti gli aderenti sono legati da interessi comuni e trovano pretesti per organizzare interventi di polizia internazionale.

Pur mantenendo un aspetto sovrastrutturale antico Daesh è uno stato in quanto assume fattezze statali, con tanto di welfare e una propria economia, i cui promotori sono elementi dell'ex partito iracheno baathista, combattenti con esperienza militare alle spalle. Lo Stato però è un prodotto storico e non il frutto di una volontà. Esso raggruppa caratteristiche unitarie, un territorio definito, una storia, una lingua, ecc., affinché la classe dominante possa ergersi a tale e, una volta consolidata la nazione, adoperare gli altri stati per i propri fini.

Gli Usa hanno sempre utilizzato forze locali sia per combattere i propri nemici sia per mettere in piedi amministrazioni statali che facessero i loro interessi. In Siria sono decine le organizzazioni combattenti che si sono dette disposte a lavorare per gli americani. Ma se in passato il nation building funzionava, oggi è difficile immaginare cosa possano ricostruire gli americani in un paese così devastato.

In questo scenario, la guerra condotta da una coalizione di stati decadenti cosa può fare contro uno stato virtuale come Daesh? La sua storia non esiste, almeno analizzata coi criteri de I fattori di razza e nazione nella teoria marxista. Se mettiamo insieme il fatto che viviamo nell'epoca in cui lo stato è in via di dissoluzione e che la sovrappopolazione è irrecuperabile, arriviamo alla conclusione che la situazione geopolitica globale è ben più grave di quella delineata da Limes nell'ultimo numero (La terza guerra mondiale?).

La borghesia, classe superflua già dai tempi di Marx, si è tolta di mezzo da parecchio tempo e ha demandato la sua funzione storica a gruppi di tecnici e polizie varie. Il capitalismo non può esistere senza il proletariato, il quale viene usato sempre meno nell'industria ingrossando l'esercito dei disoccupati. Al tempo stesso, non ci sono abbastanza operai da cui estrarre plusvalore. Si tratta di una contraddizione esplosiva per il Capitale: guai a quel paese che invece di sfruttare i propri schiavi è costretto a mantenerli.

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    La teleriunione di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando un articolo di Maurizio Novelli, "Perché il sistema capitalistico è praticamente morto", pubblicato sul quotidiano economico Milano Finanza. Si tratta di un'analisi di ormai quattro anni fa, ma i problemi che l'autore solleva sono ancora presenti, anche se nascosti accuratamente sotto il tappeto.

    Nel pezzo si parla della necessità capitalistica di fare sempre più debito per sostenere l'economia (il debito ha superato il 330% del PIL globale), del problema della valorizzazione del capitale, e in generale del dominio del capitale azionario su quello industriale:

    "Il sistema capitalistico, degenerato a causa di questo modo di operare, è praticamente morto e la finanza, così come funziona oggi, lo ha ucciso. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l'economia reale a sostegno della finanza, ribaltando la funzione che la finanza era a sostegno dell'economia reale. Oggi il settore finanziario 'fa leva' 4/5 volte sull'economia reale per ottenere rendimenti che l'economia reale non riesce più a produrre, così come le banche nel 2008 facevano leva 40 volte sul capitale per ottenere rendimenti che l'attività caratteristica non poteva dare."

    La finanziarizzazione del capitale, riflesso della sua autonomizzazione, è la parte conclusiva della parabola storica del plusvalore. Il fenomeno è descritto nel nostro articolo "L'autonomizzazione del capitale e le sue conseguenze pratiche", che si basa sul Frammento del testo originario di "Per la critica dell'economia politica" del 1858. Oggi tale processo è ben visibile, basti pensare alla recente impennata del Bitcoin che vale più di Visa e MasterCard messe insieme. I crolli di borsa, le crisi finanziarie del 1987, del 1997, delle Dot-com e del 2008 testimoniano la difficoltà del sistema a riprodursi in quanto tale. La finanziarizzazione dell'economia non è altro che una risposta alla crisi di valorizzazione, dovuta all'aumentata produttività del lavoro. Non c'è mai pletora di capitali senza pletora di merci: per questo motivo "rilanciare la produzione" o "ritornare all'economia reale" sono slogan privi di senso.

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    Da segnalare l'importanza acquisita dai droni nel teatro bellico ucraino, ma non solo. Nell'articolo "Legioni di 'droni intelligenti' all'orizzonte", pubblicato sul sito di Analisi Difesa, si afferma: "Non è utopico immaginare un futuro in cui legioni di droni, guidati da un unico comandante, si confrontino sul campo di battaglia. Droni da ricognizione, d'attacco, kamikaze e da supporto impiegati contemporaneamente per svolgere compiti diversi, come del resto sta già accadendo sui campi di battaglia in Ucraina."

    Recentemente, l'intelligence americana ha fatto circolare la notizia, pubblicata dalla CNN e ripresa da La Stampa, di una nuova arma russa (electro magnetic pulse, impulso elettromagnetico nucleare) "in grado di distruggere i satelliti creando un'enorme ondata di energia paralizzando potenzialmente una vasta fascia di satelliti commerciali e governativi.". Il dispositivo rappresenterebbe un'importante minaccia per la sicurezza del paese.

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Editoriale: Reset

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