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  • Resoconto teleriunione  3 gennaio 2017

Estrema maturità capitalistica

La teleconferenza di martedì, presenti 11 compagni, è iniziata commentando il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica e l'omelia di Papa Francesco in occasione del Te Deum. Entrambi gli interventi richiamano con forza l'attenzione sulla disoccupazione giovanile: "abbiamo condannato i nostri giovani a non avere uno spazio di reale inserimento, perché lentamente li abbiamo emarginati" e "costretti a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono", afferma nella sua preghiera il Pontefice.

Sempre più settori della classe dominante ammettono che non c'è futuro in questo sistema ed è necessario un cambiamento. Fin quando sono i comunisti ad affermare che il capitalismo è un "cadavere che ancora cammina" non c'è da stupirsi (siamo sempre stati catastrofisti), ma quando a dirlo sono le forze della conservazione la cosa si fa interessante: le capitolazioni ideologiche borghesi di fronte al marxismo sono prodotte da condizioni materiali che lavorano per noi.

Sul tema della crisi della democrazia, è stato segnalato l'articolo I tempi della politica malata e lontana dai cittadini di Ezio Mauro. Il giornalista, svelando i mali che attanagliano il paese, descrive un sistema che nega sé stesso: "L'ultimo paradosso della democrazia è questa capacità di produrre col suo malessere - e garantire - le forze antisistema, nate tutte dentro il processo democratico, per una debolezza culturale e istituzionale della politica tradizionale, come i fiori del male." Per Mauro le forze antisistema sono quelle rappresentate da Grillo, Salvini, Le Pen o Trump. Partiti che una volta sarebbero stati fattore di stabilità, oggi – data la fragilità delle istituzioni - possono mettere in moto spinte non controllabili.

A Cona, nel veneziano, è scoppiata una rivolta in un campo di concentramento per immigrati, e anche a Verona si è vista una dinamica simile. Il sistema dell'accoglienza fa acqua da tutte le parti e c'è chi specula sul senso di insicurezza. Non tarderanno a formarsi comunità basate sul "cemento" etnico o religioso e, soprattutto, partigianerie per questa o quella fazione della borghesia.

Anche negli Stati uniti la situazione sociale ha visto un aumento di tensione. Per il prossimo 20 gennaio, data in cui il neoeletto Trump si insedierà alla Casa Bianca, numerosi movimenti e gruppi di attivisti hanno indetto una giornata di protesta e di sciopero sotto gli hashtag #J20 e #disruptj20. Sarà - dicono gli organizzatori – un giorno di resistenza e di blocco. L'appuntamento principale è nella città di Washington.

Gli ultimi attentati di Berlino, Baghdad e Istanbul confermano una situazione di guerra civile diffusa. Ormai questo conflitto si svolge su di un panorama globale, anche se i punti di fuoco sono concentrati in determinate aree del pianeta. La Turchia è in pieno marasma sociale: il suo territorio si è trasformato in un campo di battaglia e, ancora più importante, si sta determinando un assetto politico-istituzionale basato sull'Islam, novità per un paese borghese che islamico non è mai stato. Dopo il tentativo di colpo di stato dello scorso luglio, i servizi di intelligence sono stati fortemente ridimensionati con migliaia di militari e agenti arrestati, e questo ha comportato grossi problemi operativi.

Per capire meglio la situazione in cui versa il capitalismo, è utile riprendere alcuni classici della nostra teoria come, ad esempio, Elementi dell'economia marxista dove è ben descritta la differenza tra l'epoca della concentrazione e quella della centralizzazione del capitale. Se la concentrazione può avvenire di pari passo per tutte le imprese, la centralizzazione avviene a beneficio di alcune e a scapito di altre, mostrando il grado di maturità (senescenza) del sistema. Dalla moderna centralizzazione nasce quel capitale azionario con il quale si possono controllare interi gruppi aziendali possedendo solo poche azioni e questo ci dà l'idea di come il problema della crisi non sia da imputare all'incapacità di governi o capitalisti, ma a cause intrinseche, irrisolvibili.

Quando parliamo di morte potenziale del capitalismo intendiamo che il plusvalore non serve più a soddisfare il bisogno di arricchimento del singolo capitalista, ormai sostituito da un funzionario stipendiato, ma la impersonale esigenza del capitale sociale di aumentarsi. Arrivato alla fase attuale il capitale finanziario diventa soverchiante e l'unica via d'uscita sarebbe un nuovo mondo da colonizzare. Il piano di Elon Musk per andare su Marte risponde forse a questa esigenza?

Quando il governatore della BCE Draghi, dall'alto del suo scranno, afferma di voler stimolare l'inflazione per far ripartire la produzione non fa che parlare di reflazione. Siamo in deflazione e questa è dovuta all'aumento della scala della produzione (sovrapproduzione) che comporta l'abbassamento del valore unitario della singola merce. Nessun decreto politico o economico potrà far tornare indietro la ruota della storia. Basti pensare alla Foxconn, i cui milioni di dipendenti producono per il resto del mondo su richiesta di aziende che forniscono i progetti e ne hanno il monopolio. Massimo di centralizzazione = massimo di crisi.

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    Ci sono varie forme di rappresentazione della guerra in Ucraina e di tutte le guerre in corso nel mondo. Quella che va per la maggiore è una cronaca dei fatti condita da un'informazione parziale e propagandistica che non permette di distinguere i dati reali da quelli inventati; un'impostazione ideologica che ripropone il dualismo tra paesi aggrediti e paesi aggressori, e il relativo bisogno di intruppare il proletariato e chi vorrebbe rappresentarlo in un fronte borghese contro un altro. L'unico modo per analizzare i fatti in sintonia con il "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente" è farlo proiettandosi nel futuro. E questo ci dice che l'esaurimento di qualsivoglia funzione propulsiva del presente modo di produzione si manifesta anche nel carattere che lo scontro interimperialista assume: una serie di guerre che porta distruzione senza alcuna possibilità di ringiovanimento del Capitale. In questo senso, la guerra attuale è diversa dalle grandi guerre dei secoli scorsi, dalle quali emergevano una potenza dominante e un nuovo ordine mondiale. Quando si sente parlare di un impero in declino e di uno in ascesa, bisogna tenere presente che il capitalismo d'oggi è senile ad Ovest come ad Est, e che la parabola che descrive l'andamento della produzione di plusvalore ha un inizio e una fine. Il sistema ha una freccia del tempo: dissipa energia, regredisce verso il disordine, procede verso la catastrofe.

    Sarà possibile seguire l'incontro anche via Skype. Per partecipare inviare una mail all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro il 26 maggio 2023.

    c/o Laboratorio politico Alberone via Appia Nuova 357 - Roma
    (fermata della metropolitana A Furio Camillo)

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Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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