Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  10 aprile 2018

Indici inquietanti (per i capitalisti)

La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata commentando le difficoltà che si trova a dover affrontare la borghesia italiana nella formazione del nuovo governo.

Negli ultimi giorni il Movimento 5 Stelle ha inviato segnali distensivi sia alla Lega che al PD. Ma a differenza di quanto vorrebbero i suoi rappresentanti, difficilmente sarà il partito pentastellato l'ago della bilancia di questa tornata elettorale. Subito dopo le elezioni del 4 marzo, Il Sole 24 Ore aveva prospettato la possibilità di un cambio di casacca di circa 70 deputati per consentire al centro destra di ottenere la maggioranza. Non sarebbe nulla di nuovo: la passata legislatura è stata la più instabile della storia della Repubblica: in 57 mesi 207 deputati e 140 senatori hanno cambiato partito almeno una volta, alcuni anche più volte, per una cifra record di 566 passaggi. Lo shopping politico potrebbe essere una soluzione, alla faccia della democrazia e della consultazione dei liberi elettori. D'altra parte, il trasformismo è stato inventato in Italia e nei prossimi mesi vedremo all'opera pesanti determinazioni a favore di un esecutivo forte, senza che però esista la materia prima per fabbricarlo. Dovrebbe in tal caso maturare al di fuori dell'ambiente parlamentare la forma tecnica cui porteranno queste determinazioni.

Si è poi passati a commentare l'ingarbugliata situazione mediorientale. Al confine tra la Striscia di Gaza e Israele, i cecchini israeliani sparano sulla folla dei manifestanti palestinesi provocando decine di vittime. Tirare pietre contro i carri armati non serve a niente, ma i palestinesi residenti a Gaza si trovano in una situazione pesantissima, senza via d'uscita, e non hanno niente da perdere. Hamas cerca di scaricare verso l'esterno la tensione di una condizione sociale ed economica insostenibile: nella Striscia vivono circa 1,5 milioni di persone, intrappolate in un piccolo lembo di terra con una densità abitativa tra le più alte al mondo, circa 10 mila abitanti per km2.

Israele è impegnata anche sul fronte siriano, dove lo scorso 9 aprile ha effettuato un raid aereo che ha colpito una base militare del distretto di Homs, uccidendo almeno 14 soldati, tra iraniani e miliziani di Hezbollah. Repubblica fa notare che l'attacco sarebbe solo l'ultimo in ordine di tempo delle decine di incursioni aeree effettuate dall'esercito israeliano. Intanto Assad, sostenuto da Hezbollah, Iran e Russia, riguadagna terreno in Siria, Erdogan spinge l'offensiva fino a Manbij (la Turchia pur di scongiurare la formazione di uno stato curdo si muove in autonomia), e gli Stati Uniti mandano un cacciatorpediniere nel Mediterraneo orientale. Troppi giocatori in un campo ristretto.

Cambiando argomento, un compagno ha ricordato il testo L'ABC del comunismo (1919), citato nella relazione "Rivoluzione e metabolismo sociale. I modelli euristici di simulazione economica", tenuta durante l'ultimo incontro redazionale. Nel testo di Bucharin e Preobrazenskij, interpreti della concezione costruttivista della rivoluzione radicata nella Terza Internazionale, il comunismo viene descritto come una grande cooperativa gestita dalla classe operaia. La società futura è invece da intendersi come un insieme di flussi metabolici sociali, un qualcosa di organico e (bio)cibernetico. In "Origine e funzione della forma partito", nella premessa generale, viene detto che "Marx ha tratto i caratteri della forma Partito dalla descrizione della società comunista", che è un pò il sunto della battaglia della nostra corrente dal 1913 ("Un programma: l'ambiente") fino ai giorni nostri: rivendicare ai comunisti e al loro partito l'appartenenza alla società futura.

Marx aveva previsto che l'automazione spinta, il sistema coordinato di macchine e lo sviluppo dell'uomo-industria avrebbero portato alla morte del capitalismo. Oggi abbiamo numerose verifiche sperimentali che vanno oltre alle semplici capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte al marxismo. Beppe Grillo, ad esempio, dopo aver pubblicato sul suo blog numerosi articoli sulla fine del lavoro, il reddito di base e l'avvento dei robot, pubblica un post intitolato "L'ozio come stile di vita di Tom Hodgkinson", in cui viene citato il Diritto all'ozio di Paul Lafargue. Evidentemente, il guru genovese si fa interprete di idee che cominciano a circolare nella società.

Abbiamo poi commentato la situazione economica mondiale partendo da un articolo del Sole 24 Ore, intitolato "Perché in giro ci sono ancora 7mila miliardi di 'bond sottozero'? La risposta è: Amazonification".

Proprio nel momento in cui gli economisti all'unisono osservano che è in atto una ripresa, gli indicatori economici dimostrano il contrario. Un indicatore è sicuramente l'inflazione, quella che sta facendo disperare Draghi: a livello mondiale è scesa all'1,66%, segno che la produzione non mette in moto i meccanismi che la influenzano maggiormente, cioè gli investimenti e la crescita della domanda. In questa situazione sono scesi i rendimenti dei bond e questo è normale conseguenza. Il guaio è, per i capitalisti, che i bond di solito sono mediamente al di sopra di qualche punto rispetto all'inflazione, altrimenti nessuno li comprerebbe. Dall'articolo sembra di capire che sono scesi al di sotto dello zero bond per 7.000 miliardi, evidentemente non all'emissione ma sul mercato secondario (altrimenti, appunto, alle aste non li prenderebbe nessuno). Questo fatto produce nell'immediato un beneficio: la gestione del debito pubblico costa meno. Ma intanto sono 7.000 miliardi congelati a rendimento reale sottozero che non sanno dove andare.

Queste sono le cifre dei bond. A cui bisogna aggiungere tutte quelle riguardanti gli altri strumenti finanziari, e abbiamo visto più volte che tra azioni, strumenti complessi, derivati, ecc., le cifre sono quelle che si esprimono con l'unità di misura del "trilione".

In tale contesto l'Argentina ha messo all'asta 2,75 miliardi di bond a scadenza 100 anni (sì, un secolo) con un rendimento netto al 7,9%. Nonostante i bond argentini abbiano un rating ufficiale bassissimo (spazzatura), la domanda è stata per 9,75 miliardi. I buoni del tesoro statali, se vengono venduti prima della scadenza, finiscono sul mercato, dove i prezzi non sono gestiti come all'asta (partenza da un prezzo fissato). Una volta emessi essi funzionano come moneta, finendo per alimentare la speculazione. E' con autentica angoscia che i possessori di capitali si rivolgono al mercato: se è vero che il rendimento dei bond argentini è alto, è anche vero che il paese ha già dichiarato 9 fallimenti e si rischia di perdere tutto il capitale investito.

Sempre sul giornale di Confindustria, nell'articolo "E' finita la festa per l'economia? Dai super-debiti ai 'social' tutti i rischi", si parte dal crollo del valore in Borsa di Facebook per analizzare i problemi più generali che attanagliano il capitalismo. Le borse hanno raggiunto l'apice della crescita con un + 26%, ma hanno perso in pochissimo tempo circa l'8%. Il debito ha raggiunto livelli incredibili arrivando a 217 mila miliardi di dollari, tutti segnali di una situazione di molto peggiore rispetto a quella del 2008. Senza contare l'indebitamento delle famiglie, il boom di mutui subprime, e il fatto che negli Usa il 37% del patrimonio delle famiglie è investito in Borsa e quindi un crollo di questa produrrebbe effetti catastrofici. La compressione dei tassi di interesse ha spinto gli investitori a rivolgersi ad obbligazioni ad alto rischio e quindi i fondi dove le famiglie mettono i loro risparmi rappresentano "una vera bomba ad orologeria". A ciò si aggiunge il fenomeno del trading finanziario automatizzato, dominato dagli algoritmi che amplificano i comportamenti speculativi, definiti dagli stessi economisti come pericolosissimi. Un consulente economico citato dal quotidiano sostiene che la prossima recessione non avverrà prima del 2020, ma in realtà nessun economista ha mai anticipato lo scoppio di una crisi.

Inedita la situazione anche dal punto di vista della (impossibile) successione - o passaggio del testimone - tra paesi imperialisti. Gli Stati Uniti ingaggiano una guerra commerciale con la Cina, lo stesso paese da cui dipende la loro produzione; esportatori di brevetti, diritti cinematografici e grandi produttori di tecnologia, sono però sprovvisti di quelle "terre rare" che sono essenziali per gli aggeggi informatici, e che giacciono proprio nel sottosuolo cinese. La Cina a sua volta sta penetrando pesantemente in Africa pestando i piedi agli americani. Tale situazione non si è mai verificata in un'epoca di trapasso da un paese imperialista all'altro.

Abbiamo concluso la teleconferenza ricordando quanto scritto nel filo del tempo "Non potete fermarvi, solo la rivoluzione proletaria lo può, distruggendo il vostro potere" (1951), in merito agli automatismi che portano all'estendersi e all'intensificarsi del fenomeno guerra:

"Truman da una parte e i capi dell'URSS dall'altra non hanno la possibilità di provocare la guerra o di impedire la guerra. Possiamo anche ammettere che Truman, Acheson, Eisenhower, Mac Arthur, o chi per essi personalmente non voglia che la guerra scoppi oggi o non trovi opportuno lavorare per affrettarla. Le loro intenzioni, anche se fossero altre, hanno scarsa importanza. La oligarchia dell'alto capitalismo che essi rappresentano opera nell'economia, nella produzione, nella industria, nella finanza con una prassi che conduce alla guerra, poiché un diverso operare ne diminuirebbe i profitti e lederebbe gli interessi per vie diverse. Ma anche i membri di questa oligarchia, personalmente presi, non potrebbero anche volendo operare in modo radicalmente opposto, e anche se pensassero di conciliare la tutela dei loro interessi col rinvio o lo scongiuramento della guerra, arriverebbero alle stesse conseguenze".

Articoli correlati (da tag)

  • Immobiliare cinese, debito e policrisi

    Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, abbiamo ripreso l'argomento trattato nella scorsa riunione, ovvero l'aggravarsi della situazione economica cinese.

    Il Corriere della Sera ha pubblicato una serie di dati sulla Cina da cui risulta che le amministrazioni locali delle province del paese hanno accumulato debiti per finanziarie il settore immobiliare e la costruzione di nuove infrastrutture ("Cina, il debito 'nascosto' che minaccia l'economia: le province esposte per 8.000 miliardi", Francesco Bertolino). Se alla cifra raggiunta dall'indebitamento pubblico (che ammonta a circa il 300% del PIL, circa 4700 miliardi di euro), si aggiunge quella relativa al governo delle province, vengono superati gli 8000 miliardi di euro. Ad essere in difficoltà non sono solo le amministrazioni locali e le famiglie, ma anche le banche, dato che sono state proprio queste a finanziarie il boom del mattone. Alcuni esperti fanno notare che il sistema finanziario cinese è chiuso e perciò ritengono che le conseguenze dello scoppio di una bolla immobiliare rimarrebbero circoscritte all'interno dei confini nazionali. Sappiamo, invece, che i legami e le interconnessioni economiche e finanziarie della Cina hanno un respiro globale. I conglomerati immobiliari cinesi sono indebitati con Wall Street, e la Cina, dopo il Giappone, è il maggior acquirente di titoli di stato USA; una crisi finanziaria cinese avrebbe ripercussioni sul debito americano e su tutti i suoi rapporti commerciali (ad esempio quelli con la Germania che esporta molto verso il gigante asiatico). Come dice l'economista Larry Summers, il "superciclo del debito", che ha colpito gli Stati Uniti nel 2008 e qualche anno dopo l'Europa, sta ora sferrando un duro colpo alla Cina.

  • Crepe nell'Impero Celeste

    La teleconferenza di martedì sera, presenti 18 compagni, è iniziata commentando la situazione economico-finanziaria della Cina, a partire dal possibile scoppio della bolla immobiliare.

    Quanto successo nelle ultime settimane, tra cui le difficoltà del colosso Country Garden ma non solo, conferma quanto andiamo sostenendo da anni circa la raggiunta senilità della Cina. Ora se ne accorgono anche i borghesi, in particolar modo l'Economist che nell'edizione del 26 agosto ipotizza una "giapponificazione" (bassa crescita e deflazione) della economia cinese ("China's economy is in desperate need of rescue"). L'immobiliare è diventato un settore strategico, rappresentando il 30% del PIL cinese; l'enorme bolla speculativa è dovuta al fatto che il capitale ha cercato di valorizzarsi nella costruzione ex novo di decine di città, rimaste poi abbandonate. Secondo la banca Morgan Stanley, dal 2010 al 2020 il gigante asiatico ha costruito più di 140 milioni di unità abitative, e in soli tre anni ha prodotto una quantità di cemento che potrebbe trasformare la superficie della Gran Bretagna in un parcheggio; non pago, ha costruito città fantasma anche in Africa.

    Secondo il Wall Street Journal il boom cinese è finito da tempo. La domanda di nuove abitazioni nelle città ha raggiunto il suo picco e i problemi di natura economica si assommano a quelli derivanti dalla disoccupazione giovanile, dall'invecchiamento della popolazione e dal calo degli investimenti esteri. Al pari dei paesi a vecchio capitalismo, la Cina installa robot nelle fabbriche e investe in intelligenza artificiale, e quindi si trova di fronte alla diminuzione relativa della produzione di plusvalore. Il gigante asiatico ha bruciato rapidamente le tappe capitalistiche passando in pochi anni da una crescita impetuosa a un altrettanto veloce declino.

  • La fragilità delle catene logistiche

    La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 18 compagni, è iniziata parlando degli scioperi negli Stati Uniti.

    A fine luglio scade il contratto dei teamsters della UPS. Le trattive per il rinnovo si sono rotte e c'è la possibilità che dal primo agosto incrocino le braccia i 340mila lavoratori del gigante della logistica. Lo sciopero verrebbe organizzato dall'International Brotherhood of Teamsters (IBT), lo storico sindacato dei camionisti che, pur avendo avuto in passato dirigenze colluse con la mafia (Jimmy Hoffa), ha espresso in più occasioni una base militante pronta allo scontro con i datori di lavoro ("I sedici giorni più belli"). Il 97% degli iscritti all'IBT ha votato a favore dello "strike" qualora le loro richieste non vengano accettate (aumenti salariali, sicurezza, ecc.), e ciò potrebbe portare a una interruzione della catena di approvvigionamento con un effetto domino sull'intera economia del paese. Come nota USA Today, l'ultima volta che i lavoratori della UPS hanno scioperato, nel 1997, meno dell'1% delle vendite totali del commercio al dettaglio proveniva dagli acquisti online. Si stima che negli USA siano più di un milione i lavoratori impiegati nel settore della logistica, più del doppio rispetto ad allora.

Rivista n°53, giugno 2023

copertina n° 53

Editoriale: La guerra rispecchia la società

Articoli: Sul libero arbitrio

Rassegna: Effetto domino - Crollo generale"

Terra di confine: Magazzini organici - Apprendisti stregoni - La forma ed il contenuto

Recensione: Doom

Doppia direzione: Riscontri d'oltreoceano

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email