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  • Resoconto teleriunione  19 giugno 2018

Sul rifiuto delle categorie capitalistiche basiamo il nostro lavoro

La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata dalla segnalazione di alcune notizie di stampa sul ruolo non proprio umanitario svolto dalle Organizzazioni Non Governative.

Nell'epoca dell'imperialismo qualsiasi attività è sussunta al capitale e trasformata in valore. Questo vale anche per le ONG che sono presenti negli scenari di guerra e in tutte quelle situazioni al limite, dove gli Stati non ci sono o non riescono ad affermarsi.

La sigla ONG è stata stabilita a livello internazionale per definire tutte quelle organizzazioni private e "no profit" il cui statuto le identifica come enti di sussistenza e beneficenza. Tali enti dovrebbero intervenire quando le popolazioni soffrono la fame o la guerra, ma nella maggior parte dei casi raccolgono fondi per la sopravvivenza delle loro stesse strutture. Nelle situazioni in cui gli stati sono collassati, come in Siria, Yemen e Iraq, i finanziamenti internazionali passano direttamente dal Fondo Monetario alle ONG, bypassando le autorità statali. Con il diffondersi dell'attuale guerra civile globale, questo tipo di organizzazioni, che gestiscono anche gli immensi campi profughi sparsi per il pianeta, non potrà che aumentare.

Sul tema dell'immigrazione, un compagno ha commentato l'articolo del New York Times "When Migrants Are Treated Like Slaves" sull'impiego dei migranti come forza lavoro sottopagata nelle carceri americane: la maggior parte dei detenuti immigrati è costretta a lavorare per una paga di 1 dollaro al giorno; l'unico servizio svolto dal personale esterno è quello di guardiania armata, mentre tutto il resto, dalla preparazione del cibo alla manutenzione degli stabili, è svolto dai prigionieri. Questo significa che se negli Usa non ci fossero arresti di massa così come avviene oggi, verrebbe eliminato un business da miliardi di dollari. Come abbiamo scritto nell'articolo "L'outsourcing globale", il mercato dell'immigrazione è simile a quello della disoccupazione: dai centri per l'impiego, agli enti bilaterali, ai corsi di formazione gestiti dai sindacati o da altri organismi, importanti flussi di valore vengono dirottati verso reti di interesse assolutamente parassitarie.

Anche la beneficenza è funzionale alla perpetuazione del sistema, si pensi a quanto scritto da Engels e Marx ne La Sacra Famiglia ("Rivelazione del mistero dell'utilizzazione degli impulsi umani - Il mistero dell'organizzazione spettacolare della beneficenza"):

"La miseria è sfruttata coscientemente per procurare al benefattore 'il piccante del romanzo, l'appagamento della curiosità, avventure, travestimenti, godimento della propria eccellenza, eccitazioni nervose' e simili. Con ciò Rodolfo ha espresso inconsapevolmente il mistero da lungo tempo svelato che la stessa miseria umana, che l'infinita abiezione (la quale deve necessariamente ricevere l'elemosina) deve necessariamente servire all'aristocrazia del denaro e della cultura come gioco, come appagamento del proprio egoismo, come solletico della propria arroganza, come divertimento. Le molte associazioni tedesche di beneficenza, le molte società di beneficenza francesi, le numerose donchisciotterie benefiche in Inghilterra, i concerti, i balli, gli spettacoli, i pasti per i poveri, perfino le sottoscrizioni pubbliche per infortunati, non hanno altro significato."

Non si esce da questo sistema se non si rifiuta ogni categoria che appartenga alla società capitalistica: il comunismo supera tutte le categorie precedenti trasformandole o negandole. La futura società è impossibile senza tali categorie ma, nello stesso tempo, dà luogo a categorie di natura opposta rispetto a quelle che appartengono a "n", "n-1" ecc.

Nella piana di Gioia Tauro organizzazioni di varia natura, da quelle sindacali a quelle datoriali di categoria, si sono sedute al tavolo delle trattative "sul rispetto dei diritti sindacali e sociali dei braccianti" promosso dalla Prefettura di Reggio Calabria non per eliminare le condizioni di schiavitù che subiscono i braccianti, ma per migliorare e perpetuare tale sfruttamento. I sinistri si indignano per la chiusura dei porti italiani, ma nessuno si preoccupava quando al governo c'era il PD che apriva campi di concentramento in Libia (dove si praticavano stupri e torture) in accordo con il governo di Fayez Al Sarraj. Comunque, il fenomeno migratorio non è una questione che va affrontata emotivamente; tale processo va di pari passo con la crisi dei rapporti capitalistici e con il collasso degli Stati. Massimo Riva nell'articolo "I migranti e la lotta di classe" (Repubblica, 19 giugno) si spinge ad affermare che le migrazioni porteranno a sommovimenti sociali:

"Indicare nel migrante il nemico assoluto è funzionale al mascheramento delle crescenti diseguaglianze domestiche. Il successo di questa operazione, tuttavia, resta insidiato da una contraddizione alla lunga insanabile. Per un problema che ha natura e dimensioni sovranazionali non potrà mai arrivare una soluzione intergovernativa da parte di fortezze nazionali chiuse in sé stesse".

Noi aggiungiamo che tali contraddizioni non sono risolvibili all'interno della forma sociale vigente perché un governo unico mondiale non può esistere se esistono gli stati nazionali. L'ONU ha lanciato l'allarme: sono milioni gli esseri umani che si muovono per questioni legate alla fame, alla miseria, alle guerre. Secondo l'Unhcr, "i rifugiati che sono fuggiti dai loro paesi per sfuggire ai conflitti e alle persecuzioni rappresentano 25,4 milioni dei 68,5 milioni di persone sradicate, un aumento di 2,9 milioni dal 2016 e anche il più grande aumento mai registrato".

Così com'è un'utopia quella di Salvini, Orban, Trump e Le Pen - bloccare i flussi migratori innalzando dei muri o chiudendo le frontiere -, così è un'utopia voler eliminare la precarietà dilagante con un apposito decreto oppure con un accordo tra le parti. Non sono le leggi a produrre la precarietà, e non saranno le leggi ad eliminarla. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha avanzato la proposta di stipulare un contratto nazionale per i fattorini del food delivery, chiamando in causa aziende, lavoratori e sindacati. Alcuni gruppi di lavoratori di Bologna e Milano hanno aderito ai tavoli di concertazione, solo quelli di Torino hanno prodotto un documento in cui si dissociano da tale pratiche ("Non vi basta il pane, qualcuno vuole anche le poltrone!").

Le rivendicazioni sindacali hanno sempre meno senso nell'epoca in cui, in Italia ad esempio, un quarto dei giovani tra i 18 e i 24 anni è disoccupato e probabilmente non troverà nessun impiego in futuro. Quale contratto per i milioni di senza riserve che sono fuori dal mondo del lavoro? Il movimento rivendicativo si sta dissolvendo come neve al sole per lasciare il posto ad organismi di tipo intermedio che, più che chiedere qualcosa alle istituzioni, daranno vita ad ambienti alternativi al capitalismo. Viene in mente Occupy Wall Street, che non chiedeva qualcosa in particolare ma voleva farla finita con il sistema dell'1%.

Si è quindi passati a commentare le notizie sui nuovi dazi imposti dall'amministrazione americana.

I 50 miliardi di dollari di dazi sui prodotti importati da Pechino hanno causato la reazione della Cina, che ha subito annunciato contromisure. Secondo il Sole 24 Ore si tratta di una escalation molto pericolosa per il commercio mondiale. Il sistema americano finora ha tenuto perché una parte dei beni che consente la riproduzione della forza lavoro viene importata proprio dalla Cina. Secondo il sito zerohedge.com, i dati dell'economia americana sarebbero falsificati e anche Peter Diekmeyer nell'articolo "Big Mac Index suggests America in decade-long depression" lo sostiene. Insomma, l'economia statunitense negli ultimi 10 anni non è cresciuta, ma al contrario è entrata in una lunga fase di recessione.

In chiusura di teleconferenza, si è accennato alla vertenza dei lavoratori dell'UPS negli Usa partendo da un articolo pubblicato su chicago86.org. Grandi compagnie come UPS, Amazon o McDonald's, obbligano i lavoratori a muoversi in un'ottica internazionale se vogliono migliorare anche solo un poco le loro condizioni lavorative. Di fronte ad Amazon, il colosso dell'e-commerce, i sindacati ufficiali presenti nei magazzini di Germania, Spagna, Francia e Italia, hanno cercato di coordinarsi per non essere schiacciati, come scritto nell'articolo "Globalizzare il conflitto ad Amazon".

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    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con il commento di alcune note di un compagno sul libro di Nouriel Roubini La grande catastrofe: dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere.

    Il libro è forse il primo in cui nella parte conclusiva non si fa cenno a miracoli per salvare la società capitalistica da sé stessa. Già questo è un tratto interessante. Infatti, l'autore propone solo due scenari a cui deterministicamente faremo fronte: uno "distopico" e uno "utopico". Ancora una volta l'economia politica si dimostra incapace, attraverso i suoi modelli e strumenti interpretativi, di compiere un salto, a noi già noto, "dall'utopia alla scienza". Se non si riconosce il comunismo come " movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", non si possono che raffigurare distopie e utopie rinascimentali (altro spartiacque storico). I due termini sono raffrontati senza far riferimento a un qualsiasi parametro di specie: Utopia rispetto a cosa? Distopia dovuta a? Roubini ci spiega solo che siamo in una tempesta "perfetta", perché le megaminacce ormai incombenti sono date come "strutturali"; diremo noi, connaturate all'attuale modo di produzione. Sono strutturali ma non si dà una spiegazione di questo aggettivo. Si dice, correttamente, che la complessità delle megaminacce sta nella loro sincronia e nell'interagire tra loro, difficilmente prevedibile e computabile. L'ideologia dominante comincia a proporre la sua visione cieca: è molto più facile pensare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

    Per l'economista statunitense è sicuro che una bolla finanziaria scoppierà, l'incognita riguardo solo il quando e quanto in termini di danni provocati. Dice inoltre che bisogna tenere d'occhio l'eurozona e i suoi anelli più deboli, come Italia e Grecia, i primi che a causa di una crisi del debito potrebbero saltare, provocando un effetto domino.

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    SVB, la sedicesima banca degli Stati Uniti, non sapendo che farsene della liquidità raccolta negli ultimi anni, ha investito principalmente in titoli di Stato americani, arrivando a fine 2022 a detenere quasi 100 miliardi di bond governativi. Con il rialzo dei tassi d'interesse, le startup che prima riuscivano ad ottenere denaro pressoché gratuito dai fondi, sono andate in affanno e hanno dovuto prelevare dai depositi della banca californiana una grande quantità di denaro. Per far fronte ai prelievi, SVB ha dovuto vendere ad un prezzo inferiore i titoli accumulati, perdendo circa due miliardi di dollari, e facendo scattare prima la corsa agli sportelli e poi l'intervento di FED e governo. Biden si è affrettato a dichiarare al mondo che il "sistema bancario è solido. Nessuna perdita sarà a carico dei contribuenti."

    Assicurazioni sulla solidità del castello di carta della finanza sono state elargite anche quando è scoppiata la crisi dei mutui subprime nel 2008, eppure da allora il mondo non si è più ripreso. Nell'articolo "Non è una crisi congiunturale", pubblicato quell'anno (rivista n. 23), scrivevamo che ogni proiezione prevedeva il ripresentarsi di una crisi catastrofica entro un paio di decenni. Se aggiungiamo gli eventi che si sono verificati in seguito, come la Primavera araba, la crisi degli Stati, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ne deduciamo che il sistema si sta sgretolando.

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    Alla teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 20 compagni, abbiamo parlato di robot e automazione partendo da un articolo dell'Economist intitolato "Don't fear an AI-induced jobs apocalypse just yet".

    Lo scorso primo marzo, all'Investor Day 2023 di Tesla, Elon Musk ha presentato Optimus, un robot umanoide da utilizzare a casa e in fabbrica del costo previsto di 20.000 dollari. Durante il meeting è stato proiettato il video di un automa intento a costruirne un altro simile: a breve, ha dichiarato l'imprenditore sudafricano, il rapporto 1:1 tra robot e umani potrebbe essere superato.

    Se effettivamente si arrivasse a produrre un esercito di otto miliardi di robot, i problemi derivanti da tassi di disoccupazione elevatissimi non potrebbero essere tollerati dall'attuale modo di produzione, basato sul sistema del lavoro salariato. Osserva infatti Musk: "Non è nemmeno chiaro cosa sia un'economia a quel punto".

    Già oggi vi sono produzioni altamente automatizzate: lo scorso dicembre ABB, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese, ha aperto una mega-fabbrica di 67.000 metri quadrati a Shanghai, dove i robot producono altri robot. Ocado, il più grande rivenditore di generi alimentari online al mondo, si affida agli automi per consegnare cibo fresco a migliaia di persone nel Regno Unito; i suoi magazzini sono progettati come organismi viventi, dotati di un sistema nervoso centrale (software), un sistema cardiovascolare (nastri trasportatori) e di globuli rossi (casse). Il confine tra il mondo del nato e quello del prodotto è sempre più incerto.

Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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