Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  31 luglio 2018

La Cina non salverà il mondo capitalistico

La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata commentando due articoli pubblicati sull'edizione del 28 luglio di The Economist dedicata alla nuova via della Seta cinese: la Belt and road initiative (BRI).

Nel primo articolo, "China's belt-and-road plans are to be welcomed-and worried about", viene evidenziato il fatto che il progetto si configura come qualcosa di più rispetto ad una rete stradale e navale da e verso Pechino. Anche se per ora non sono chiare le strategie di investimento sia in termini di cifre sia per quanto riguarda le rotte commerciali e i relativi accordi bilaterali, la Cina descrive la BRI come un piano globale, programmando la costruzione di una "Pacific Silk Road" verso l'Oceano Pacifico, di una "Via della seta sul ghiaccio" attraverso l'Oceano Artico, e di una "Via della seta digitale" nel cyberspazio. "I paesi desiderosi dei finanziamenti cinesi", scrive The Economist, "accolgono il progetto come fonte di investimenti nelle infrastrutture tra Cina ed Europa, passando per Medio Oriente ed Africa. Quelli che temono la Cina lo vedono invece come un sinistro piano teso a creare un nuovo ordine mondiale in cui il Dragone è il potere preminente." "La BRI rappresenta", conclude l'articolo, "un motivo in più per l'America per rimanere in Asia". La Cina tenta di espandere maggiormente la sua sfera d'influenza e lo fa a partire proprio da quell'heartland (il cuore del mondo) che, secondo la teoria del geografo e diplomatico inglese H. Mackinder, è essenziale per chiunque voglia prendere il controllo del pianeta.

Nel secondo articolo, "China has a vastly ambitious plan to connect the world", vengono indagati i rapporti che Pechino intrattiene con gli stati interessati dal passaggio della nuova via della Seta. Nel lungo testo si afferma che la Cina ha acquistato il 70% del porto birmano di Kyaukphyu al fine di trasformarlo in uno degli scali più importanti del sudest asiatico per la movimentazione merci; ha inoltre installato un nuovo hub sull'isola di Vanuatu, a soli 1.900 km da Brisbane, Australia. Altri investimenti su porti, strade e ferrovie sono stati fatti in Sri Lanka (Hambantota), Grecia, Montenegro, Laos; e in Pakistan, partner di lunga data del paese e sede del Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC), dove i progetti sono stati velocizzati dato che i prestiti cinesi hanno permesso di evitare l'intervento del FMI nella disastrata economia nazionale. Significativamente, nella realizzazione delle reti logistiche saranno impiegati non solo denari cinesi, dirottati verso paesi già sull'orlo del collasso, ma anche manodopera cinese, dando sfogo alle enormi quantità di capitali che in patria premono per valorizzarsi fuori dai confini nazionali. D'altronde, tentata la strada della costruzione di immense metropoli, rimaste però disabitate, non resta che lanciarsi in ambito internazionale sfruttando tra l'altro la perdita di energia del sistema rappresentato dagli Usa.

Secondo l'Economist, la BRI quindi non è solo una sfida frontale all'ordine vigente basato sul ruolo egemonico degli Usa, ma ne è la prova, tanto più se si guarda alla profonda penetrazione economica e politica della Cina in Africa. Sarà anche vero, ma questo non significa che Washington sarà sostituita alla guida dell'imperialismo da Pechino, perché il colosso asiatico non ne ha la forza finanziaria e militare, e infatti continua a comprare debito americano. Scrivevamo nell'articolo "Il prezzo della supremazia":

"Gli Stati Uniti sono la potenza che ha sostituito l'Inghilterra nell'egemonia imperialistica mondiale. La contraddizione dell'imperialismo egemone è quella di essere costretto dalla sua stessa esuberanza di capitali a finanziare il resto del mondo, in cambio di un ritorno economico che gli permette di vivere come paese 'rentier'. Ma ciò ha un prezzo: il finanziamento a termine (incognito) delle condizioni (conosciute) che uccideranno il capitalismo."

Parla di Cina anche Beppe Grillo, che in uno degli ultimi post sul suo blog racconta dell'apertura a Chengdu del primo albergo robotizzato, in cui le mansioni solitamente svolte da camerieri e inservienti in carne ed ossa sono affidate ad automi. Non solo le fabbriche dunque, anche il terziario va verso l'automazione di alto livello. Dal punto di vista dell'imperialismo non c'è più sviluppo storico possibile: se buona parte della produzione verrà svolta da robot, da dove verrà cavato il plusvalore?

Ci sono limiti che non si possono superare senza passare ad un'altra forma sociale e questo processo ha dei riflessi anche sulla sovrastruttura borghese. Nella scorsa teleconferenza abbiamo affrontato il tema della fine della democrazia. Ora, in un'intervista rilasciata da Grillo a Ian Bremmer per la trasmissione americana GZeroWorld, si nota che "la democrazia è superata. Che cos'è la democrazia quando meno del 50% va a votare. Se prendi il 30% del 50%, hai preso il 15%. Oggi sono le minoranze che gestiscono i Paesi." Il comico genovese propone quindi di sostituire la democrazia con qualcos'altro, magari una "estrazione casuale. Io penso che potremmo scegliere una delle due camere del Parlamento così. Casualmente. In maniera proporzionata per età, sesso, reddito, del Sud, del Nord, cosicché queste persone rappresentino veramente il Paese." La proposta è quella di passare dal cretinismo parlamentare di tipo novecentesco a un cretinismo parlamentare 2.0.

L'Istituto Bruno Leoni, un centro di ricerche e studi liberista, ha pubblicato sul suo sito l'articolo "La rete ha già iniziato a uccidere la democrazia" in cui, prendendo le mosse dalle ultime sparate di Grillo e Casaleggio, si approfondisce il tema della fine della democrazia e della sua sostituzione con meccanismi quali la blockchain, gli smart contract e il progetto delle cosiddette Dao (Organizzazioni autonome decentralizzate). Viene in mente Tim O'Reilly, e più in generale tutta la galassia right-libertarian americana, che vede nello sviluppo di queste tecnologie la possibilità di scardinare i sistemi di governo attuali, superando, magari, la forma statale stessa. Nella sua proposta Government as a Platform, O'Reilly è tra i primi ad accorgersi che un Gov 2.0 sarà possibile solo in seguito ad un profondo e radicale cambiamento della società. Notiamo che questi progetti si inseriscono in un contesto di dissoluzione degli Stati, che non vuol dire che gli apparati repressivi gradualmente svaniscono, ma che gli Stati pur di mantenere il controllo della società devono dotarsi di strutture talmente potenti e complesse, che essi stessi faticano a controllare. Ecco quindi dei tentativi di borghesi di mettere ordine, magari proponendo strutture di governance leggere e in sintonia con il futuro.

Tutto sta cambiando, e molto velocemente. Anche la guerra, che fino a qualche decennio fa rappresentava uno sfogo alla sovrapproduzione capitalistica, oggi è diventata endemica, diffusa e generalizzata al mondo intero perché va di pari passo con la crisi strutturale del capitalismo. La nostra corrente nel filo del tempo "Il pianeta è piccolo" afferma, citando il Manifesto del partito comunista, che il capitalismo genera un mondo a sua immagine e così facendo produce le premesse materiali per il suo rivoluzionario superamento:

"Il bisogno di sfoghi sempre maggiori ai suoi prodotti spinge la borghesia su tutto il globo terrestre. Dappertutto essa deve cacciarsi, iniziare e stabilire relazioni. Sfruttando il mercato mondiale essa rese cosmopolita la produzione ed il consumo di ogni paese... tolse all'industria il carattere nazionale... nuove industrie lavorano non più la materia prima paesana, ma quella delle più lontane regioni, e i loro manufatti non si consumano soltanto in sito ma in tutte le parti del mondo... All'antico isolamento locale, per cui ogni nazione bastava a sé stessa, succede il traffico universale e la dipendenza delle nazioni una dall'altra".

E quindi:

"Le condizioni di vita della vecchia società non esistono più nel proletariato... il moderno giogo del capitale, che è lo stesso in America ed in Germania, in Inghilterra ed in Francia, ha cancellato nel proletariato ogni carattere nazionale. Leggi, morale e religione non sono più per lui che tanti pregiudizi borghesi, dietro i quali si nascondono altrettanti interessi borghesi... Gli operai non hanno patria... "

Articoli correlati (da tag)

  • Alla ricerca di una exit strategy

    La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo la doppia direzione "Il lavoro da svolgere oggi", pubblicata sulla rivista n. 56.

    Nella corrispondenza abbiamo citato le "Considerazioni sull'organica attività del partito quando la situazione generale è storicamente sfavorevole" (1965), in particolare il passaggio in cui si afferma che i comunisti rivendicano "tutte le forme di attività proprie dei momenti favorevoli nella misura in cui i rapporti reali di forze lo consentono." Oggigiorno è prioritario difendere il patrimonio teorico lasciatoci in eredità dalla Sinistra, ma non si tratta di un'opera puramente conservativa, bensì della continuazione dell'elaborazione sul filo del tempo, così come abbiamo fatto con i Punti di Forlì del 1952. Nel nostro "Codice redazionale" sono elencati i temi che ci siamo proposti di sviluppare: il capitale senza capitalisti e viceversa, i saggi di organizzazione futura comunista, le capitolazioni borghesi di fronte alla teoria rivoluzionaria, la democrazia fascista, ecc.

    La rivista è nata sul presupposto del rifiuto del frusto linguaggio del "comunismo borghese" (luogocomunismo): essa non si rivolge solamente a chi è in collegamento con il lavoro, ma all'universo intero. Il nostro referente è, dunque, il "lettore universale", di conseguenza serve un linguaggio il più chiaro e scientifico possibile.

  • Diversi conflitti, un'unica crisi

    La teleconferenza di martedì sera è iniziata commentando gli ultimi accadimenti in Siria.

    Nel paese mediorientale, ormai collassato, ci sono stati centinaia di migliaia di morti nel corso della guerra civile, iniziata dopo la Primavera Araba del 2011 ("Marasma sociale e guerra", n. 29, 2011) e che adesso vede una nuova impennata. Tahrir al-Sham (HTS), conosciuta anche come al-Qaeda in Siria (nonostante nel 2016 abbia annunciato la fine dell'affiliazione all'organizzazione), è una formazione militante sunnita molto attiva nel nord ovest del paese. Il gruppo, di matrice salafita, ha un profilo locale, diverso da quello dello Stato Islamico, il cui obiettivo è il Califfato globale. Nei giorni scorsi, HTS ed alcuni gruppi alleati hanno lanciato un'offensiva su Aleppo (oltre due milioni di abitanti), sbaragliando, anche con l'impiego di droni e pick-up, le difese dell'esercito di Damasco e conquistando rapidamente la città. Secondo diversi analisti, dietro a queste forze antigovernative, ben armate, addestrate ed equipaggiate, si cela la Turchia (ma anche alcuni paesi del Golfo), che si sta ritagliando uno spazio di manovra in tutta la regione.

    L'offensiva, evidentemente preparata da tempo, ha penetrato in profondità il territorio siriano, arrivando ad interrompere l'autostrada Damasco-Aleppo, il principale collegamento del paese. L'attacco ha provocato in pochi giorni oltre 50mila profughi. HTS ha sfruttato la debolezza di Iran e Hezbollah, che negli ultimi anni hanno svolto un ruolo importante nel sostenere il regime di Bashar al-Assad, ma anche la ridotta presenza della Russia, che mantiene diverse basi strategiche in Siria (Latakia, Tartus, Chmejmim) a tutela dello stesso regime. Si parla di "finestra di opportunità" per indicare una situazione particolare in cui una forza statale o non statale può ritenere utile agire per raggiungere un obiettivo magari perseguito da tempo, ma che per varie ragioni non era stato possibile realizzare.

  • L'Imperialismo al tempo del collasso degli Stati

    La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo i temi trattati in chiusura di quella scorsa, ovvero la struttura imperialistica mondiale alla luce della crisi degli stati. Nell'articolo "Super-imperialismo?" (2001), scrivevamo:

    "Non può, nel mondo delle borghesie nazionali, esistere un organismo borghese sovranazionale che abbia capacità politica esecutiva, potenza militare sufficiente, indipendenza e funzionamento democratico. Può solo esistere una forza che sia di segno maggiore a tutte le altre e si incarichi dell'ordine. In questo caso gli Stati Uniti. Logicamente essi fanno i propri interessi, ma è anche vero che in generale sono gli interessi del capitalismo e quindi delle nazioni capitalistiche subordinate."

    Gli Stati Uniti difendono i propri interessi specifici, che si estendono su scala globale, come la protezione dei punti strategici per il transito delle merci. L'imperialismo delle portaerei è basato sulla proiezione di potenza ed il controllo degli oceani ma, come affermava il geografo inglese Halford Mackinder (Heartland), resta fondamentale controllare quanto accade sulla terraferma.

    Haiti, situata a breve distanza dale coste statunitensi, è da tempo in mano a bande e milizie, gli Americani non riescono a ristabilire una parvenza di ordine. In Birmania, dove la Cina ha forti interessi, Pechino potrebbe inviare, per la prima volta, proprie truppe. Nel Mar Rosso, anche a causa dei continui attacchi condotti dagli Houthi, il traffico è diminuito dell'80%.

Rivista n°56, dicembre 2024

copertina n° 56

Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email