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  • Resoconto teleriunione  6 marzo 2018

Le elezioni come fattore di polarizzazione sociale

La teleconferenza di martedì sera, connessi 14 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sull'esito delle elezioni politiche in Italia.

Il Movimento 5 Stelle è risultato il partito con il più ampio consenso elettorale, mentre la coalizione di centrodestra ha raccolto, grazie ad una Lega nazionalista che ha fatto da traino, il maggior numero di voti senza però raggiungere la soglia necessaria per formare il governo. Notevole, anche se scontato, il tracollo del PD. La situazione di ingovernabilità che si è determinata dopo il voto, tra l'altro largamente prevista, vede un tripolarismo che complicherà il lavoro del presidente della Repubblica. Nulla di nuovo per il panorama europeo, in cui non mancano i precedenti. Paesi come Belgio, Olanda e Spagna sono rimasti per mesi (il Belgio quasi per due anni) senza governo, e ultimamente la stessa sorte è toccata anche alla Germania, che solo dopo molte settimane di consultazioni è riuscita a dar vita ad un governo di larghe intese (Grosse Koalition).

Il capitalismo perde energia, gli Stati faticano a controllare sé stessi, tramontano le "garanzie" che facevano da collante sociale (welfare, posto di lavoro e pensione) e con esse si dissolvono anche le sovrastrutture politiche come i partiti e i sindacati, sottoposti ad una critica incessante e distruttiva da parte del movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Destra e sinistra sono categorie non più corrispondenti ad un quadro istituzionale che è invece sempre più frammentato e sfumato, e vede aggregazioni governative che si risolvono inevitabilmente in deboli alleanze trasversali, in altri tempi ritenute scandalose. Il dato generale che emerge è quello di un sistema dei partiti che si colloca su di un piano separato rispetto ai "cittadini" che dovrebbe rappresentare.

Significativa, in tal senso, la dissoluzione quasi definitiva della socialdemocrazia, un filone politico che si presentava come l'interprete della classe operaia e allo stesso tempo delle mezze classi. Già nel secondo dopoguerra, la Sinistra Comunista "italiana" pronosticò la "grande confessione" ovvero l'ammissione che in Russia non c'era mai stato socialismo bensì capitalismo: prima o poi, i partiti che avevano abbandonato il programma storico del comunismo e iniziato il percorso di "degenerazione" sarebbero stati costretti a gettare la maschera. I fatti del 1989 hanno accelerato la lunga frana politica che ha portato alla situazione odierna. La vera causa della debacle del PD è da ricercarsi nella perdita della sua ragion d'essere. Gli eredi del PCI si sono talmente integrati nel sistema, facendo propria la logica della governabilità e il credo capitalistico, che sono arrivati a realizzare misure economiche che neanche il governo Berlusconi o quello di Monti erano riusciti ad attuare.

Il M5S è cresciuto in parallelo allo sviluppo di grandi movimenti di massa, come gli Indignados in Spagna e Occupy Wall Street negli Usa, nati sull'onda della Primavera araba. Al suo esordio, il movimento, con i suoi meetup, i flashmob e i Vaffa-day, ha rappresentato una novità nello sclerotizzato quadro politico italiano, pur non fuoriuscendo mai dai canoni borghesi. E tuttora, affrontando temi come la fine del lavoro, il reddito di cittadinanza e l'importanza dell'organizzazione reticolare, tenta di agganciarsi al futuro, per meglio intercettare quanto ribolle nella società.

L'Economist, attento osservatore dei fatti italiani, ha pubblicato il 1° marzo un articolo intitolato "Povera Italia", in cui dipinge una situazione economica e politica molto precaria: il Belpaese è in cattive condizioni per resistere alla prossima recessione, gli servirebbe un governo responsabile e riformatore ma è improbabile che lo ottenga il 4 marzo. Insomma, se l'italica borghesia non cambia verso, porterà quello che è l'ottavo paese al mondo in termini di PIL dritto verso la catastrofe, trascinandosi dietro il resto d'Europa.

I risultati delle elezioni sono un termometro della situazione sociale, specie se li intendiamo come polarizzazione degli atomi sociali e cioè come un processo fisico (M. Buchanan, L'atomo sociale). Esiste un cervello sociale, confuso e disorientato fin che si vuole, che si è reso conto che questo sistema aveva bisogno di un reset, di una ripolarizzazione su nuovi parametri. Un "general intellect" che, reagendo ad una situazione materiale di disoccupazione e povertà, ha portato a votare il 73% degli aventi diritto, convergendo sul partito percepito come il meno peggio: l'unico che dice, vagamente, ciò di cui questa società avrebbe bisogno.

La molla che fa scattare una rivoluzione o una sommossa non è solo una miscela di miseria, precarietà e sofferenza. Non esiste limite a ciò che l'uomo ha dimostrato di saper sopportare senza ribellarsi. Le rivoluzioni scoppiano perché si accumula un potenziale indistinto, somma di tante pulsioni individuali che, come le molecole di un gas riscaldato, sono riconducibili a una media che produce effetti dirompenti. La soglia si raggiunge quando molti fattori incogniti entrano in sintonia portando la società a polarizzarsi in schieramenti opposti e irriducibili. Prima si muove la pancia e solo per ultimo il cervello.

A livello governativo la situazione risulta alquanto complicata: potremmo vedere all'opera trasformismi, non nuovi in Italia, oppure la formazione di un governo tecnico senza alcun politico, come richiesto da molti burocrati europei. Ne abbiamo parlato nella Lettera ai compagni intitolata "Il 18 brumaio del partito che non c'è" e nell'articolo "Il piccolo golpe d'autunno", a proposito dell'esigenza di un partito unico della borghesia che spazzi via gli orpelli democratici portando alla costituzione di un esecutivo snello ed efficiente. È da decenni che si invocano governi tecnici, ne hanno parlato e scritto A. Peccei, B. Visentini e A. Olivetti, che proponeva addirittura una "democrazia senza partiti" (en passant: nel nostro "Il cadavere ancora cammina" si dice che il parlamento passa il 90% del tempo a parlare di sé stesso e il restante 10 a ratificare quanto deciso altrove).

Nelle scorse teleconferenze avevamo notato l'allontanamento di Grillo dal M5S (con l'apertura di un suo sito senza riferimenti al movimento); resta da capire se si sia trattato di una mossa politica per racimolare più voti o se l'intenzione sia veramente quella di distanziarsi dalla "politique politicienne". Significativo l'articolo pubblicato il 3 marzo sul blog in merito alla "biodegradabilità" del movimento, in cui il comico mette in guardia i pentastellati dal rischio di integrarsi nel cretinismo parlamentare, rivendicando il suo ruolo di Garante.

In natura esistono le estinzioni: quando un organismo o una specie non è più adatto a vivere in un dato ambiente, sparisce. I grillini sostengono di essere un movimento nato dal basso, ma accettando i meccanismi della politica istituzionale dimostrano di essere parte di quella casta che volevano spazzare via. L'omologazione la si è già vista, a Roma e Torino, con il non-operato dei sindaci. Il M5S da una parte parla del futuro della società e delle nuove tecnologie che tutto trasformano (lavoro, tempo libero, mobilità, ecc.), dall'altra accetta la logica delle compatibilità capitalistiche e l'ideologia lavorista. Per ottenere il reddito di cittadinanza, i disoccupati dovranno fornire disponibilità al lavoro presso i centri per l'impiego, offrirsi per progetti comunali utili alla collettività, frequentare percorsi per la riqualificazione professionale, effettuare ricerca attiva del lavoro per almeno due ore al giorno, comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito e, ultimo ma non per importanza, accettare uno dei primi tre lavori offerti (viene in mente il film I, Daniel Blake di Ken Loach).

Insomma, borghesi e piccolo-borghesi non possono che inseguire quello che succede, senza anticipare niente e subendo le trasformazioni. Lo stesso discorso vale per i sindacati, anch'essi in via di estinzione. Nella conferenza di programma la Cgil ha proposto di "governare l'innovazione, contrattare la digitalizzazione". Di fronte a tali parole, qualcuno potrebbe pensare che finalmente si è accorta dei milioni di disoccupati e dei lavoratori ultraprecari della gig-economy, ma invece si tratta solo di un aggiornamento di linguaggio, del solito tanto fumo e poco arrosto.

In chiusura di teleconferenza, si è accennato alla proposta dell'amministrazione Trump di imporre i dazi sull'importazione di acciaio e alluminio. L'Europa, per ritorsione, si è affrettata a dire che prenderà provvedimenti, ricevendo per tutta risposta la minaccia di bloccare anche l'importazione di automobili. Washington deve mantenere una produzione strategica (difendere la propria industria siderurgica), essendo una potenza militare che deve costruire navi, carri armati, aerei, ecc.

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