Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  20 agosto 2019

Interconnessione globale

La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, ha preso spunto da tre temi apparentemente diversi tra loro: la situazione politica italiana con le dimissioni del premier Conte, le continue manifestazioni ad Hong Kong, la prospettiva, data per certa da molti economisti, di una recessione globale in arrivo.

Dagli interventi al Senato dello scorso 20 agosto, sia del presidente del consiglio dimissionario, che del capo della Lega Salvini, di Renzi, nonché di tutti gli altri colleghi, non emergeva uno straccio di programma oltre alle reciproche accuse. Il personale politico e le relative proposte sono scadenti perché il sistema nel suo insieme ha sempre meno energia per andare avanti. Il presidente della CEI, il cardinale Bassetti, presente al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione e sollecitato dai giornalisti in sala a prendere la parola, ha affermato: "Ancora di crisi volete farmi parlare? Ma la crisi è di sistema, è di visione, prima che del governo".

La sovrastruttura politica borghese, del tutto impotente rispetto ai cambiamenti epocali in corso, arranca cercando di restare al passo con i tempi. Sono all'ordine del giorno improvvisi rimescolamenti politici, vischiose alleanze fra partiti fino a pochi giorni fa "nemici", faide fra correnti interne agli stessi, autodistruzione di raggruppamenti e leaders, situazioni precarie passibili di rovesciamenti repentini.

Nel 2008 il capitalismo è precipitato in una crisi che nessun economista finora è stato in grado di spiegare. L'incapacità della borghesia di capire le dinamiche strutturali dell'economia è dovuta all'assenza di qualsiasi teoria economica, o meglio, alla bancarotta di tutte le sue teorie. Dopotutto, sono stati già sperimentati a sufficienza liberismo, keynesismo, neo-keynesismo, e ormai le armi a disposizione sono tutte spuntate.

Nella Lettera ai compagni "Il Diciotto Brumaio del Partito che non c'è" (1992), abbiamo scritto che il fascismo è un fenomeno di totalitarismo moderno che nasce in Italia e diventa il modo comune di governare l'economia in tutto il mondo borghese; e che la sovrastruttura politica necessaria alle esigenze capitalistiche è una democrazia "snella", cioè un esecutivo che non venga troppo intralciato da chiacchiere parlamentari e "disfunzioni" varie". La borghesia italiana è ancora alla ricerca di quel partito, ma all'orizzonte si vedono solo caos e ingovernabilità.

La contraddizione con cui la classe dominante deve fare i conti è quella tra il lavoro associato a livello mondiale e il fatto che le borghesie hanno radici nazionali, e quindi sono in preda a convulsioni protezioniste. Stati Uniti e Cina, ad esempio, sono legati da un doppio vincolo, dove ognuno ha bisogno dell'altro, ma al tempo stesso sono costretti a pestarsi i piedi a vicenda. Nell'articolo "Recessione, il commercio spaventa più della curva dei rendimenti" del Sole 24 Ore, si scrive:

"Un'economia interconnessa al massimo, con infinite catene di forniture e produzione, diventa oggi allo stesso tempo preda di nuove e brusche spinte nazionaliste e protezioniste, potenzialmente incontrollate".

Catene internazionali della logistica, aziende multinazionali che hanno un piano di produzione e distribuzione che supera i confini nazionali, devono misurarsi col fatto che ogni paese ragiona per sé, in preda all'anarchia del mercato. Pechino e Washington si minacciano a vicenda, ma poi aprono al dialogo in cui toni forti vengono subito seguiti da distensioni; questa instabilità produce delle conseguenze materiali sulla già fragilissima situazione dell'economia mondiale. La produzione industriale ha avuto dei significativi rallentamenti in Cina, negli Usa e in Germania. Nei prossimi giorni si riuniranno in Wyoming, a Jackson Hole, i capi delle maggiori banche centrali, Fed, Bce, Boe e Boj. Il motivo? La crescita dei timori di recessione e gli interventi per rianimare il capitalismo-zombie: dall'avvio di un quantitative easing 2 per l'Europa (che potrebbe ammontare a 50 miliardi) a politiche "accomodanti" per Inghilterra e Giappone, quest'ultimo in coma piatto da oltre 30 anni.

Solo avendo presente la natura dissipativa dell'attuale modo di produzione, si possono capire e quindi spiegare le manifestazioni di piazza degli ultimi anni e quelle in corso. Nell'articolo "Il secondo principio" (n. 41 della rivista), abbiamo scritto che "è la complessiva dinamica che dobbiamo considerare. E questa indica, chiaramente, una sequenza storica, una catena causale unidirezionale."

Massicce manifestazioni hanno coinvolto circa 80 città in Brasile, ufficialmente contro i tagli all'istruzione del nuovo governo di destra. Pochi giorni prima c'era stato il tonfo finanziario dell'Argentina. Continuano in Russia le proteste antigovernative e con esse gli arresti. Ci sono delle interconnessioni globali tra fenomeni apparentemente diversi e distanti tra loro, dal crollo delle borse alla mancata crescita industriale, fino allo sviluppo di movimenti antiformisti.

Domenica 18 agosto una grande manifestazione ha nuovamente invaso le strade di Hong Kong coinvolgendo 1,7 milioni di persone. Nei giorni precedenti la polizia aveva chiuso per due giorni consecutivi l'aeroporto internazionale, importante hub asiatico, dopo che centinaia di manifestanti avevano occupato il terminal delle partenze. Durante la mobilitazione si erano verificati violenti scontri, con arresti e decine di feriti. Recentemente l'Avvenire ha pubblicato l'articolo "Le proteste a Hong Kong: 'Il motore è la diseguaglianza'", in cui si sostiene che l'ex colonia britannica, emblema della globalizzazione, ne subisce tutte le contraddizioni. Le proteste attuali, partite da settori studenteschi, hanno poi riguardato lavoratori e precari, diffondendosi a tutta la società.

La maggior parte delle nuove generazioni non riesce a trovare sbocchi lavorativi, a costruirsi un futuro, e questo è alla base di tutte le rivolte scoppiate negli ultimi anni, dalla Primavera araba ad Occupy Wall Street. Insomma, milioni di uomini conducono una vita senza senso e, del tutto spontaneamente, si ribellano allo stato di cose presente, scendendo per le strade e chiedendo un cambiamento. E pensare che in giro ci sono dei "comunisti" che definiscono le proteste di Hong Kong teleguidate dagli Usa, come se non ci fossero abbastanza motivazioni materiali in grado di far esplodere la rabbia sociale.

Abbiamo quindi terminato la teleconferenza leggendo e commentando alcuni passi di "Tracciato d'impostazione" (1946), a cominciare dal seguente:

"Gli uomini non sono messi in movimento da opinioni o confessioni o comunque da fenomeni del cosiddetto pensiero, da cui siano ispirate la loro volontà e la loro azione. Sono indotti a muoversi dai loro bisogni, che prendono il carattere di interessi quando la stessa esigenza materiale sollecita parallelamente interi gruppi. Si urtano contro le limitazioni che l'ambiente e la struttura sociale pongono alla soddisfazione di tali esigenze. E reagiscono singolarmente e collettivamente, in un senso che nella grande media è necessariamente determinato, prima che il gioco degli stimoli e delle reazioni abbia fatto nascere nella loro testa i riflessi che si chiamano sentimenti, pensieri, giudizi."

Articoli correlati (da tag)

  • Situazioni senza precedenti

    La teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo la ripresa dei contagi in Cina.

    La linea "zero Covid", ribadita all'ultimo congresso del PCC tenutosi ad ottobre, pare essere stata cancellata a favore di un più o meno esplicito "liberi tutti". Il presidente Xi Jinping, nel suo discorso introduttivo, aveva confermato gli sforzi del partito per la guerra popolare contro la Covid, ma le proteste scoppiate nel giro di poco tempo in tutto il paese, a partire dalla fabbrica della Foxconn a Shenzhen (un polo industriale dove sono concentrati circa 200mila operai) le cui immagini hanno fatto il giro del mondo, hanno portato ad una retromarcia. Di fronte alla crisi il governo cinese ha infatti deciso di ridurre le restrizioni e i controlli, favorendo però l'impennata dei casi e delle ospedalizzazioni, in particolare a Pechino, metropoli con oltre 20 milioni di abitanti: secondo alcune stime, la metà dei cittadini della capitale risulta positiva al virus. Varie simulazioni dimostrano che la nuova ondata di contagi potrebbe portare nei prossimi mesi a oltre un milione e mezzo di morti ("Our model shows that China's covid death toll could be massive", The Economist, 15.12.22). Il Dipartimento di Stato USA osserva con apprensione la situazione cinese, temendo una possibile catastrofe sanitaria e sociale. "Il numero di vittime del virus è motivo di preoccupazione per il resto del mondo, considerati le dimensioni del Pil della Cina e quelle della sua economia. Avere una situazione di maggiore forza rispetto al Covid non è solo una cosa positiva per la Cina ma anche per il resto del mondo", ha sottolineato Ned Price, portavoce del Dipartimento. La nuova gestione della pandemia colpisce nell'immediato la Cina, ma date le dimensioni del paese, se la situazione dovesse sfuggire di mano, le conseguenze sarebbero senza dubbio globali: il pianeta è piccolo, come diceva la nostra corrente. Dietro l'allentamento così repentino delle misure antivirus in Cina, c'è la paura di rivolte ma anche l'insostenibilità a livello economico dei continui lockdown; si sarebbero dunque messi in conto un paio di milioni di morti per salvare l'economia. D'altronde, il Capitale fa ballare tutti alla sua musica, compresa la Cina cosiddetta comunista.

  • "Pericolose tempeste" in arrivo

    La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo al XX congresso del PCC che si è aperto domenica 16 ottobre nella Grande sala del popolo di Pechino con il discorso del presidente Xi Jinping.

    I punti salienti della relazione, che è durata un'ora e mezza contro le quattro attese, sono stati: la conferma di quella che è stata definita la "guerra popolare" a tutto campo contro la Covid-19, e cioè la politica "zero contagi" che ha "privilegiato la vita umana"; e la preoccupazione per l'arrivo di "pericolose tempeste", a cui il paese deve prepararsi investendo sulla "sicurezza", parola citata 50 volte. Durante il congresso, che rinnoverà il mandato a Xi Jinping per la terza volta, anche il termine nazione è stato ripetuto in innumerevoli occasioni, ed è stata ribadita con forza la necessità di mantenere unito il popolo al suo partito ("unità ideologica").

    L'economia cinese sta rallentando, a causa degli esordi della recessione globale ma anche per la linea zero Covid, che ha imposto blocchi e limitazioni agli scambi e agli spostamenti. A ciò si sono aggiunti, negli ultimi tempi, i problemi del mercato immobiliare (vedi caso Evergrande), settore verso cui sono confluiti i risparmi di molti cinesi.

  • Grandi conferme

    Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 16 compagni, abbiamo affrontato i grandi fatti della settimana appena trascorsa, ovvero le manifestazioni e le rivolte scoppiate in Sri Lanka, Albania, Kenya, Panama, Corea del Sud, Ghana, Bosnia, Argentina e India, sull'onda degli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità e del carburante.

    Le conferme alle nostre previsioni arrivano sia dalla prassi, con la diffusione a livello globale di quello che qualche anno fa abbiamo definito "marasma sociale e guerra", sia a livello teorico, e qui ci riferiamo all'editoriale dell'ultimo numero di Limes ("La guerra russo-americana", 6/22) in cui si afferma che comunque vada a finire questa guerra, il mondo non sarà più quello di prima:

    "Da questo conflitto nascerà un nuovo disordine mondiale. Non un ordine, perché chiunque vinca, o sopravviva, non sarà in grado di riprodurre la Pax Americana. Nemmeno l'America. Washington resterà il Numero Uno per carenza di alternative. Ma il capoclassifica non potrà ostentarsi egemone globale, né forse lo vorrà. Ridurre ad unum questa Babele d'otto miliardi di anime e diverse centinaia di attori o comparse geopolitiche è affare di Dio, non di Cesare. Per quanto intuiamo, Dio non è interessato all'impresa. Preghiamo."

    Gli esperti di geopolitica si affidano al buon Dio per uscire dal caos, noi invece riteniamo che siano i processi di auto-organizzazione sociale a rompere gli equilibri precedenti facendo fare un balzo in avanti all'umanità. Superata una certa soglia, si determina una "polarizzazione" o "ionizzazione" delle molecole sociali, che precede all'esplosione del grande antagonismo di classe.

Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

Rassegna: L'ennesima conferenza sul clima - Polarizzazione crescente - Pericolose tempeste"

Recensione: Gaia, le macchine autoreplicanti e l'intelligenza collettiva

Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email