Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  17 dicembre 2019

Rovesciare la prassi

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 13 compagni, è iniziata commentando le ultime notizie provenienti dalla Francia.

Il paese è al tredicesimo giorno consecutivo di proteste e scioperi. Secondo la CGT, oggi [martedì 17] sono scesi in strada 1,8 milioni di persone; nell'area intorno a Parigi si sono formati trecento chilometri di code a causa del blocco del trasporto metropolitano, mentre nella zona di Lione e nella regione della Gironda circa 90.000 case sono rimaste a tratti senza luce per le azioni volontarie commesse da esponenti del sindacato CGT nella rete elettrica. Le cinque maggiori sigle sindacali si sono presentate unite alle mobilitazioni, ma il governo sembra non aver alcuna intenzione di fare marcia indietro sulla riforma pensionistica. Uno sciopero ad oltranza che va avanti da 13 giorni è già di per sé notevole, e se il braccio di ferro dovesse continuare, con i blocchi dei trasporti, molto presto potrebbero esserci problemi con gli approvvigionamenti nella capitale. In quel caso potrebbe anche scattare il panico, con tanto di assalti ai supermercati, come visto recentemente in altri paesi.

Non è da escludere che la situazione francese evolva nella direzione di uno scontro aperto tra le classi, andando oltre la stessa questione delle pensioni. Il proletariato si caratterizza per non avere riserve, e cioè nulla da perdere in questa società; la miseria crescente scava profondi solchi nella società separando irreversibilmente il simbolico 99% dall'1%. Dal punto di vista politico, Italia, Francia e Germania sono paesi molto diversi e può essere utile fare dei paragoni. In Italia la situazione corporativa di vecchia data vede sindacati, imprenditori e governi mettersi d'accordo senza bisogno di trattative, perché ognuno degli elementi sa benissimo cosa fare. In Germania, gli scioperi preventivi vengono iniziati dai metalmeccanici e tutte le altre categorie seguono a ruota. La Francia non è nuova agli scioperi ad oltranza e ciò denota una immaturità del sindacato rispetto a quello italiano, che affonda le proprie radici nel modello corporativo di matrice demo-fascista.

In Europa aumenta il marasma sociale: una situazione delicata che vede la Francia alle prese da un anno con le mobilitazioni dei gilet gialli. Lo stato cercherà di non capitolare evitando quella che sarebbe altrimenti una débâcle terribile; ma una situazione del genere non può durare troppo a lungo, cresce il rischio che i contendenti precipitino verso uno scontro frontale senza tregua. Per il marxismo fare delle previsioni scientificamente valide, che tengano conto dei fatti materiali, è di fondamentale importanza. Bisogna analizzare le forze in campo: come si muovono, come sono organizzate e quanto sono determinate nello scontro. Oggigiorno non manca certo l'organizzazione, e quando emergono grandi movimenti di lotta, nascono assemblee o consigli e accade che i manifestanti, quando non sanno cosa fare, si riuniscano sotto una bandiera o una sigla credibile per poter andare avanti. Prima o poi rispunterà il modello "americano", con occupazioni in pianta stabile che funzioneranno come alternativa a tutto il panorama politico esistente, e allora lo stato passerà alla repressione totale, in quanto esso può tollerare ogni tipo di ri-forma, ma non può accettare l'anti-forma che emerge senza chiedere niente ("Una vita senza senso"). Lo stato moderno attua forme di repressione preventiva picchiando, imprigionando e torturando i manifestanti, come in Cile; ma al tempo stesso lascia sfogare le piazze, senza intervenire, come ad Hong Kong. Due estremi che possono scatenare un'offensiva sociale e una relativa contro-offensiva, tali da mandare in frantumi gli equilibri che hanno tenuto insieme le classi negli ultimi decenni.

La situazione si sta muovendo molto velocemente e si va preparando un contesto che potrebbe essere molto violento. Una guerra civile diffusa è già nell'aria. Quando le mobilitazioni coinvolgono centinaia di migliaia di persone nell'arco di pochissimi giorni, ciò non accade solo perché ci sono Internet e i social network, ma perché nella società vengono superate determinate soglie. Basti pensare alle situazioni materiali in cui versa il capitalismo, che sembra proprio non avere energia a sufficienza per uscire dall'impasse. La produzione industriale mondiale è ferma ai minimi dalla grande crisi del 2008, la popolazione europea invecchia, e infrastrutture (strade, ferrovie, ponti, ecc.) e abitazioni stanno invecchiando senza una manutenzione adeguata. I millennials sono alle prese con i lavoretti e la disoccupazione, e appena spariranno i genitori avranno seri problemi a sopravvivere. E' un sistema che sta degenerando e non c'è possibilità di far tornare indietro la freccia del tempo. La situazione francese tenderà a generalizzarsi al resto d'Europa e al mondo. D'altronde, è sbagliato pensare che quello che succede in India, con gli scontri e i morti degli ultimi giorni, riguardi unicamente i mussulmani o gli Indù. E' invece il peggioramento della condizione materiale a far fibrillare le popolazioni.

"La 'miseria relativa crescente', tipica del capitalismo nella sua fase aurea (l'ammontare dei redditi bassi cresce meno di quello dei redditi alti), si è da tempo trasformata in 'miseria crescente' senza il primo aggettivo (l'ammontare dei redditi bassi diminuisce mentre cresce quello dei redditi alti). La condizione di intere popolazioni peggiora con l'ampliarsi del divario fra i minimi e i massimi. Aumenta quindi la povertà assoluta e tendono a scomparire le mezze classi, quelle più sensibili alle variazioni di reddito e che hanno qualcosa da perdere." ("Rapporto diretto", rivista n. 46)

Il modo di produzione capitalistico più si sviluppa più fatica a controllare sé stesso, diventando incapace di assicurare all'operaio i mezzi necessari per vivere persino entro i limiti della propria condizione.

Il fenomeno dei blocchi, degli scioperi e delle manifestazioni persistenti e non più episodiche, coinvolge tutto il mondo. In Cile i manifestanti sono ancora in piazza e lo scorso 16 dicembre una marea umana ha invaso le strade di Santiago. In Algeria i venerdì consecutivi di protesta sono 43. In Olanda, dopo Francia e Germania, gli agricoltori si sono presentati con i trattori nel distretto governativo. Movimenti generalizzati che coinvolgono tutta la società, dagli operai agli studenti, dai precari ai piccoli commercianti rovinati, spuntano un po' ovunque. Eppure, finché non si rende visibile un obiettivo e una finalità generale, si resta fermi al livello della contestazione fine a sè stessa. Lo schema del "rovesciamento della prassi" della nostra corrente (Teoria e azione nella dottrina marxista del 1951) è frainteso dai tanti che vi vedono una gerarchia piramidale, mentre, al contrario, si tratta un processo in doppia direzione (feedback), determinato dalla dinamica storica. Le determinazioni che salgono dalle spinte fisiologiche elementari dell'individuo verso l'attività cosciente dell'organizzazione si invertono: l'attività cosciente dell'organizzazione determina il comportamento delle classi e l'azione degli individui ("Il rovesciamento della prassi").

Da un punto di vista generale, non è comunque da escludere la "comune rovina delle classi in lotta" (Manifesto). Le estinzioni esistono e fanno parte della natura: la probabilità che la nostra specie si estingua è bassa, ma non nulla. Siamo in presenza di una situazione al confine tra caos e ordine. L'uomo, come dice il geografo anarchico Elisée Reclus, è un espediente della natura per darsi memoria e conoscenza, e a differenza delle altre specie ha la capacità di progettare il proprio futuro e di emancipare sé stesso.

Essendo comunisti abbiamo più motivi per l'ottimismo che per il pessimismo: tutto sta convergendo verso quello che la nostra corrente ha chiamato "rovesciamento della prassi", che è nello stesso tempo anticipazione del futuro e sua realizzazione.

Articoli correlati (da tag)

  • Un mondo, un wargame

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo le recenti mobilitazioni pro-Pal alla luce dei nostri lavori sul wargame.

    In diverse parti del mondo sono in corso da mesi manifestazioni in solidarietà con la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. In Italia, durante lo sciopero generale del 3 ottobre, oltre due milioni di persone hanno preso parte ai cortei organizzati in più di 100 città, con 300 mila manifestanti solo a Roma. Secondo la CGIL, l'adesione media nazionale è stata intorno al 60%. Quando scendono in piazza così tante persone, a prescindere dalla motivazione ufficiale, vuol dire che c'è qualcosa nel sottosuolo sociale.

    La guerra ha fatto emergere un malessere che già covava all'interno della società. Da anni scriviamo che la spinta alla rivolta deriva dalla crisi storica del capitalismo, dall'inceppamento della legge del valore. A ciò si aggiunge un diffuso senso di insicurezza verso il futuro, avvertito in particolare dalle giovani generazioni che si trovano a fare i conti con la "vita senza senso", la precarietà, la miseria, la prospettiva della guerra (i politici parlano apertamente della necessità di reintrodurre la leva obbligatoria).

  • Un esercito di senza-riserve

    La teleconferenza di martedì è iniziata con il commento di due articoli dell'Economist sulla situazione della forza lavoro cinese.

    In "China's 200m gig workers are a warning for the world" si parla della più grande concentrazione al mondo di gig-workers, i 200 milioni di lavoratori precari cinesi. In Cina il capitalismo si è sviluppato molto rapidamente e circa il 40% della forza lavoro urbana è coinvolto nel processo di precarizzazione del lavoro, con salari spesso insufficienti per acquistare una casa e fare dei figli (nel paese il problema demografico è rilevante). Questa platea di lavoratori è la più avanzata al mondo e dimostra un'estrema facilità ad accedere alle piattaforme digitali, dato che il rapporto economico non è più con un datore di lavoro in carne ed ossa ma con applicazioni e software. La diffusione delle app, sia tra i consumatori che tra i lavoratori, è diventata molto importante in tutta l'Asia: l'Economist collega le lotte scoppiate nelle ultime settimane, ad esempio in Indonesia, ai fenomeni di trasformazione della forza lavoro, sottolineando come la carenza di buoni impieghi sia una delle ragioni per cui i giovani di diversi paesi dell'area si sono sollevati in protesta contro i loro leader politici.

    Le forme di lavoro occasionale e flessibile si sono estese al settore manufatturiero, dove milioni di lavoratori, circa un terzo del proletariato industriale, ricoprono impieghi on demand, su richiesta. A differenza della gig-economy occidentale, quasi interamente incentrata sui servizi, in Cina circa 40 milioni di lavoratori qualificati sono pagati a giornata o a settimana per lavorare in fabbrica. Secondo un'indagine di Zhang Dandan dell'Università di Pechino, nei più grandi complessi manifatturieri del paese i precari arrivano a costituire l'80% della forza lavoro. Parallelamente, stime semi-ufficiali indicano che circa 84 milioni di cinesi sono impiegati in aziende online, consegnando cibo e pacchi o guidando taxi.

  • Vedere oltre la catastrofe

    La teleriunione di martedì sera è iniziata affrontando il tema delle imminenti elezioni americane.

    Come nota The Economist nell'articolo "The risk of election violence in America is real", il termometro sociale negli USA registra l'aumento della tensione, con toni da guerra civile. Nel nostro testo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo scritto che "la direzione del moto storico, l'andare verso... è irreversibile. Se il determinismo ha un senso, gli Stati Uniti sono ciò che la storia del globo li ha portati ad essere."

    La polarizzazione economica e politica negli USA è il prodotto di una dinamica storica che possiamo far partire almeno dal 1971, quando il presidente Nixon eliminò l'ancoraggio del dollaro all'oro. Gli Stati Uniti assommano su di sé tutte le contraddizioni del capitalismo mondiale, e non è un caso che proprio lì sia nato un movimento avanzato come Occupy Wall Street che, nei suoi due anni di esistenza, ha voltato le spalle alla politica parlamentare, al leaderismo e al riformismo. Interessante, a tal proposito, la descrizione che viene fatta di Occupy Sandy nel libro Emergenza. Come sopravvivere in un mondo in fiamme di Adam Greenfield:

Rivista n°57, luglio 2025

copertina n° 57

Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email