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  • Resoconto teleriunione  9 gennaio 2024

Rivolte, marasma sociale e guerra

La teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata con una breve presentazione del saggio Riot. Sciopero. Riot. Una nuova epoca di rivolte, scritto nel 2019 da Joshua Clover.

Secondo lo scrittore e professore di inglese e letteratura comparata all'Università della California "Davis", a partire dal Medioevo si può ravvisare una dinamica storica che vede prima la rivolta, poi lo sciopero ed infine di nuovo la rivolta, ma in forma diversa rispetto alla fase iniziale.

Nel testo si descrive come, fino al XIX secolo, lo scontro avviene principalmente nell'ambito della circolazione, dato che lì si trovano i beni necessari alla riproduzione. Successivamente, soprattutto con l'entrata in scena del proletariato, si rafforzano le forme di lotta più organizzate, le rivolte combaciano con gli scioperi, e il conflitto si manifesta per la maggior parte con l'interruzione organizzata del lavoro. A partire dalla fine degli anni 60' del secolo scorso, le forme di scontro si fanno sempre più incontrollabili (vedi riot negli USA): finita l'epoca di crescita industriale del capitalismo, l'accumulazione avverrebbe nella sfera della finanza, almeno nei paesi a capitalismo avanzato, dando così inizio ad una fase di espulsione della forza lavoro dalla produzione. Con lo scoppio della crisi industriale, gli afroamericani sono i primi a trovarsi alle prese con seri problemi di sopravvivenza e le rivolte, che assumono apparentemente una connotazione razziale, riguardano in realtà le condizioni di milioni di proletari. La seconda fase della rivolta, o rivolta prime, come la chiama Clover, si pone quindi direttamente in conflitto con lo Stato, poiché esso dispone di strumenti di repressione e controllo che le società precedenti non avevano, raggiungendo livelli di sofisticazione mai visti prima. Gli scioperi moderni toccano la circolazione di uomini e soprattutto di merci, dal trasporto aereo ai treni, dalla logistica ai petroliferi. I gilet jaunes, ad esempio, a partire dal 2018 hanno occupato le principali vie di comunicazione bloccando autostrade e rotatorie. La logistica connette il tessuto produttivo ed è fondamentale nell'epoca del just in time e della produzione senza magazzino.

Possiamo aggiungere alcune considerazioni all'analisi presentata da Clover. La struttura produttiva mondiale rappresenta un involucro che non corrisponde più al suo contenuto, come diceva Lenin nell'Imperialismo (vedi anche articolo "Rottura dei limiti d'azienda). Se la fabbrica è diffusa sul territorio, anche il proletariato lo è: per la Sinistra il moderno proletario è un "senza-riserve", un precario, che non solo non ha un salario continuativo ma tende ad essere disoccupato a vita. Negli Stati Uniti i "senza-riserve" si sono dati un'unica parola d'ordine: "Siamo il 99% contro l'1% e non accettiamo il vostro sistema". Occupy Wall Street nasce nel settembre 2011 anche a causa degli effetti della crisi dei mutui subprime del 2008. La finanziarizzazione dell'economia sposta in avanti le contraddizioni del sistema ingigantendole, e quando queste scoppiano si ripercuotono sulla cosiddetta economia reale. Ad oggi, il mondo capitalistico non ha migliorato le sue performance, anzi, si sono acuiti i divari tra i redditi mentre le "ricette economiche" sono state tutte usate. Finché il Capitale ha potuto concedere le briciole che cadevano dal banchetto imperialista, in qualche modo il sistema è stato in grado di autocorreggersi e distribuire valore; nell'epoca attuale, con le difficoltà nella produzione di plusvalore, non c'è più alcuna rivendicazione proletaria possibile se non quella di lottare per un'altra società:

"Rivoluzionari (e adotteremo il termine provvisorio di antiformisti) sono i movimenti che proclamano ed attuano l'assalto alle vecchie forme, ed anche prima di saper teorizzare i caratteri del nuovo ordine, tendono a spezzare l'antico, provocando il nascere irresistibile di forme nuove". (Tracciato d'impostazione, 1946)

Il capitalismo inasprisce la polarizzazione economica e sociale, di conseguenza le nuove forze combattenti non rivendicano più nulla e di fatto si presentano collettivamente come alternative al capitalismo (curioso il fenomeno emerso negli Stati Uniti e in Inghiltera di centinaia di giovani che assaltano i negozi organizzandosi su TikTok). Semplicemente, non dicono ancora cosa vogliono al posto dell'attuale modo di produzione, ma se lo facessero le loro richieste ascenderebbero alla potenza del partito della rivoluzione.

Negli ultimi anni abbiamo avuto diversi saggi di futuro: dalle rivolte nelle banlieue a Occupy Wall Street (Clover ne parla nel Cap. 9, "Riot Now, Square Street, Commune": l'organizzazione della Comune di Oakland segnala la centralità degli strati sociali che costituiscono il "surplus" di popolazione; interessante anche la nota riguardo al blocco del porto di Oakland che è avvenuta in due occasioni "con una collaborazione poco entusiasta da parte dei sindacati portuali"), fino alle sommosse negli USA. Secondo lo scrittore, esistono due impulsi nelle rivolte contemporanee: ottenere miglioramenti nelle condizioni di vita oppure rompere semplicemente con il sistema bruciando auto e uffici, compiendo saccheggi e scontrandosi violentemente con la polizia. Clover fa riferimento alle rivolte che accompagnano lo sviluppo del capitalismo in Occidente, ma non presta la dovuta attenzione a quello che avviene in Oriente, dove si manifestano gli stessi problemi dei paesi di vecchio capitalismo. Molte volte le classi si mischiano, si sovrappongono, e ne risultano movimenti spuri. Negli Stati Uniti, tre anni fa, migliaia di sostenitori di Trump hanno preso d'assalto Capitol Hill. In Brasile, dopo le ultime elezioni, si è sfiorato la guerra civile tra i sostenitori di Bolsonaro e quelli di Lula. Gli Stati si preparano a scenari da incubo, come delineato nel rapporto "Urban Operations in the Year 2020", in cui si invitano le forze della NATO a sviluppare conoscenze e a variare le proprie forme d'ingaggio militare adeguandosi all'estrema fluidità degli scenari bellici, ormai molto spesso di natura metropolitana.

Il marasma sociale si accompagna alla guerra. Nel conflitto russo-ucraino i giovani di entrambi i paesi si scannano al fronte per interessi borghesi. La lotta contro la guerra assume un'importanza strategica perché essa è già mondiale (utile rileggere gli articoli della Frazione Comunista nel PSI nella sua lotta contro la socialdemocrazia e la guerra), e nel prossimo futuro tenderà ad intensificarsi coinvolgendo sempre più le popolazioni, come dimostra il massacro in corso nella Striscia di Gaza.

Israele ha accettato in pieno la compellence (che vuol dire obbligare l'avversario a compiere atti funzionali alla propria strategia) lanciata da Hamas con l'attacco del 7 ottobre. Tel Aviv ora deve ristabilire una deterrenza, dimostrare con la forza che chi mette a repentaglio la sicurezza di Israele verrà colpito con estrema durezza, anche a costo di alienarsi il sostegno della cosiddetta opinione pubblica mondiale. Ciò che si è messo in moto in Medioriente non può cessare dall'oggi al domani: gli USA hanno colpito milizie sciite filoiraniane in Iraq e in Siria; in Libano, Hezbollah continua ad attaccare Israele, che a sua volta ha compiuto attentati a Beirut; gli Houthi nel Mar Rosso attaccano mercantili di varia nazionalità; l'Iran ha subito uno dei più gravi attentati terroristici sul suo territorio. Il caos tende a estendersi, non certo a ridursi, anche perché gli USA faticano ad esercitare il ruolo di gendarme mondiale. Tale situazione sta portando ad un riarmo generale degli Stati, alla ristrutturazione degli eserciti e al cambiamento del modo di fare la guerra. L'Occidente si è cullato per anni nell'idea che la storia fosse finita e con essa le guerre e le rivoluzioni, ed invece la guerra è tornata a bussare alla porta, in Asia, in Medioriente e in Europa.

Per gli Americani la sfida strategica è nell'Indopacifico ma è anticipata dai conflitti in Ucraina e in Medioriente. Il mondo è collegato, tutto avviene contemporaneamente, tutti sono coinvolti. Gli USA sono in crisi perché la struttura materiale del capitalismo ha difficoltà di riproduzione, e la stessa Cina è alle prese con problemi di senilità capitalistica (crisi demografica e immobiliare, disoccupazione giovanile, ecc.). Una delle grandi competizioni tra Cina e USA verte sull'hi-tech, sulla produzione di microchip e sullo sviluppo dell'intelligenza artificiale, e si svolge nelle terre di confine tra capitalismo e società futura. Dopo i robot e l'IA, non c'è sviluppo capitalistico possibile (e di automi sono piene le fabbriche cinesi e americane), ci potrà essere solo un'altra forma sociale. Gli esperti di geopolitica sono maestri nel perdersi nei dettagli, e proprio per questo non riescono ad inquadrare i conflitti in essere all'interno del corso generale del capitalismo mondiale, che per semplicità possiamo suddividere in tre fasi: nascita e sviluppo (massimo di sintropia); maturità (equilibrio, omeostasi); senescenza (massimo di entropia).

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Rivista n°57, luglio 2025

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Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

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