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  • Resoconto teleriunione  18 agosto 2020

Bisogno di comunità umana

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 17 compagni, è iniziata dalla segnalazione di un'intervista dell'ottobre 2010 a Cesare Romiti (riproposta da Repubblica), in cui il dirigente d'azienda, recentemente scomparso, rivendicava di aver normalizzato con la sua azione nel corso del 1980 (vedi marcia dei quarantamila) i sindacati, minacciati dall'infiltrazione di frange estremistiche. L'esito di quel braccio di ferro, che durò 35 giorni, fu la ritrovata "governabilità delle fabbriche", che alla fine piacque anche ai bonzi sindacali.

Il patto corporativo tra capitale e lavoro, che affonda le radici nel Ventennio, è rimasto in piedi fino ai giorni nostri. Il fascismo, dice la nostra corrente, ha perso militarmente la guerra, ma l'ha vinta sul piano politico ed economico. Questo tentativo di auto-regolazione del capitalismo è riuscito a rimandare di decenni lo scoppio della rivoluzione, ma ormai ha fatto il suo tempo, e oltre ci può essere solo il passaggio ad un'altra forma sociale. Anche perché non torneranno più le fabbriche con migliaia di lavoratori inquadrati in sindacati ramificati nella società, non torneranno gli indici di crescita del capitalismo del dopoguerra, non torneranno i partiti stalinisti di massa.

La riunione è quindi proseguita con alcune considerazioni riguardo la crescita dei casi di Covid-19 in Italia e nel mondo. Nell'articolo "L'errore matematico (fatale) che non ci fa capire il Coronavirus", pubblicato sul Corriere della Sera e ripreso da un articolo della Bbc, si afferma che alla base dell'incomprensione della "matematica del contagio" ci sarebbe un meccanismo mentale noto come exponential growth bias, e cioè la tendenza a trascurare, seppur parzialmente, la composizione della crescita esponenziale. Questo comporterebbe ricadute importanti sulla percezione sociale della pandemia, visto che "anche persone con alti livelli di educazione (persino matematica) a volte non riescono a comprendere davvero le conseguenze della crescita esponenziale."

A Madrid, in Spagna, è stata organizzata tramite i social network una manifestazione contro l'uso della mascherina: anarchici, gruppi di estrema destra e gruppi di estrema sinistra sono scesi in piazza per rivendicare la libertà di movimento, agitando cartelli con su scritto "il virus non esiste" e "la mascherina uccide". Eppure la Spagna è il paese europeo con il più alto numero di contagiati in rapporto alla popolazione. Chiudere tutto vuol dire bloccare l'economia, in primis quella turistica, e gettare sul lastrico migliaia di famiglie; ma anche tenere tutto aperto provoca grossi danni economici, a cominciare dal collasso del sistema sanitario. L'incapacità manifestata dalla classe dominante di fronte all'attuale pandemia dimostra che il passaggio ad un'altra forma sociale è una questione di specie. Già oggi l'umanità dispone di mezzi e strutture adatte ad affrontare efficacemente eventi catastrofici di tale natura; e possiede, soprattutto, capacità tecnica e conoscenza scientifica sufficienti per prevedere ed eliminare, con una buona probabilità di riuscita, la maggior parte dei pericoli che incombono sul nostro Pianeta ("Prove di estinzione").

In Libano, a partire da venerdì prossimo e per una durata di due settimane, sarà imposto un nuovo lockdown. La situazione in cui versa il paese mediorientale è paradigmatica sotto vari punti di vista: lo stato è tecnicamente fallito, i cittadini si suicidano a causa della fame, migliaia sono i casi di infezione da Covid-19 e i morti dall'inizio della pandemia sono più di 100 (il paese conta quattro milioni di abitanti). A tutto ciò si sommano la micidiale esplosione avvenuta nel porto di Beirut e un governo dimissionario (anche a causa delle ripetute e violente manifestazioni di piazza con tanto di assalti ai ministeri). Oggi possiamo dire che il Libano è il mondo, dato che anticipa una situazione che tende a generalizzarsi.

Nelle ultime 24 ore in Iraq sono stati registrati oltre 4500 nuovi casi di contagio; allo stesso tempo continuano le manifestazioni contro la disoccupazione e la povertà dilaganti. Da prestare attenzione anche a quanto succede in Bielorussia, dove dopo le iniziali mobilitazioni con scontri molto forti con la polizia, la classe operaia si è unita alla protesta e da lunedì mattina sono scesi in strada decine di migliaia di lavoratori. La situazione di caos in cui è precipitato il paese acuisce le tensioni tra i paesi della Nato e la Russia sulle rispettive sfere d'influenza nell'est Europa.

Problemi di tipo economico, sociale e sanitario si intrecciano producendo mix esplosivi ovunque. In un intervento al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, l'ex capo della BCE Mario Draghi ha messo in guardia dal fatto che il futuro dei giovani è in pericolo, omettendo di dire, però, che non esistono soluzioni all'interno del capitalismo. Una delle ormai innumerevoli capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte al marxismo arriva dal Sole 24 Ore, con un articolo intitolato "Arriva dagli Usa un'altra epidemia: migliaia di morti per mancanza di senso". Nel testo si afferma che negli Stati Uniti, solo nel 2017, sono morte oltre 150 mila persone a causa di eccesso di alcool, psicofarmaci e droghe. Una strage dovuta alla disperazione, all'impossibilità di vivere in una società così disumana. Nel nostro articolo del 2005, "Una vita senza senso", elencavamo le diverse reazioni alla disperata ricerca di senso in una società sempre più alienata: autodistruzione, distruzione dell'altro, formazione di comunità-contro. Viene in mente il film Strange Days di Kathryn Bigelow (1995): in una società invivibile prende piede una nuova droga che permette di proiettarsi in una realtà virtuale, mentre sullo sfondo crescono le rivolte di massa contro la polizia. L'impulso che ha permesso alla regista di produrre un film di questo genere dimostra che il problema dell'invivibilità, soprattutto negli Stati Uniti, è presente da anni.

Le famose campagne di denuncia politica di leniniana memoria, un tempo portate avanti dal partito del proletariato e capaci di mettere in luce gli aspetti antiumani del capitalismo, ormai sono condotte da frange della stessa borghesia che riconoscono le infamie commesse da questo sistema. La rivoluzione, intesa come "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", si spinge oltre alle campagne di denuncia, demolendo i pilastri su cui si regge l'attuale modo di produzione e indicando la necessità del suo superamento. Ciò ha delle conseguenze in campo comunista: a fare la differenza oggi (oltre alla sempre attuale critica dell'economia politica), è il tentativo di dar vita a comunità fuori dalla logica capitalistica, che voltino le spalle ai rappresentanti della presente società. Ai comunisti spetta il compito di difendere la linea di futuro di specie in quanto essi rappresentano il futuro, così come scritto nel Manifesto del 1848 e nell'articolo "Un programma: l'ambiente" (L'Avanguardia del 1° giugno 1913):

"Ecco in che cosa noi vediamo tutto un programma del movimento giovanile. Sottrarre la formazione del carattere all'esclusiva influenza della società presente, vivere tutti insieme, noi giovani operai o no, respirando un'atmosfera diversa e migliore, tagliare i ponti che ci uniscono ad ambienti non socialisti, recidere i legami per cui ci si infiltra nel sangue il veleno dell'egoismo, della concorrenza, sabotare, in una parola, questa società infame, creando oasi rivoluzionarie destinate un giorno ad invaderla tutta, scavando mine destinate a sconvolgerla nelle sue basi..."

La ricerca di comunità umana emerge chiaramente nelle ultime rivolte di piazza. Piazza Tahrir, a Baghdad, è diventata un "luogo fisico" in mano ai manifestanti, con un pronto soccorso, una mensa, ecc. Il bisogno di comunità si registra anche negli Usa o in Bielorussia, senza contare quanto avvenuto negli scorsi mesi ad Hong Kong, Seattle e Portland. Lo Stato capitalistico può "riconoscere" qualsiasi forza sociale, anche muovendole guerra per ricondurla entro i confini del compromesso; ma non potrà mai riconoscere l'anti-forma che emerge senza rivendicare nulla, che semplicemente dà vita a una società nuova e per essa combatte contro il vecchio ambiente. Le rivendicazioni "ufficiali" delle manifestazioni vanno dalla caduta di un regime corrotto alla richiesta di nuove elezioni, ma da un punto di vista generale le masse scendono nelle strade perché spinte da una voglia profonda di cambiamento, anche se non sanno ancora con precisione cosa vogliono al posto di quello che c'è.

Karl Marx nell'articolo "Glosse marginali di critica all'articolo Il Re di Prussia e la riforma sociale" del 1844, sottolinea come tutte le rivolte moderne, senza eccezione, scoppino nel disperato isolamento dell'uomo dalla comunità (Gemeinwesen): "Ogni rivolta non presuppone forse necessariamente questo isolamento?" La rivolta dei senza riserve non tende a sostituire una classe con un'altra, ma a riappropriarsi della natura umana che è la vera comunità umana. Essa, la rivolta metropolitana, può essere parziale fin che si vuole, ma racchiude in sé un'anima universale.

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