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  • Resoconto teleriunione  21 gennaio 2020

Le curve della catastrofe

La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata con la segnalazione di un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, sulla relazione tra cambiamenti climatici e crisi finanziarie.

Proprio in questi giorni si sta svolgendo a Davos il World Economic Forum per discutere delle questioni in materia di salute e di ambiente, ma soprattutto di business. L'ecologismo nasce con le prime organizzazioni di nobili inglesi che erano costretti a respirare i veleni della Londra dei primi dell'800. Essendo un argomento interclassista per eccellenza mette d'accordo tutti, nessuno può negare che l'impronta ecologica è data; mentre si nega invece, per principio, l'incapacità del capitalismo ad affrontare questa situazione. Nell'articolo "Un modello dinamico di crisi" del 2008 avevamo visto come già nel 1961 l'umanità consumava il 50% della biocapacità media del pianeta, mentre nel 2003 ne consumava già il 125%. L'impronta ecologica offre la misura di quanto s'è allargato il divario fra l'equilibrio termodinamico e la dissipazione di energia, cioè di risorse che, perdurando il sistema capitalistico, andranno irreversibilmente perdute, come la foresta primaria o l'acqua di molti fiumi a causa del prelievo per l'agricoltura e per le metropoli. La massa biologica sulla terra è una piccola parte rispetto alla massa del pianeta intero. L'uomo intacca la prima, logorando le possibilità per la sua stessa riproduzione. Tuttavia, la Natura ha prodotto l'uomo il quale si dovrà adeguare alla condizione della biosfera: una delle conseguenze della distruzione di massa biologica innescata dall'attività umana è la perdita di biodiversità sul nostro pianeta per cui si sta andando verso la sesta estinzione di massa, peggiore di quella del Cretaceo quando il 95% delle specie esistenti è scomparso dalla faccia del Pianeta.

Gli stati hanno i loro modelli che prendono in considerazioni numeri e dinamiche del passato capitalistico per proiettarli in un futuro… che non potrà mai realizzarsi. Il modello Mondo 3, commissionato al MIT dal Club di Roma (1972) prevedeva che al 1975 si sarebbe raggiunto un punto di non ritorno e che se non fossero stati presi provvedimenti l'andamento sarebbe diventato irreversibile. Anche W. Leontieff, incaricato di redigere un modello input-output sulla produzione e distribuzione, era giunto, negli anni '60 del secolo scorso, alla conclusione che senza provvedimenti il mondo sarebbe precipitato in situazioni catastrofiche. In molti ci hanno criticato sui nostri modelli di crisi e sulla possibilità di fare previsione, in realtà già a Marx e alla nostra corrente era capitato di scontrarsi con critiche del genere. La spaventosa mancanza di teoria che caratterizza anche volenterosi tentativi di analisi si riflette sulla spaventosa mancanza di indagine dinamica sul futuro della nostra specie. Eppure, come verificato dagli stessi borghesi, all'incrocio nell'andamento teorico del capitalismo con una determinata curva deve succedere qualcosa anche a livello sociale. La borghesia non riesce a controllare il suo stesso sistema, non avendo la capacità di rispondere razionalmente ad eventi che essa stessa provoca.

L'impronta ecologica, l'esaurimento delle risorse organiche, tutti i dati raccolti dai centri studi borghesi, confermano che il problema della previsione si pone non tanto con una serie minuziosa di dati che alimentano un modello matematico, quanto nel fatto che il capitalismo ha bisogno di un saggio del plusvalore crescente, mentre storicamente questo è calante. L'instabilità del sistema ha un rapporto diretto con le manifestazioni diffuse su tutto il pianeta, la questione sociale è strettamente legata alla questione economica (nostro volantino "Mille città").

La borghesia è costretta a prendere dei provvedimenti per mitigare gli effetti della sua presenza sulla scena storica: organizza congressi ecologici, raduni, dà indicazioni come quella di trasformare in business anche la materia energetica, per cui si possono vendere le quote di emissione di CO2, e improvvisamente tutto il cibo diventa biologico. Anche nel fatto sociale, se le popolazioni diventano sovrappopolazione assoluta si inventa un reddito e una pensione di cittadinanza, la quale riconosce il fatto che tenere i vecchietti al lavoro impedisce di trovare un'attività lavorativa alle nuove generazioni. Sul sito BIN Italia, hub italiano della rete del Basic Income, è possibile trovare news sul reddito di base. Esperimenti sono in corso o in progetto in Corea del Sud, dove è nato il partito del reddito di base, in Giappone, ma anche negli Usa dove Andrew Yang, candidato alle presidenziali per i democratici, propone un reddito incondizionato di mille dollari per tutti. Il capitalismo costretto a negare sé stesso cerca dei rimedi per ritardare la catastrofe.

Dal 2008 sono passati oltre 10 anni, stiamo vivendo una crisi gigantesca da cui il capitalismo non si è ripreso e milioni di persone scendono in piazza. Nel contesto del marasma sociale dilagante possiamo vedere anche quanto accade in Italia, con le cosiddette sardine. È sbagliato sia affermare che si tratta di un movimento pilotato e inventato dal Pd sia scervellarsi su come portarlo "a sinistra". E' interessante vedere il contesto sociale in cui si sviluppano gli avvenimenti. Le piazze globali attirano milioni di atomi sociali, evidentemente alla ricerca di qualcosa. Il movimento delle sardine, nato a Bologna il 14 novembre 2019, nel giro di due mesi ha riempito tante piazze. Naturalmente caratterizzandosi come antifascista, antirazzista, pacifista ed in difesa della Costituzione.

Il cervello sociale sperimenta dei percorsi per trovare soluzioni, prima o poi ne emergeranno di radicali, che voltano le spalle all'esistente. Dovranno mettersi in moto processi autocatalitici che portano da un ordine ad un ordine superiore. Da mesi le rivolte non accennano a fermarsi. In Libano migliaia di dimostranti sono tornati in piazza al grido di "Revolution", tentando di accedere al Parlamento. La polizia ha risposto con cannoni ad acqua e lacrimogeni, oltre 400 i feriti. Per le strade di Beirut si utilizzano gli stessi ombrelli visti ad Hong Kong e i laser utilizzati in Cile. Una generazione globale che utilizza gli smartphone, i social, è a conoscenza di quanto avviene nel resto del mondo. In Iraq nei giorni scorsi sono state bloccate importanti vie di comunicazione con i blocchi stradali che hanno riguardato la fondamentale arteria tra Nassiriya e Baghdad. In Cile continuano le manifestazioni e gli scontri. Il 21 gennaio c'è stato lo sciopero generale anche in Colombia, sintomo di un disagio che attanaglia le società. Manifestazioni oceaniche sono avvenute lo scorso 19 gennaio ad Hong Kong, dove si sono registrati violenti scontri con le forze di polizia. Al netto delle peculiarità si tratta di un unico fenomeno mondiale.

The Guardian è uscito con un articolo, "One in four countries beset by civil strife as global unrest soars", che riprende uno studio secondo cui una nazione su quattro ha sperimentato un aumento del marasma sociale nel 2019. Per il 2020 si prevede un acutizzarsi del fenomeno con altri 75 paesi che saranno coinvolti tra cui la Cina, la Turchia, l'Arabia Saudita, la Russia e la Thailandia. Secondo il quotidiano inglese le cause vanno dalla disuguaglianza economica, alla perdita dei diritti civili e politici, alla non affidabilità delle élite politiche, fino alla corruzione generalizzata. A questo studio si può associare l'ultimo Rapporto Oxfam sulla polarizzazione della ricchezza: duemila anonimi miliardari sono più ricchi di 4,6 miliardi di persone, meno dell'1% che aveva lanciato Occupy Wall Street. Ma ciò "obbedisce" a una legge fisica che riguarda il funzionamento di questo modo di produzione, funzionamento che non è dovuto al malgoverno e non si può invertire. Il capitalismo non è eterno, il marasma sociale sta diventando sincronizzato e globale, ma soprattutto può acquisire forme "intelligenti". L'instabilità permanente fa sì che velocemente mancheranno gli approvvigionamenti alle metropoli, sarà impossibile condurre una vita "normale", la catastrofe apre perciò le porte a nuove strutture sociali. Quando tutti i paesi saranno interessati da disordini più o meno estesi, o forse anche prima, dovrà riproporsi un organismo planetario che lotti per una società radicalmente diversa.

In chiusura un compagno ha segnalato la rivista dei gesuiti "La Civiltà Cattolica" ("La rivista più antica in lingua italiana, dal 1850"), che pubblica, ogni quindici giorni, un quaderno su svariati argomenti. Nell'ultima pubblicazione, il quaderno 4070 del 18 Gennaio 2020, si affronta, tra gli altri, il tema dell'intelligenza artificiale e dei Big Data, i quali porterebbero ad una ulteriore emarginazione dei poveri. Al tempo stesso, abbastanza rapidamente, l'IA sta modellando la società, dal flusso di merci e informazioni, al modo in cui votiamo, a come accediamo ai servizi finanziari, fino al modo in cui apprendiamo.

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    Assicurazioni sulla solidità del castello di carta della finanza sono state elargite anche quando è scoppiata la crisi dei mutui subprime nel 2008, eppure da allora il mondo non si è più ripreso. Nell'articolo "Non è una crisi congiunturale", pubblicato quell'anno (rivista n. 23), scrivevamo che ogni proiezione prevedeva il ripresentarsi di una crisi catastrofica entro un paio di decenni. Se aggiungiamo gli eventi che si sono verificati in seguito, come la Primavera araba, la crisi degli Stati, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ne deduciamo che il sistema si sta sgretolando.

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Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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