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  • Resoconto teleriunione  16 giugno 2020

Accumuli di energia

La teleconferenza di martedì sera, presenti 26 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo le manifestazioni in corso in tutto il pianeta, notando come esse mostrino con sempre maggior evidenza caratteri e dinamiche simili.

Negli Usa proseguono le mobilitazioni che vanno genericamente sotto il nome di Black Lives Matter, alimentate dalle uccisioni quasi quotidiane di afroamericani da parte della polizia. Il movimento ha iniziato a demolire le statue di colonizzatori o razzisti, provocando la reazione dei suprematisti bianchi che in alcuni casi si sono schierati armati a difesa dei monumenti. Ad Albuquerque, in New Mexico, durante l'abbattimento della statua di un "conquistador" da parte di un gruppo di antirazzisti, un "vigilantes" ha ferito a colpi di armi da fuoco un manifestante. Anche in Inghilterra, a Londra, nello scorso week end si sono verificati scontri di piazza tra nazionalisti, polizia e attivisti di Black Lives Matter.

Negli stati federati crescono intanto le zone autonome, come quella di Seattle. Nuove aree "liberate" sono nate a Nashville, Ashville, Chicago e Philadelphia. Per ora non si sa molto di quanto accade in queste autonomous zone, anche se dalle informazioni che circolano in rete sembra si tratti di esperimenti che si inseriscono nel solco tracciato da Occupy Wall Street. La Capitol Hill Autonomous Zone (#Chaz) di Seattle si autogestisce e si ritiene altra cosa rispetto allo stato, avvisando chiunque entri nell'area che sta lasciando il territorio degli Stati Uniti d'America. Su Twitter si trovano immagini di membri del servizio d'ordine della Chaz armati, una forma di radicalizzazione rispetto a OWS, che è stata un'esperienza tutto sommato pacifica. Anche alcune manifestazioni antirazziste sono state aperte da cordoni di manifestanti armati, come nel caso di Atlanta, dove un corteo ha visto in prima linea militanti delle Black Panthers.

Negli Stati Uniti la situazione sociale era già tesa prima del caso George Floyd, la cui morte per mano della polizia ha rappresentato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. L'abbattimento delle statue dei colonialisti è sia un fattore che un prodotto di polarizzazione sociale. Mentre le mobilitazioni sono estese e persistenti in tutto il paese, alcune sigle sindacali hanno lanciato in solidarietà a Black Lives Matter un appello allo sciopero generale lo scorso 12 giugno e uno alla chiusura dei porti della West Coast per venerdì 19 giugno, il Juneteenth, giornata in cui in molti stati americani si celebra la fine della schiavitù.

Gli scontri di queste ultime settimane nelle maggiori metropoli statunitensi sono un'anticipazione di un potenziale scenario di aperta guerra civile. Prendiamo ad esempio lo strano fenomeno denominato boogaloo movement: si tratta di persone bianche e armate che auspicano una seconda guerra civile americana; non costituiscono tanto un "movimento", né un qualcosa di incasellabile con le vecchie categorie destra-sinistra, e sembra che alcuni di loro siano scesi in strada armati durante le manifestazioni in seguito alla morte di George Floyd in solidarietà a Black Lives Matter (alcuni giornalisti parlano di infiltrazioni).

Scontri e violenze non cessano nemmeno in Francia, dove in migliaia scendono in strada per ricordare Adama Traoré, un giovane banlieusard ucciso durante l'arresto nel luglio 2016 nella regione di Parigi; o in Libano, paese economicamente allo stremo; e in Cile, ad Hong Kong, e a San Paolo in Brasile, dove un quindicenne è stato ucciso dalla polizia. Mobilitazioni e rivolte vedono all'opera movimenti non rivendicativi, che si scagliano contro lo stato e il suo braccio armato. A Parigi, lo scorso 16 giugno la manifestazione del personale ospedaliero si è conclusa con violenti tafferugli con le forze dell'ordine. Ormai, è difficile capire dove inizino le proteste di coloro che chiedono giustizia per un ragazzo ucciso dagli sbirri, e dove finiscano quelle dei gilet gialli o di gruppi di lavoratori in lotta. Un disagio sociale profondo spinge deterministicamente i manifestanti allo scontro, a prescindere dalle motivazioni per cui "scelgono" di scendere in piazza.

Tutto questo accade in un periodo di pandemia che ha provocato la chiusura di attività produttive e commerciali, le cui conseguenze acuiscono la miseria sociale. Nel periodo di lockdown l'e-commerce ha avuto un balzo del 103%. Il commercio online sta cancellando tutta una serie di attività economiche, con relativa liberazione di lavoro umano. Alcuni osservatori fanno notare che la crescita di tale settore sta facendo sparire quel cuscinetto sociale rappresentato da bottegai e piccoli esercenti, che ora andranno ad ingrossare le file del proletariato. Insomma, sempre più ricchezza si concentra in sempre meno mani.

Ciò che dobbiamo sempre tenere a mente è l'irreversibilità dei processi storici, come il dentifricio che una volta uscito dal tubetto non può rientrarci o come un'asse di legno che si spezza sotto un peso crescente. Le manifestazioni e gli scontri non sono comprensibili se si resta sul piano della sovrastruttura, dei cartelli alzati e degli slogan urlati, o di quello che dicono i manifestanti di loro stessi: a mettere in movimento gli "atomi sociali" è la struttura economica, oggi in profonda crisi a causa dalla negazione della legge del valore-lavoro (in seguito all'automazione dei processi produttivi). La società capitalistica è un contenitore che non corrisponde più al suo contenuto: l'entropia del sistema, lo sciupìo, la vita senza senso: tutto si lega e, di fronte all'emergere di una forma sociale con una resa maggiore, la società capitalistica è condannata all'estinzione.

Nella newsletter "Rivolta contro la legge del valore" dello scorso 31 dicembre scrivevamo di incendi sociali del tutto sproporzionati rispetto alla scintilla che li fa esplodere (corruzione, aumento del biglietto della metro, ecc.). Quello che infiamma le piazze globali è un movimento unico, come unica è la dinamica di crisi del capitalismo senile che noi, per comodità, discretizziamo appuntando date, località e nomi. La storia è un continuum punteggiato da eventi che gli uomini "scelgono" al fine di periodizzarla secondo criteri utili. Ad esempio, la crisi del 2008, iniziata con il crack dei mutui subprime, è stata solo un episodio di una crisi che è in corso da decenni, e che la nostra corrente indaga almeno dagli anni Cinquanta ("Il corso del capitalismo mondiale", serie di articoli comparsi su Il programma comunista dal 1956 al 1958).

Ci sono accumuli continui di energia che trovano soluzione di tipo discontinuo, e le cause superficiali che producono l'esplosione sociale possono essere le più disparate: un atto di violenza della polizia, la chiusura di una fabbrica, o magari lo sblocco dei licenziamenti nell'emergenza Covid-19. Di sicuro, anche in Italia vedremo situazioni sociali analoghe a quelle che si manifestano nel resto del mondo. E comunque, anche in assenza di grandi movimenti di lotta, procedono inesorabili il collasso dello Stato, la disgregazione del sistema dei partiti e la perdita di forza dei sindacati tricolore. La rivoluzione in corso prepara il terreno per l'avvento di una società completamente diversa, anche senza cortei, manifestazioni e canti di lotta. Come diceva Marx: il capitalismo è il peggior nemico di sé stesso. Il fatto che in Italia non si siano verificati grandi scontri sociali come in Francia è motivo di preoccupazione per la borghesia, perché quando ci sarà, il botto sarà più forte. Repubblica sta pubblicando lo speciale "Se lo schiavo sei tu", in cui affronta la situazione esistenziale di circa quattro milioni di precari che tirano avanti facendo lavoretti nei call center oppure i fattorini per il food delivery, in condizioni di moderna schiavitù. Questi milioni di "schiavi" sono la fotografia di una generazione con l'acqua alla gola: senza contratti, senza posti di lavoro e senza garanzie all'interno della presente forma sociale. I dati diffusi dall'Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro dicono che a fine 2019 il reddito di cittadinanza ha raggiunto oltre 2 milioni di persone e che solo in 40mila hanno trovato un lavoro. Nel frattempo, anche a causa del lockdown, i "senza riserve" che hanno i requisiti per accedere alla misura di sostegno economico sono aumentati notevolmente.

Se c'è la controrivoluzione vuol dire che la rivoluzione è in marcia, ed essa distrugge pezzo per pezzo i pilastri che tengono in piedi il sistema, liberando ampi strati di proletariato dal peso storico delle rivendicazioni entro questa società. Un'altra importante disgregazione in corso è quella del blocco monolitico dello stalinismo e dei gruppetti che ad esso si richiamano. Tuttavia, a differenza degli Usa, in Europa e, nello specifico, in Italia, esiste ancora una sedimentazione ideologica che pesa come una cappa di piombo su ogni ipotesi di cambiamento. Appena ci sarà un accenno di scontro sociale rispunteranno nuovi e vecchi pompieri sociali, travestiti da rivoluzionari, pronti a lanciare parole d'ordine sulla democrazia, i diritti, ecc.

In chiusura di teleconferenza, abbiamo fatto il punto sulla pandemia: sono ormai 8 milioni nel mondo i contagiati e circa 450mila i morti a causa del Covid-19 (registrato un boom di infetti tra i giovani). Paesi come Brasile, India, Bangladesh, Pakistan vedono le curve dei casi impennarsi e hanno sistemi sanitari al collasso. La pandemia è quindi tutt'altro che sotto controllo e le classi dominanti ammettono che è necessario sacrificare le popolazioni per salvaguardare il profitto.

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Rivista n°52, dicembre 2022

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Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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