Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  23 giugno 2020

Sentirsi parte dell'arco storico millenario

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 23 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo i nuovi focolai di Covid-19.

In Germania, nel Nord-Reno Westfalia, è stato messo in lockdown il distretto di Guetersloh in seguito alla scoperta di centinaia di contagiati tra i dipendenti del mattatoio dell'azienda Tönnies. Nei luoghi in cui si macella la carne le temperature sono sempre molto basse e costituiscono l'ambiente ideale per la proliferazione dei virus. Inoltre, i lavoratori dell'azienda tedesca, per lo più immigrati, lavorano e vivono in condizioni bestiali, ammassati a decine in appartamenti con un solo bagno (Corriere della Sera , 23 giugno 2020, "Coronavirus, in Germania riscatta il lockdown per 560.000 persone dopo il focolaio nel mattatoio Tönnies")

Anche in Portogallo l'aumento del numero dei malati ha portato il governo a chiudere nuovamente la regione di Lisbona, la più piccola ma la più popolosa del Paese, che negli ultimi giorni ha registrato picchi di contagio. La pandemia è tutt'altro che sotto controllo, soprattutto negli Stati Uniti e in America Latina dove i numeri continuano a salire: in Brasile sono stati superati il milione di casi e i morti sono 50mila. Si aggiungono poi le nuove ondate di contagi in Corea del Sud e Cina. A Pechino è stato scoperto un focolaio in un mercato e diversi distretti della capitale sono stati messi in lockdown.

La crescita geometrica del numero dei casi di Covid-19 è impressionante: per raggiungere i primi centomila contagi sono occorsi tre mesi, per raggiungere i secondi centomila solo 12 giorni, per i terzi centomila quattro giorni, e attualmente se ne registrano circa 160mila ogni giorno. L'OMS ha modificato le linee guida per il contenimento della pandemia, ed ora per certificare l'assenza del virus non sono più necessari due tamponi negativi a distanza di 24 ore, ma bastano tre giorni senza sintomi. Come fanno notare diversi virologi, queste indicazioni non sono per niente prudenti; evidentemente sono in corso pressioni politiche che spingono in secondo piano il rigore scientifico. Sono diversi i paesi che non riescono a gestire la diffusione dell'infezione, e che registrano curve di crescita ancora ad andamento esponenziale (ad esempio Brasile, Pakistan, India); ciononostante, la borghesia preme per riattivare l'economia, per consentire alle attività economiche di andare avanti e ai proletari di continuare ad essere sfruttati.

Dai test sierologici è emerso che il virus è circolato in maniera molto più estesa e molto più precoce di quanto rilevato dai vari sistemi sanitari nazionali. Non bisogna confondere il tasso di letalità, che rapporta il numero dei morti con quello degli infetti (e può essere falsato dal numero di tamponi eseguiti), con quello di mortalità, che è invece il rapporto tra la cifra dei malati deceduti e la popolazione complessiva di un paese. Secondo il Financial Times, il numero di morti in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente è del 60% per l'Inghilterra e la Spagna, del 50% per l'Italia. In generale, a parte mortalità e letalità, gli effetti del virus non sono ancora del tutto chiari: chi è rimasto infetto ma è sopravvissuto accusa ripercussioni profonde a livello polmonare, e non solo. La pandemia ha messo però in evidenza problematiche legate alla precedente condizione psicofisica delle popolazioni, il cui sistema immunitario è risultato malmesso probabilmente in seguito a decenni di assunzione di antibiotici e farmaci vari. Il capitalismo preferisce non far morire, ma nemmeno far guarire, così da poter vendere le sue merci/medicine.

Diversi fattori si stanno sovrapponendo, lasciando presagire l'avvicinarsi di una tempesta perfetta: bassa produzione, calo dei consumi, crescita del debito e finanziarizzazione dell'economia (vedi relazione "sul debito" tenuta nell'ultimo incontro redazionale). In questi giorni si sono riaccesi gli scontri in Tunisia, che sono sfociati in una giornata di sciopero generale a Tataouine. L'UGTT, il maggiore sindacato del paese, ha manifestato contro l'eccessivo uso della forza da parte della polizia, la quale ha attaccato i sit-in di giovani disoccupati in denuncia alla situazione di miseria vissuta dalla popolazione. Anche il Messico potrebbe presto precipitare nel caos sociale data la rapida crescita dei casi di Covid-19. Città del Messico, la sua capitale, è una metropoli con oltre 20 milioni di abitanti e possiamo immaginare cosa significherebbero l'interruzione delle catene di rifornimento e lo scoppio di disordini e rivolte. Il sociologo Mike Davis nel libro Il pianeta degli slum aveva intravisto la problematica, traendone una previsione che oggi appare ottimistica. Alla verifica sperimentale della legge della miseria crescente, contiamo milioni di esseri umani senza alcuna riserva, nel pieno di una transizione di fase epocale che secondo alcuni antropologi potrebbe causare svariati milioni di morti.

Negli Stati Uniti la situazione sociale è ancora in subbuglio, continuano gli omicidi da parte della polizia e le manifestazioni di Black Lives Matter. In Francia da qualche tempo sta circolando un video in cui si vedono alcuni agenti che uccidono un rider, bloccandolo a terra con gli stessi metodi che hanno portato alla morte di George Floyd; nei giorni scorsi a Nantes c'è stata una manifestazione molto partecipata contro la violenza da parte delle forze dell'ordine. Dall'Europa alle Americhe, il nemico delle piazze è sempre la polizia, volto immediato dello Stato. Al di là di quello che dicono i manifestanti, superato un certo livello di sopportazione si "attiva" una rete di relazioni entro cui un evento può far scattare o meno la soglia di reazione di chi si trova in prossimità dell'evento stesso. Se questa scatta in un singolo, aumenta la probabilità che scatti anche in un altro. Da mesi la soglia di reazione si è notevolmente abbassata e le rivolte si sono moltiplicate in tutto il mondo.

In chiusura di teleconferenza, si è parlato della relazione "Che fine farà lo stato?" presentata durante l'incontro redazionale di giugno. La riunione è stata un ulteriore sviluppo del lavoro sullo stato e si è soffermata in particolare sulla dinamica di questa forma nel tempo e sulla differenza tra abolizione (concetto caro agli anarchici) ed estinzione (delineata da Engels in L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato).

A proposito del passaggio storico dal comunismo allo stato e dallo stato al comunismo, è stato introdotto lo schema del "cono di luce" di Minkowski, in cui la parte inferiore (passato) contiene tutte le configurazioni degli eventi che hanno preparato le configurazioni della parte superiore. Lo stato, strumento di dominio di classe, verrà meno quando verranno meno le cause che l'hanno prodotto: nato per coordinare gli sforzi di una società in transizione verso una forma di maggiore efficienza, esso morirà nel corso di una transizione analoga, quando nel passaggio dal capitalismo al comunismo la scomparsa delle classi e l'altissimo rendimento sociale lo renderanno inutile.

E' importante conoscere la genesi delle categorie odierne per poterle superare. Sentirsi parte dell'arco millenario che collega le grandi epoche storiche è fondamentale per chi si richiama al comunismo perché, come detto in "Dottrina dei modi di produzione" (1958):

"Non può accampare pretesa a chiamarsi dialettico e marxista chi non sa leggere, ogni qualvolta si discute del passaggio da precapitalismo a capitalismo, i taglienti enunciati del passaggio da capitalismo a comunismo, che sono tutti capiti e addotti a rovescio non solo dagli opportunisti delle varie storiche ondate (per i quali il comunismo trae la maggioranza dei suoi connotati da 'immarcescibili conquiste' del tempo capitalista) ma anche dai gruppetti delle sinistre eterodosse che nelle loro storture svelano ad ogni tratto la loro soggezione reverenziale per i 'valori' capitalistici di libertà, civiltà, tecnica, scienza, potenza produttiva - termini tutti che noi, con Marx originario e uscito dal getto incandescente della fornace rivoluzionaria, non vogliamo ereditare, ma spazzare via con odio e disprezzo inesausti."

Articoli correlati (da tag)

  • Un mondo sempre più disintegrato

    La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 17 compagni, è iniziata riprendendo il tema della guerra, con particolare attenzione a quello che sta succedendo in Sudan e alle cause generali che hanno portato allo scoppio del conflitto.

    La rivista Limes, nell'articolo "Prove di guerra per procura (anche) in Sudan", afferma che "lo scontro in atto nel paese africano è un tassello della tumultuosa transizione verso un nuovo ordine mondiale". Sarebbe più corretto dire nuovo disordine mondiale. Cina, Russia e Stati Uniti hanno interessi nel paese e sono presenti, mentre Onu e Unione Europea sono politicamente assenti. Il Sudan ha una popolazione di 48 milioni di abitanti, è il terzo paese più popoloso del continente africano e ha un'estensione di oltre 1,8 milioni kmq (circa 6 volte l'Italia). Ha una posizione geopolitica importante, poiché si affaccia sul Mar Rosso in un tratto che collega i paesi arabi con quelli africani, e per la disponibilità di materie prime (acqua, petrolio, oro). Non è troppo distante da Gibuti, dove ci sono le basi militari di Italia, Cina, Francia, Stati Uniti, Giappone, Arabia Saudita. Pochi mesi fa aveva dato il via libera alla costruzione di una base navale russa sul proprio territorio.

    Secondo l'Espresso, "la guerra in Sudan rischia di far collassare l'Africa". Nell'articolo "Marasma sociale e guerra" avevamo visto che già nel 2011 diversi paesi (Egitto, Siria, Libia) erano stati travolti da moti di piazza, in alcuni casi evoluti in guerra civile. A partire dal 2019, il Sudan è stato teatro di manifestazioni di massa che hanno contribuito alla cacciata del presidente Omar al-Bashir, al potere da oltre trent'anni, e poi di un golpe dell'esercito che però non ha risolto la situazione. In un quadro di instabilità generale proliferano le guerre civili. Esse diventano endemiche in quanto le cause che le generano sono molteplici: migrazioni, siccità, crisi economiche e politiche, mutati assetti internazionali.

  • Dinamica di classe

    Durante la teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo parlato del Primo Maggio nel mondo con particolare riferimento a quanto successo in Francia.

    Nel paese vi sono state manifestazioni in più di 200 città e si stima siano scesi in piazza circa 2,5 milioni di persone. Secondo quanto dichiarato dal ministro dell'Interno Gérald Darmanin, sono stati 540 i manifestanti fermati e 406 i poliziotti feriti durante la mobilitazione, che si inserisce in un contesto di scioperi e lotte contro la legge sulle pensioni in corso da mesi. Sulla spinta della base, i sindacati francesi sono stati costretti a muoversi unitariamente, si è dunque costituita una struttura intersindacale che ha indetto la quattordicesima giornata di protesta per il prossimo 6 giugno.

    Nei video che circolano in Rete si nota l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine di mezzi e tecniche di guerra, ad esempio i droni. Ma strumenti del genere sono stati usati dagli stessi manifestanti che hanno usato aeromobili a pilotaggio remoto per controllare i movimenti dell'avversario (come successo a Varsavia al tempo delle manifestazioni di Occupy). La polizia francese, oltre a lacrimogeni, spray urticanti e proiettili di gomma, fa ampio uso di granate esplosive che sono classificate come armi da guerra. Durante le recenti manifestazioni ecologiste contro il bacino idrico di Sainte-Soline, due persone sono finite in coma e centinaia sono rimaste ferite.

  • Accelerazione storica

    La teleriunione di martedì sera, connessi 14 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardanti quanto discusso negli incontri precedenti in merito alla competizione sino-americana nel contesto della guerra globale.

    Partendo dalla visione del video "USA contro Cina. La sfida del secolo vista da Pechino" (Giorgio Cuscito, analista di Limes), possiamo approfondire alcuni aspetti inerenti a ciò che i borghesi chiamano "geopolitica". Di questa nuova scienza, nata dalla constatazione che particolari aree geostoriche determinano i comportamenti dei vari attori statali e politici, se ne parla nel filo del tempo "Il pianeta è piccolo" (1950): "Essa [la geopolitica] vuole studiare la geografia del pianeta nei suoi incessanti mutamenti per effetto del soggiorno e dell'opera dell'uomo. È un ramo di scienza che ha capito che le leggi dei fatti storici non si scoprono nelle tracce che hanno lasciato nel cervello dell'individuo ma nella fisica reale degli oggetti ponderabili."

    Riguardo il rapporto USA/Cina abbiamo ripreso alcune mappe di Limes che schematizzano la strategia di contenimento americana. Lo stretto di Malacca, che separa l'isola indonesiana di Sumatra dalla costa occidentale della penisola malese e mette in collegamento l'Oceano Pacifico con l'Oceano Indiano, è da secoli un hub strategico per le rotte commerciali. Il canale è sotto il controllo degli Americani, che hanno schierato armi e attrezzature a Singapore. In caso di aumento della tensione nell'area, la sua chiusura potrebbe avere importanti ripercussioni a livello commerciale (di lì passa il 40% del commercio mondiale), soprattutto per la Cina. Un altro aspetto a cui prestare attenzione è il programma cinese noto come "Obiettivo 2049": per i cento anni della nascita della Repubblica Popolare Cinese, Pechino si è posta l'obiettivo di annettere Taiwan. Durante l'ultimo congresso del PCC, il presidente Xi Jinping ha dichiarato che non è da escludere in assoluto l'uso della forza per riprendersi l'isola.

Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

Rassegna: L'ennesima conferenza sul clima - Polarizzazione crescente - Pericolose tempeste"

Recensione: Gaia, le macchine autoreplicanti e l'intelligenza collettiva

Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email