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  • Resoconto teleriunione  9 giugno 2020

Disgregazione a tutti i livelli

La teleconferenza di martedì sera, connessi 27 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo la situazione negli Usa ed in particolare le manifestazioni in corso, partendo dal nostro volantino "Portaerei agli ormeggi?".

Il contesto che si è venuto storicamente a determinare negli Stati Uniti vede la popolazione americana affrontare una sorta di colonizzazione interna, dato che in milioni si ritengono prigionieri di uno Stato che percepiscono come nemico. Almeno dall'epoca della deregulation di Reagan, è iniziato un progressivo assottigliamento della middle class (che è costituita anche da elementi della working class, dato che lì la posizione sociale è calcolata sulla base del reddito), e ciò ha rappresentato un duro colpo alle basi economiche e sociali della società statunitense, mettendone a repentaglio l'equilibrio interno. Nel filo del tempo, "Imperialismo vecchio e nuovo" del 1950, si afferma che:

"Il capitalismo deve cedere a forme di più alta resa economica oltre che per le sue infinite conseguenze di oppressione, distruzione e di strage, per la sua impossibilità ad 'avvicinare gli estremi delle medie' non solo tra metropoli e paesi coloniali e vassalli, tra zone progredite industriali e zone arretrate agrarie o di agricoltura primordiale, ma soprattutto fra strato e strato sociale dello stesso paese, compreso quello dove leva la sua bandiera negriera il capitalismo più possente ed imperiale."

La miseria relativa crescente (i redditi bassi crescono meno di quelli alti) rende impossibile "avvicinare gli estremi delle medie", ed è questa la molla che ha fatto scattare l'ultima ondata di manifestazioni globali, etichettate, come quelle precedenti, #BlackLivesMatter.

A Seattle, nello stato di Washington, è stata occupata Capitol Hill, un'ampia area nel centro della città. La zona è stata chiusa con barricate e all'interno i manifestanti si sono organizzati in stile Occupy, piantando le tende, distribuendo beni di prima necessità e coordinando le varie attività. In generale, uno degli elementi più importanti che abbiamo osservato è la persistenza di manifestazioni in tutto il mondo che, a prescindere dalle motivazioni che le fanno nascere, sono indice di un disagio esteso e profondo ("Una vita senza senso"). Inoltre, rispetto all'inizio delle mobilitazioni c'è stato un cambiamento significativo: dall'occupazione di una piazza per trovare un luogo dove potersi organizzare, si è passati ad occupare spazi perché si è già organizzati. Come afferma Marx nei Manoscritti del 1844, gli operai, incontrandosi al fine di risolvere problemi immediati, "si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del bisogno di società, e ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo". E' come se le manifestazioni in corso a livello globale fossero alla ricerca di una maggiore efficienza. Se in America rinascerà un movimento tipo Occupy Wall Street, molto probabilmente non si fermerà al livello raggiunto dal suo predecessore nel 2011/12 perché, nel frattempo, le contraddizioni sociali sono cresciute notevolmente.

L'occupazione stabile di piazze ha interessato i movimenti di diversi paesi: Spagna, Usa, Egitto, Turchia, Sudan, Iraq. Un luogo fisico non è però sufficiente contro la forza dello Stato: bastano un po' di ruspe e qualche blindato per sgomberare velocemente gli accampamenti, così come è successo a suo tempo a Zuccotti Park. Ma occupando le piazze, anche per breve tempo, i partecipanti si conoscono, si organizzano, accumulano informazione ed esperienza. Altri movimenti, invece, non hanno occupato luoghi fisici ma hanno inondato le piazze e le strade scontrandosi violentemente con la polizia (Cile, Ecuador e Francia). In questo caso, dato che il confronto con le forze della repressione non può durare a lungo, i manifestanti fanno in modo di dare estrema mobilità allo scontro. Occupare le piazze o ribellarsi all'ordine costituito è parte di un'unica dinamica, prodotta dalla crisi storica dei rapporti di valore, che dimostra però l'impossibilità di andare oltre lo stato di cose presente in mancanza del partito rivoluzionario, l'unico elemento in grado di rovesciare la prassi.

Le immagini degli scontri e dei saccheggi negli States sono molto simili alle immagini provenienti da Beirut, da Santiago oppure da Hong Kong, e le tattiche di comunicazione adottate dai manifestanti sono simili ovunque. Per proteggersi dai candelotti lacrimogeni sparati dalla polizia gli occupier di Capitol Hill hanno utilizzato espressamente gli ombrelli, simbolo di Occupy Hong Kong. Nonostante l'ambiguità dell'antirazzismo che anima le piazze americane, in questi giorni c'è stata una risposta internazionale alla rivolta a stelle e strisce. Si tratta di processi di autorganizzazione che non tarderanno ad assumere caratteri politici, riguardanti il programma e le finalità. La polarizzazione politica è il portato di una polarizzazione economica e sociale, e cioè del fatto che larghi strati di popolazione hanno non solo problemi di sussistenza, ma anche di tipo esistenziale e sanitario. Vedi ad esempio la pandemia da Coronavirus con cui, ci dicono ora i vari governanti, bisogna convivere. In Italia, uno dei provvedimenti suggeriti al governo dalla task force presieduta da Vittorio Colao, manager di esperienza internazionale, prevede che gli imprenditori vengano sollevati da ogni responsabilità penale rispetto a possibili contagi da Covid-19 avvenuti nelle loro aziende. In Italia durante il lockdown fabbriche e magazzini non si sono mai fermati e circa 12 milioni di persone hanno continuato a lavorare, nonostante le migliaia di contagi tra i lavoratori.

La borghesia ha sempre più difficoltà a far funzionare il suo sistema, anche perché in termini percentuali l'interscambio mondiale è al livello del 1913; il movimento di capitali vede lo scambio di merci contare per il 4%, mentre tutto il resto rimane sul piano di strumenti finanziari; la disoccupazione, dagli anni '80 ad oggi, non ha fatto che aumentare (seppure da anni venga calcolata facendo risultare occupato chiunque lavori anche solo qualche ora a settimana); il debito pubblico è a livelli stratosferici. Il debito privato degli Usa è il doppio rispetto al PIL nazionale, che per il 45% è costituito dai profitti su brevetti e diritti. In Italia, gli impianti industriali sono utilizzati al 70% e ciò significa che non si riescono a sfruttare gli stessi investimenti. Insomma, quello d'oggi è un capitale asfittico, in grave affanno almeno dal 2008.

Questa condizione si riflette sulla sovrastruttura politica di classe che, un po' dappertutto, sta collassando. L'ottimismo capitalistico non è più sostenibile e alcune frange della borghesia arrivano a riconoscere che questo modo di produzione non funziona più. Nei suoi testi Marx parla di potenziale non esistenza del capitalismo, e la nostra corrente, negli anni '50, scrive di una non esistenza effettiva. La causa non è certo un problema nella redistribuzione della ricchezza, ma un difetto di accumulazione: la legge del valore-lavoro si è inceppata. A forza di introdurre macchinari, capitale costante e scienza nei processi produttivi, il valore-lavoro incorporato in ogni merce prodotta è sempre più vicino allo zero e milioni di esseri umani risultano così eccedenti, diventando sovrappopolazione assoluta rispetto alle esigenze del capitale. Chissà cosa succederà in Italia (e altrove) nei prossimi mesi quando scadranno le misure adottate per far fronte alle conseguenze economiche dovute al lockdown: divieto di licenziare, cassa integrazione e sostegno ai disoccupati.

La borghesia, invece di compattarsi per far fronte alla situazione, si disgrega, a tutti i livelli (da tempo i servizi segreti esprimono forte preoccupazione per la perdita di forza dei sindacati e dei partiti). La Germania ha registrato un crollo record della produzione industriale, l'economia italiana è in coma profondo, e la Spagna ha di fronte una caduta del PIL stimata dal 9% al 15%, con la disoccupazione al 24% nel corso dell'anno. Vorrà dire che la restante popolazione impiegata dovrà farsi carico di produrre plusvalore anche per chi è rimasto disoccupato.

Oramai è chiaro ai più che si sta aprendo uno scenario di forte tensione sociale, con scontri sociali di ampie dimensioni, anche nei paesi a vecchio capitalismo. Storicamente la borghesia ha potuto inglobare il proletariato nello Stato favorendo le istanze di riforma sociale, facendo cadere dal banchetto imperialistico le proverbiali briciole corruttrici, formando un'aristocrazia operaia e offrendo salari in grado di sostenere i consumi degli operai (casa, automobile, vacanze, ecc.). Il vecchio modello socialdemocratico garantiva una qualche prospettiva ai proletari, oggi tale modello non funziona più e larga parte della popolazione mondiale non ha alcun futuro se non al di fuori dall'attuale forma sociale.

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Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

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Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

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