Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  2 maggio 2023

Dinamica di classe

Durante la teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo parlato del Primo Maggio nel mondo con particolare riferimento a quanto successo in Francia.

Nel paese vi sono state manifestazioni in più di 200 città e si stima siano scesi in piazza circa 2,5 milioni di persone. Secondo quanto dichiarato dal ministro dell'Interno Gérald Darmanin, sono stati 540 i manifestanti fermati e 406 i poliziotti feriti durante la mobilitazione, che si inserisce in un contesto di scioperi e lotte contro la legge sulle pensioni in corso da mesi. Sulla spinta della base, i sindacati francesi sono stati costretti a muoversi unitariamente, si è dunque costituita una struttura intersindacale che ha indetto la quattordicesima giornata di protesta per il prossimo 6 giugno.

Nei video che circolano in Rete si nota l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine di mezzi e tecniche di guerra, ad esempio i droni. Ma strumenti del genere sono stati usati dagli stessi manifestanti che hanno usato aeromobili a pilotaggio remoto per controllare i movimenti dell'avversario (come successo a Varsavia al tempo delle manifestazioni di Occupy). La polizia francese, oltre a lacrimogeni, spray urticanti e proiettili di gomma, fa ampio uso di granate esplosive che sono classificate come armi da guerra. Durante le recenti manifestazioni ecologiste contro il bacino idrico di Sainte-Soline, due persone sono finite in coma e centinaia sono rimaste ferite.

Viene in mente il rapporto della NATO "Urban Operations in the Year 2020", prodotto dal gruppo di studio SAS 30 a cui partecipano, dal 1998, esperti di sette nazioni: Italia, Canada, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Stati Uniti. Nel documento gli analisti invitavano i governi ad utilizzare gradatamente l'esercito in funzione di ordine pubblico mano a mano che la crisi mondiale, ipotizzata per il 2020, si avvicinava. La lettura del testo ci ha dato modo di fare alcuni collegamenti con "Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe" (1946-1948), riguardo i "concetti di energia potenziale o di posizione e di energia cinetica o di movimento".

È una dinamica che cresce nel tempo quella dello scontro manifestanti/polizia in Francia, a partire quantomeno dall'apparizione sulla scena dei gilet jaunes. Il partito dei manifestanti comincia ad attrezzarsi e ad usare nuovi strumenti: così come in guerra, anche nelle piazze si può parlare di escalation con la messa in moto di andamenti sempre più violenti da ambo le parti. Abbiamo convenuto che sarebbe il caso di riprendere lo studio sul wargame per capire cosa potrebbe succedere un domani, e che tipo di indicazioni i comunisti dovrebbero dare in un contesto di acuta polarizzazione sociale. Se in Francia, o altrove, si avviasse uno sviluppo simile a quello descritto nella seconda parte dello studio ("Wargame. Parte seconda"), sarebbe destabilizzante sia per la polizia che per i sinistri perché metterebbe in discussione il solito tran-tran, trasformando la piazza in un punto di riferimento stabile: stiamo parlando della situazione che verrebbe a crearsi con l'occupazione permanente di una Grande Piazza, come successo al tempo di Occupy Wall Street in America.

A proposito di Stati Uniti, si è verificato il crollo di una terza grande banca, la First Republic Bank di San Francisco. Si tratta del secondo maggior fallimento bancario nella storia degli USA. Nonostante le rassicurazioni dei politici dopo i casi Silicon Valley Bank e Signature Bank, ciò dimostra che la crisi degli istituti di credito americani non è per niente rientrata: in pochi giorni sono spariti dalle casse della banca di San Francisco cento miliardi di dollari, spostati altrove dai correntisti che hanno fiutato il crack. JPMorgan ha infine annunciato l'acquisizione della First Republic Bank, con l'aiuto della Federal Deposit Insurance Corporation (assicurazione pubblica che garantisce i depositi bancari). Riguardo al caso, Federico Rampini scrive sul Corriere: "Dietro la sua crisi ci sono una causa molto generale (l'aumento dei tassi d'interesse svaluta la montagna di titoli a reddito fisso custoditi nella pancia delle banche) ed una più specifica legata ai mutui immobiliari erogati dalla First Republic, in una fase di stress per il mattone." ("Tre crisi americane, o la tempesta perfetta: banche, debito, dollaro")

Il rischio è quello di un effetto domino, come visto nella crisi del 2008. Quando diciamo che il capitalismo riesce a risolvere i problemi nell'immediato ma solo spostandoli nel futuro e ingigantendoli, intendiamo proprio questo: il fiume di droga monetaria iniettato in questi anni nel sistema bancario lo sta portando all'overdose.

Dall'ultimo "Chief Economists Outlook" del World Economic Forum è emersa la possibilità che nel 2023 si verifichi una recessione globale. Alcuni economisti, a cominciare da Nouriel Roubini, lanciano l'allarme sul rischio stagflazione (stagnazione e inflazione) negli USA. La FED si trova in un vicolo cieco: deve alzare i tassi di interesse per frenare l'inflazione, ma così facendo mette a repentaglio la stabilità finanziaria. Il paese potrebbe andare in default tecnico entro il 1° giugno se il Congresso non riuscirà a mettersi d'accordo sull'aumento del tetto del debito pubblico, che ogni anno è sempre più alto.

Siamo poi passati a parlare di Intelligenza Artificiale, partendo dalla notizia delle dimissioni dello scienziato informatico Geoffrey Hinton (considerato uno dei "padrini" dell'IA) da Google, che fa il paio con la moratoria di sei mesi sullo sviluppo dell'IA firmata da Elon Musk e altri mille tra luminari ed esperti del settore. Il timore di Hinton è che le chatbot diventino più intelligenti degli uomini e vadano fuori controllo: "In questo momento, quello che stiamo vedendo è che cose come GPT-4 oscurano una persona nella quantità di conoscenza generale che ha e la oscura di gran lunga. In termini di ragionamento, non è così buono, ma fa già un semplice ragionamento. E dato il ritmo dei progressi, ci aspettiamo che le cose migliorino abbastanza velocemente. Quindi dobbiamo preoccuparcene", ha spiegato alla Bbc.

L'economista Santiago Niño-Becerra sostiene che di qui in avanti ci sarà sempre meno bisogno di lavoro umano e ricorda che nel 2010, durante una conferenza, Jeremy Rifkin disse che se l'evoluzione della tecnologia fosse continuata come negli ultimi 15 anni, ad un certo punto del XXI secolo per generare il 100% del PIL mondiale sarebbe bastato il 5% della popolazione. Secondo Goldman Sachs, l'IA generativa come ChatGPT potrebbe rendere superflui 300 milioni di posti di lavoro a livello globale ma, a differenza di quanto avvenuto in passato, anche i lavori qualificati e ad alta retribuzione sono a rischio. Se applichiamo la "nostra" teoria dello sciupio capitalistico per vedere com'è fatta la struttura del PIL, notiamo che sono conteggiate anche produzioni e servizi inutili o dannosi all'umanità. Perciò, in una fase di transizione dal capitalismo al comunismo, orientata ai bisogni di specie, potremmo ridurre drasticamente la giornata di lavoro (Punto "c" del Programma rivoluzionario immediato nell'Occidente capitalistico, 1952).

I critici di n+1 ci accusano di avere una visione automatica della rivoluzione, come se il capitalismo si autodistruggesse e il partito della rivoluzione sorgesse spontaneamente. Facciamo nostre le accuse e rilanciamo: il processo di autosoppressione del capitale è tutt'uno con il processo di crescita dell'antiforma. Riprendendo quanto scritto in "Danza di fantocci: dalla coscienza alla cultura" (1953), ricordiamo che la parola classe deriva dal latino classis, che era per i Romani la flotta, la squadra navale da guerra. Essenza del concetto è dunque il movimento e il combattimento. La classe, come il partito e la rivoluzione non sono realtà statiche (come nella classificazione di Linneo) ma dinamiche, facce differenti di un unico processo.

Lo sviluppo tecnologico aumenta la forza produttiva sociale ed elimina lavoro umano, e con ciò distrugge la base su cui poggia il capitalismo (sistema del lavoro salariato). Per chi non è accecato dall'ideologia borghese, all'orizzonte è ben visibile la formazione di una nuova società: ci sono sempre più saggi di organizzazione futura comunistica, anche se il capitalismo è ancora dominante per mezzo degli Stati, della polizia e degli eserciti.

Articoli correlati (da tag)

  • Un mondo, un wargame

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo le recenti mobilitazioni pro-Pal alla luce dei nostri lavori sul wargame.

    In diverse parti del mondo sono in corso da mesi manifestazioni in solidarietà con la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. In Italia, durante lo sciopero generale del 3 ottobre, oltre due milioni di persone hanno preso parte ai cortei organizzati in più di 100 città, con 300 mila manifestanti solo a Roma. Secondo la CGIL, l'adesione media nazionale è stata intorno al 60%. Quando scendono in piazza così tante persone, a prescindere dalla motivazione ufficiale, vuol dire che c'è qualcosa nel sottosuolo sociale.

    La guerra ha fatto emergere un malessere che già covava all'interno della società. Da anni scriviamo che la spinta alla rivolta deriva dalla crisi storica del capitalismo, dall'inceppamento della legge del valore. A ciò si aggiunge un diffuso senso di insicurezza verso il futuro, avvertito in particolare dalle giovani generazioni che si trovano a fare i conti con la "vita senza senso", la precarietà, la miseria, la prospettiva della guerra (i politici parlano apertamente della necessità di reintrodurre la leva obbligatoria).

  • Un esercito di senza-riserve

    La teleconferenza di martedì è iniziata con il commento di due articoli dell'Economist sulla situazione della forza lavoro cinese.

    In "China's 200m gig workers are a warning for the world" si parla della più grande concentrazione al mondo di gig-workers, i 200 milioni di lavoratori precari cinesi. In Cina il capitalismo si è sviluppato molto rapidamente e circa il 40% della forza lavoro urbana è coinvolto nel processo di precarizzazione del lavoro, con salari spesso insufficienti per acquistare una casa e fare dei figli (nel paese il problema demografico è rilevante). Questa platea di lavoratori è la più avanzata al mondo e dimostra un'estrema facilità ad accedere alle piattaforme digitali, dato che il rapporto economico non è più con un datore di lavoro in carne ed ossa ma con applicazioni e software. La diffusione delle app, sia tra i consumatori che tra i lavoratori, è diventata molto importante in tutta l'Asia: l'Economist collega le lotte scoppiate nelle ultime settimane, ad esempio in Indonesia, ai fenomeni di trasformazione della forza lavoro, sottolineando come la carenza di buoni impieghi sia una delle ragioni per cui i giovani di diversi paesi dell'area si sono sollevati in protesta contro i loro leader politici.

    Le forme di lavoro occasionale e flessibile si sono estese al settore manufatturiero, dove milioni di lavoratori, circa un terzo del proletariato industriale, ricoprono impieghi on demand, su richiesta. A differenza della gig-economy occidentale, quasi interamente incentrata sui servizi, in Cina circa 40 milioni di lavoratori qualificati sono pagati a giornata o a settimana per lavorare in fabbrica. Secondo un'indagine di Zhang Dandan dell'Università di Pechino, nei più grandi complessi manifatturieri del paese i precari arrivano a costituire l'80% della forza lavoro. Parallelamente, stime semi-ufficiali indicano che circa 84 milioni di cinesi sono impiegati in aziende online, consegnando cibo e pacchi o guidando taxi.

  • Rivolte, marasma sociale e guerra

    La teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata con una breve presentazione del saggio Riot. Sciopero. Riot. Una nuova epoca di rivolte, scritto nel 2019 da Joshua Clover.

    Secondo lo scrittore e professore di inglese e letteratura comparata all'Università della California "Davis", a partire dal Medioevo si può ravvisare una dinamica storica che vede prima la rivolta, poi lo sciopero ed infine di nuovo la rivolta, ma in forma diversa rispetto alla fase iniziale.

    Nel testo si descrive come, fino al XIX secolo, lo scontro avviene principalmente nell'ambito della circolazione, dato che lì si trovano i beni necessari alla riproduzione. Successivamente, soprattutto con l'entrata in scena del proletariato, si rafforzano le forme di lotta più organizzate, le rivolte combaciano con gli scioperi, e il conflitto si manifesta per la maggior parte con l'interruzione organizzata del lavoro. A partire dalla fine degli anni 60' del secolo scorso, le forme di scontro si fanno sempre più incontrollabili (vedi riot negli USA): finita l'epoca di crescita industriale del capitalismo, l'accumulazione avverrebbe nella sfera della finanza, almeno nei paesi a capitalismo avanzato, dando così inizio ad una fase di espulsione della forza lavoro dalla produzione. Con lo scoppio della crisi industriale, gli afroamericani sono i primi a trovarsi alle prese con seri problemi di sopravvivenza e le rivolte, che assumono apparentemente una connotazione razziale, riguardano in realtà le condizioni di milioni di proletari. La seconda fase della rivolta, o rivolta prime, come la chiama Clover, si pone quindi direttamente in conflitto con lo Stato, poiché esso dispone di strumenti di repressione e controllo che le società precedenti non avevano, raggiungendo livelli di sofisticazione mai visti prima. Gli scioperi moderni toccano la circolazione di uomini e soprattutto di merci, dal trasporto aereo ai treni, dalla logistica ai petroliferi. I gilet jaunes, ad esempio, a partire dal 2018 hanno occupato le principali vie di comunicazione bloccando autostrade e rotatorie. La logistica connette il tessuto produttivo ed è fondamentale nell'epoca del just in time e della produzione senza magazzino.

Rivista n°57, luglio 2025

copertina n° 57

Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email