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  • Resoconto teleriunione  25 gennaio 2022

Wargame intorno all'Ucraina

La teleriunione di martedì sera, presenti 20 compagni, è iniziata commentando gli sviluppi della situazione di tensione determinatesi in Ucraina.

La Russia non può perdere la sua influenza sull'Ucraina. Se ai confini occidentali essa vede crescere l'ascendente dei paesi della Nato, a oriente assiste al grandeggiare della Cina, mentre a sud, verso l'Hearthland, registra una situazione di crescente instabilità (vedi Kazakistan). Almeno dal 2013, dalla rivolta di Euromaidan, l'Ucraina è al centro di uno braccio di ferro tra Occidente e Oriente; allora fu la sospensione da parte del governo ucraino dell'accordo di libero scambio con l'Unione europea a sollecitare lo scontro sociale nel paese, che portò prima manifestazioni pro-europee e poi all'intervento della Russia nella regione del Donbass e all'annessione della Crimea. L'entrata dell'importante paese dell'Europa orientale nella NATO, con i suoi 600 mila kmq e con oltre 40 milioni di abitanti (è l'ottavo paese per numero di abitanti in Europa), sarebbe considerata da Mosca come un atto ostile da parte degli Stati Uniti.

Diversi osservatori di geopolitica hanno dato una lettura dei fatti ucraini utilizzando come paradigma lo scenario della Jugoslavia degli anni '90, ma ampliato al mondo intero, cioè ipotizzando una balcanizzazione del pianeta. Durante quel conflitto il vero obiettivo degli Stati Uniti era contenere la Germania che si stava espandendo commercialmente e politicamente verso l'area balcanica. In Slovenia, in Croazia, e persino in Serbia, prima del collasso jugoslavo circolava da tempo il marco tedesco come moneta parallela al dinaro. Va poi ricordato che durante la guerra le forze della NATO lanciarono numerosi attacchi aerei, uno dei quali colpì "incidentalmente" l'ambasciata cinese di Belgrado. Secondo gli osservatori, l'Ucraina è il classico vaso di coccio tra vasi di acciaio, e l'obiettivo degli Usa è impedire un avvicinamento tra la Germania, paese esportatore netto di merci e capitali, e la Russia, che esporta gas e materie prime ma non possiede una struttura produttiva e finanziaria in grado di impensierire seriamente gli Stati Uniti. Cresce la pressione a stelle e strisce sulla Germania per fermare il progetto del gasdotto Nord Stream 2, che mira a raddoppiare la portata del gasdotto Nord Stream 1, in funzione dal 2011. Entrambi i gasdotti sono offshore e collegano direttamente il paese con la Russia passando sotto al Mar Baltico. Se Nord Stream 2 (la cui costruzione è iniziata nel 2018 ed è terminata nel settembre del 2021) diventerà operativo, consentirà alla Germania una maggiore indipendenza sul mercato energetico europeo.

Di fronte al pericolo di una possibile invasione dell'Ucraina da parte dell'esercito russo, l'Occidente minaccia sanzioni economiche; inoltre, l'amministrazione Biden invierà alcune migliaia di uomini nelle repubbliche baltiche. L'America, il paese guida di un capitalismo con l'acqua alla gola, sempre più disintegrato e caotico, ha qualche difficoltà nella gestione del mondo, tuttavia ha ancora una forza militare superiore rispetto qualsiasi altro e dispone di circa 700 basi militari sparse per il mondo.

Gli Stati Uniti ricavano petrolio anche grazie alla tecnica del fracking, un procedimento estremamente costoso e rischioso a livello ambientale. Più volte gli americani hanno strombazzato l'autosufficienza energetica, sapendo di mentire, al fine di tenere il fiato sul collo ai russi. Ma se tutta una serie di variabili economiche si sincronizzasse, essi potrebbero dover fare i conti con la penuria di petrolio, cioè con una situazione critica. Oltre al Brent, i prezzi dell'Arabian light e quello del WTI (West Texas Intermediate) sono importanti soprattutto perché riferiti rispettivamente al primo produttore dell'OPEC e al primo consumatore del mondo. La questione energetica, come andiamo dicendo da tempo, è centrale, riguarda prima di tutti la disunita Europa ma è sul tavolo di un po' tutti i paesi. Russia, Norvegia e Algeria forniscono l'80% del gas utilizzato in Europa. Se si interromperanno le forniture dall'Est, l'Italia dovrà rivolgersi maggiormente al Nordafrica, in primis all'Algeria.

Nello scacchiere mondiale pesano anche gli interessi della Cina in Ucraina. Pechino ha acquistato diritti per 50 anni su terreni agricoli del paese, e accordi bilaterali prevedono l'importazione di mais (l'Ucraina ha preso il posto degli Stati Uniti come principale fornitore del cereale in Cina) in cambio di una linea di credito verso Kiev. In ballo c'è anche la realizzazione della Nuova Via della Seta, che dovrebbe passare per Ucraina, Georgia, Azerbaijan e Kazakistan.

La Russia, potenza minore rispetto a Usa e Cina, non può fare altro che mostrare i muscoli inviando navi e sommergibili nel Mediterraneo e ammassando uomini e mezzi militari ai confini del paese conteso. Lo schieramento di 100mila soldati a ridosso della regione filorussa del Donbass rispecchia logiche militari ereditate dalla Guerra Fredda, ma oggi assumono rilevanza altri strumenti bellici, più economici ed efficaci. Per esempio quelli che si avvalgono della Rete: nella notte tra il 13 e il 14 gennaio un attacco informatico ha mandato in tilt numerosi siti del governo ucraino; sui portali web colpiti, gli hacker hanno pubblicato un messaggio di minacce rivolto alla popolazione, invitandola a temere perché la loro privacy è stata violata e tutti i dati personali sono stati resi pubblici. Oggi un cyberattacco può portare alla paralisi del sistema informatico di un paese.

L'ultimo numero di n+1 è dedicato al tema del wargame, il cui impiego computerizzato determina delle novità nel rapporto cruciale guerra/rivoluzione. Pensando alla parola d'ordine "Trasformare la guerra imperialista in guerra civile", notiamo che essa ha poco senso quando è già in atto una situazione di guerra civile. Secondo l'Avvenire, su 18 simulazioni compiute dal Pentagono riguardo eventuali conflitti con il coinvolgimento americano, per tutte e 18 le volte le truppe di Washington ne sono uscite battute. Verso la fine degli anni Settanta lo Stato Maggiore della NATO rese pubblica sotto forma di romanzo la simulazione dettagliatissima della Terza Guerra Mondiale, compreso il lancio dei missili a testata nucleare; si trattava di scenari semplicemente non realistici, ma comunque essi costringevano tutti a cimentarsi con le simulazioni di guerra. Ai nostri giorni le variabili in un gigantesco wargame che coinvolga il mondo intero sono estremamente complesse ed interconnesse, ma i computer possono essere di grande aiuto. Detto questo, la guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi (Von Clausewitz), e quindi sono guerra anche la disinformazione di stato, l'inganno, la compellenza e la formazione di partigianerie.

Nel wargame tra grandi potenze in corso intorno all'Ucraina sono da tenere in considerazione anche i movimenti sociali che emergono a causa della miseria crescente e di quella che abbiamo chiamato "vita senza senso", e che possono destabilizzare gli stati. Nell'articolo "Bruxelles, Barcellona, Washington: il mondo protesta contro le vaccinazioni", il sito Euronews pone l'attenzione sugli scontri con la polizia avvenuti recentemente nella capitale del Belgio, dove si sono radunati 50mila manifestanti (provenienti anche da Francia, Germania e altri paesi) per protestare contro gli obblighi di vaccinazione anti-Covid. Il peggioramento delle condizioni di vita dovuto alle restrizioni fa crescere il marasma sociale. L'ultimo rapporto della confederazione internazionale Oxfam è intitolato "La pandemia della disuguaglianza":

"Le banche centrali hanno pompato miliardi di dollari nei mercati finanziari per salvare l'economia, ma gran parte di queste risorse sono finite nelle tasche dei miliardari che cavalcano il boom del mercato azionario. – ha detto Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International – Alcuni settori hanno beneficiato della crisi con conseguenze avverse per troppi, come nel caso del settore farmaceutico, fondamentale nella lotta alla pandemia, ma succube alla logica del profitto e restio alla sospensione temporanea dei brevetti e alla condivisione di know how e tecnologie necessarie per aumentare la produzione di vaccini Covid e salvare vite anche nei contesti più vulnerabili del pianeta."

Secondo il rapporto, nei primi 2 anni di pandemia i 10 uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari, al ritmo di 15.000 dollari al secondo, 1,3 miliardi di dollari al giorno. Nello stesso periodo si stima che 163 milioni di persone siano cadute in povertà a causa della diffusione del Covid-19. A fine 2020, il top-10% degli italiani più ricchi possedeva oltre sei volte la ricchezza netta della metà più povera della popolazione; nello stesso anno nel Belpaese un milione di persone è sprofondato in una condizione di povertà.

Viviamo in una società che scoppia, i cui membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale. Che sono di due tipi: quella di uno stato che non riesce a fare gli interessi della classe di cui è strumento di potere e quella delle non-classi che sentono come angheria l'indifferenza dello stato di fronte alla loro pauperizzazione (newsletter n. 245, "La libertà").

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    Nell'articolo "Proletari, schiavi, piccolo-borghesi o... mutanti?", pubblicato sulla rivista n. 4 (2001), descrivevamo una serie di trasformazioni che all'epoca si potevano solo intravedere; allora, infatti, non c'erano i rider, non c'erano i clickworkers e di intelligenza artificiale si parlava poco:

    "La struttura mondiale del lavoro sociale, la socializzazione crescente della forza produttiva umana, non possono non avere effetti materiali sulle forme in cui si manifesta lo sfruttamento. Se la miseria e il sottosviluppo odierni sono fenomeni modernissimi dovuti alla distruzione irreversibile dei rapporti antichi, l'estendersi enorme di rapporti di lavoro atipici nelle aree metropolitane non devono essere considerati fenomeni di regresso: saranno anch'essi a tutti gli effetti il risultato di progresso, quindi, per definizione, riflessi del futuro sul presente in via di liquidazione continua."

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Rivista n°53, giugno 2023

copertina n° 53

Editoriale: La guerra rispecchia la società

Articoli: Sul libero arbitrio

Rassegna: Effetto domino - Crollo generale"

Terra di confine: Magazzini organici - Apprendisti stregoni - La forma ed il contenuto

Recensione: Doom

Doppia direzione: Riscontri d'oltreoceano

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

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