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  • Resoconto teleriunione  1 novembre 2022

L'impotenza della vecchia forma

Abbiamo cominciato la teleriunione di martedì primo novembre, presenti 18 compagni, parlando di quanto sta accadendo in Brasile dopo l'esito del ballottaggio che ha portato alla vittoria di Ignacio Lula da Silva.

Immediatamente dopo i risultati elettorali, i sostenitori dell'uscente presidente Jair Bolsonaro si sono mobilitati, organizzando blocchi stradali e sit-in fuori dalle caserme. Bolsonaro non ha riconosciuto ufficialmente la vittoria di Lula, ma ha autorizzato la transizione. Secondo l'Economist, la recente campagna elettorale è stata la più incattivita della storia del paese, fatta di toni esagerati (Lula è stato accusato di essere un comunista satanico e Bolsonaro un pedofilo cannibale) e punteggiata da episodi di violenza tra gli opposti schieramenti. Il giorno del ballottaggio alcuni poliziotti hanno istituito posti di blocco negli stati che sostengono Lula, creando difficoltà a chi si recava alle urne. Il giorno dopo, i camionisti che sostengono Bolsonaro hanno bloccato le strade in undici stati, e diverse testate giornalistiche hanno parlato della possibilità di un intervento dell'esercito per riportare l'ordine.

Un paio di anni fa avevamo intitolato un nostro resoconto "Polarizzazione globale" prendendo spunto dall'articolo di Moisés Naím "Negli Stati Uniti ha vinto la polarizzazione"; il giornalista venezuelano sosteneva che ormai le campagne elettorali, invece di ridurre i fenomeni di divisione sociale, li ingigantiscono. La situazione brasiliana sembra un segnale, sia per i toni che per la polarizzazione degli schieramenti politici, di quanto potrebbe accadere a breve negli USA. Le forze politiche una volta antisistema, minoritarie, tenute ai margini, ora si sono fatte sistema. Il riferimento immediato è agli USA di Donald Trump, ma anche ad alcuni paesi europei. Non passa giorno che non escano articoli allarmati sulle elezioni di midterm americane, e sul rischio che rappresentano per la tenuta sociale.

Dal punto di vista economico, il Brasile si trova in una condizione molto problematica a causa della profonda recessione del 2014-16, aggravata successivamente dalla catastrofe del Covid-19. Il caos politico e sociale è una diretta conseguenza del caos economico. Il paese sudamericano è immenso, ha oltre 200 milioni di abitanti ed è ricco di risorse naturali e di materie prime, ma è un gigante dai piedi d'argilla; fa parte dei BRICS (Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica), il gruppo di stati in forte espansione economica che avrebbero dovuto risollevare le sorti del capitalismo, ma che invece stanno subendo tutte le conseguenze di un invecchiamento precoce.

Lo Stato perde energia, arranca, fatica a darsi un indirizzo ("Lo Stato nell'era della globalizzazione"). In Israele in soli tre anni e mezzo ci sono state cinque elezioni, e in Gran Bretagna la premier conservatrice Liz Truss ha dato le dimissioni dopo soli 44 giorni di governo. La crisi economica è un fenomeno così grave perché si sono esauriti gli espedienti degli stati per risollevare l'economia: tutto è stato provato, dal liberismo allo statalismo, sperimentando ogni possibile variante, di destra, di centro e di sinistra.

Esiste uno stretto legame tra guerra e marasma sociale. Il Wall Street Journal annuncia che l'Iran sarebbe intenzionato a sferrare un attacco contro l'Arabia Saudita per compattare il fronte interno. La guerra in Ucraina si ripercuote su tutto il mondo, e la pandemia è tutt'altro che finita. Pochi giorni fa in Cina c'è stata una fuga di massa degli operai dalla fabbrica della Foxconn, a Zhengzhou, in seguito all'annuncio di alcuni casi di contagio. La politica cinese "zero contagi" continua a creare grossi disagi all'economia: appena vengono individuati nuovi casi di Covid-19, vengono bloccati porti, città e interi distretti industriali. D'altronde, il PCC non può tornare indietro facendo mea culpa, e perciò il paese deve continuare quella che Xi Jinping ha definito al Congresso di Pechino la "guerra popolare totale per arrestare la circolazione del virus".

La polarizzazione non la decide qualcuno, è un automatismo che ad un certo punto scatta nella società. In Iran, in seguito all'uccisione di una ragazza accusata di aver indossato il velo in modo sbagliato, si è arrivati ad uno scontro sociale di ampie dimensioni con centinaia di morti, uso di armi contro i manifestanti, scioperi di massa, ecc. Lo stesso avviene con la guerra: si mettono in moto dinamiche che nessuno controlla più, e parte la corsa al riarmo. La borghesia, con i suoi apparati di sicurezza, può anche cogliere per tempo la gravità della situazione, ma non può invertirla e non le rimane che accodarsi a quanto accade. Abbiamo citato già in altra occasione l'economista-capo del Fondo Monetario Internazionale, Pierre-Olivier Gourinchas, che afferma:

"Gli effetti economici della guerra si stanno diffondendo in lungo e in largo, come le onde sismiche che emanano dall'epicentro di un terremoto".

La crisi economica si ripercuote dunque sul piano sovrastrutturale, andando ad intaccare vecchie ideologie e vecchie visioni politiche, che si stanno sgretolando. Anche in Italia assistiamo a fenomeni di polarizzazione e a cambiamenti politici repentini, con la dissoluzione dei partiti socialdemocratici e l'ascesa di forze populiste. E' assurto alle cronache anche un fenomeno strano, quello dagli ambientalisti di "Ultima Generazione" che imbrattano dipinti e bloccano il traffico stradale per sensibilizzare i cittadini sul tema del riscaldamento globale, suscitando reazioni violente da parte degli automobilisti. Questi episodi, al di là delle motivazioni accampate dagli attivisti o da chi li aggredisce, ricordano i fatti riportati dal protagonista del racconto L'anno del diagramma di Robert A. Heinlein: un elenco di comportamenti inspiegabili se non fatti rientrare nel fenomeno della "vita senza senso".

Il fascismo avrà pure perso militarmente la guerra, ma ha vinto economicamente e socialmente estendendosi a tutto il mondo e garantendo una relativa pace sociale per almeno un secolo. Il patto corporativo sta però venendo meno a causa della crisi strutturale del capitalismo. I tempi sociali cambiano troppo rapidamente perché la classe dominante sia in grado di intervenire adeguatamente. E se non ci sono più le briciole da distribuire non resta che la repressione, ma questa acuisce la polarizzazione sociale e determina un'esasperazione dello scontro, che può condurre al dualismo di potere. Lo stato non passa all'offensiva perché è sadico, la borghesia ha tutto l'interesse a tenere buono il proletariato; essa detiene il potere e perciò lo difende, con tutti i mezzi a disposizione. Come scritto in "Precisazioni su Marxismo e miseria e Offensive padronali", "al centro del falso marxismo e al vertice del tradimento sta la teoria della 'offensiva' padronale borghese capitalistica, sia essa dipinta nel campo dello Stato o della azienda, e la sua sporca figlia, la pratica del 'blocco' e del 'fronte unico'".

La teoria dell'attacco padronale serve unicamente a giustificare l'alleanza con una frazione della classe dominante, ritenuta progressista e contro l'altra ritenuta reazionaria. Serve, in ultima analisi, a difendere l'esistente.

Crescono la tensione sociale, l'astensionismo e il disordine internazionale. Ma quando si parla di caos bisogna tenere presente che al suo interno è possibile scorgere un ordine emergente. Chi studia le teorie della complessità sa bene che oggi è riconosciuto il caos deterministico. In natura, oltre ai processi entropici (più probabili), vi sono anche processi neghentropici (meno probabili), come la vita.

I fatti sociali non si spiegano partendo da ciò che gli uomini dicono di sé stessi, ma indagando la struttura materiale della società, e questa ci dice che in un contesto di miseria assoluta crescente un senso di disagio profondo sta mobilitando sia coloro che hanno già perso qualcosa, sia coloro che temono di perdere qualcosa ("Rivolta contro la legge del valore").

Il disagio contagia a pari titolo trumpisti e antitrumpisti, sostenitori di Lula e di Bolsonaro, mobilita tutte le classi ed è il portato di un modo di produzione che non funziona più, che fatica a riprodurre i rapporti di produzione capitalistici. La direzione di questo movimento è data da precise determinazioni storiche, che sono state esposte da Marx ed Engels nel Manifesto dei Comunisti: la storia umana è storia di lotte di classi, la prossima classe protagonista del cambiamento sarà il proletariato, che oggi è composto da circa due miliardi di salariati nel mondo, e a cui vanno aggiunti gli inoccupabili, una massa enorme di senza riserve.

Gli atomi sociali si muovono freneticamente, fibrillano come un gas surriscaldato, perché sentono che stanno perdendo delle garanzie. Si sta dissolvendo la militanza nelle vecchie strutture politiche e sindacali (in Italia sono pensionati la maggioranza degli iscritti a CGIL e CISL, e un quarto di quelli alla UIL), ritenute non più rispondenti alla difesa dei propri interessi. Il vecchio modo di intendere la militanza è stato messo in discussione del tutto spontaneamente da Occupy Wall Street, che non distribuiva tessere ai suoi partecipanti, non aveva una gerarchia di tipo piramidale, non voleva leader e aveva voltato le spalle al parlamento. La community che si era venuta formando aveva una struttura leggera, a rete, estremamente mobile, con contorni sfumati ma allo stesso tempo in grado di organizzare scioperi, media center e darsi canali di comunicazione internazionali. OWS ha rappresentato un saggio di futuro: da quel livello non si può tornare indietro, si può solo andare avanti.

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Rivista n°52, dicembre 2022

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