Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  24 gennaio 2023

Escalation economica, militare e sociale

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, è cominciata commentando la notizia di stampa sull'esaurimento delle scorte di munizioni da parte dei paesi Nato.

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dopo la firma della dichiarazione congiunta per la cooperazione tra Nato e Ue, ha dichiarato: "Gli alleati della Nato e i membri dell'Ue hanno esaurito i loro stock per fornire supporto all'Ucraina e questa è stata la cosa giusta da fare perché riguarda anche la nostra sicurezza". Riguardo al conflitto in corso, ha aggiunto: "La Russia ha subito grandi perdite in Ucraina ma non dobbiamo sottostimarla, Mosca sta mobilitando nuove truppe e nonostante le sofferenze sta mostrando la volontà di continuare la guerra. Non c'è alcuna indicazione che Putin abbia cambiato i propri obiettivi sull'invasione dell'Ucraina. Dobbiamo essere preparati ad una lunga guerra e a proseguire il supporto all'Ucraina."

Il supporto all'Ucraina ora comprende l'invio di mezzi di fabbricazione tedesca Leopard 2, tra i migliori carri armati al mondo. Fino all'ultimo, la Germania ha cercato di evitare un coinvolgimento diretto nella guerra ma poi ha dovuto cedere alle pressioni della Polonia e dei Paesi baltici, e degli Stati Uniti, che in cambio hanno promesso di inviare a Kiev carri armati di terza generazione M1 Abrams. Ciò significa che vi sarà un'escalation bellica ("What Western tanks should give Ukraine in the next round of the war", The Economist, 22.01.23).

È chiaro che gli Americani hanno tutto l'interesse a recidere i legami economici e politici tra Berlino e Mosca, e così compattare l'Ue sotto il proprio ombrello. Allo stesso tempo, come nota Lucio Caracciolo in un approfondimento sul canale YouTube di Limes ("L'America vuole salvare la Russia. Il paradosso ucraino"), non sono favorevoli ad una implosione della Federazione Russa, per varie ragioni, in primis perché essa possiede migliaia di ordigni nucleari. Le contraddizioni con cui hanno a che fare gli Stati Uniti sono molte, a cominciare dal ruolo svolto dalla Turchia in seno alla Nato, che è più quello di sabotatore che di alleato. L'Italia, a sua volta, cerca di barcamenarsi in una situazione geopolitica complessa, che sta mettendo in discussione i suoi interessi nel Mediterraneo e sulle coste Nordafricane, dalla Libia spartita tra Turchi e Russi, all'Algeria che mantiene un rapporto privilegiato (anche di collaborazione militare) con la Russia.

C'è poi il grosso problema dei fronti interni: la situazione è traballante in Ucraina (vedi indagini per corruzione che stanno colpendo vari uomini del governo), e rivolte e manifestazioni sono in corso in varie parti del mondo, dal Brasile al Perù, dalla Francia a Israele, quali segni evidenti del disagio crescente delle popolazioni verso lo stato di cose presente.

La guerra in Ucraina ha conseguenze dirette in termini di vite umane, e indirette in termini di caro energia e quindi di caro vita. Eppure, paradossalmente, sembra protestino solo i generali in pensione, come Leonardo Tricarico e Marco Bertolini che si sono detti contrari all'invio dei carri armati prodotti in Germania, anticipando che il prossimo passo potrebbe essere il dispiegamento di unità militari europee. Dice Bertolini: "Ci stiamo rassegnando all'entrata in una guerra che con noi non c'entra niente, per questioni di carattere territoriale fra due Paesi europei estranei sia alla Nato che all'Unione europea. Poi però ci siamo voluti invischiare, abbiamo voluto puntare tutto sulla prosecuzione di questa guerra e temo che, se non ci sarà qualche illuminazione di chi dirige questa operazione spaventosa, ci troveremo con le mani legate."

Come scritto nel volantino "La Quarta Guerra Mondiale", "se passa, questo tipo di guerra andrà fino in fondo, non sarà più possibile fare marcia indietro. Sarebbe auspicabile un moto sociale che agisca in anticipo, ma non sembra all'orizzonte." Purtroppo dal 1° Maggio 2022, data in cui abbiamo diffuso il testo, la situazione non è cambiata e le popolazioni continuano ad accettare supinamente la propaganda bellica ed il coinvolgimento nei fronti di guerra. Se non viene bloccata, questa guerra potrebbe estendersi su scala globale, foraggiata da ben altri armamenti rispetto a quelli utilizzati fino a questo momento, a cominciare dai missili ipersonici per finire con l'uso dell'atomica. Le annunciate esercitazioni navali congiunte tra Russia, Cina e Sudafrica nell'oceano Indiano, davanti alla costa fra Durban e Richard's Bay, sono un messaggio lanciato a tutto il mondo. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev recentemente ha dichiarato: "Il mondo si avvicina al rischio della Terza Guerra Mondiale di fronte ai preparativi di aggressione contro la Russia."

Abbiamo poi parlato del pericolo bancarotta negli Stati Uniti. Non è la prima volta che capita: ogni governo che si è succeduto negli ultimi decenni alla guida del paese ha dovuto fare i conti con il problema della crescita del debito federale, ed ogni volta è uscito dalla crisi alzando il tetto massimo di indebitamento. La risoluzione del problema viene posticipata e, così facendo, il problema diventa sempre più grande: oggi il debito americano è pari al 130% del Pil.

La Cina, anche se non è interessata al declassamento del debito USA, sta cominciando a liberarsi dei titoli del debito sovrano americano: per la prima volta in 12 anni, le disponibilità cinesi di debito statunitense sono scese al di sotto del trilione di dollari. Uno stato può far crescere il suo debito fin che vuole, bisogna però che sia in grado di controllarlo attraverso la produzione di nuovo valore. Altrimenti, o aumenta le tasse o stampa denaro. Ogni volta che si trova di fronte ad una crisi finanziaria, il Capitale si butta sul mercato immobiliare, come abbiamo visto nell'articolo "Le case che salvarono il mondo". Ma per non perdere la fiducia dei creditori, il valore può essere garantito solo da una regola condivisa, sotto l'egida di un'autorità, cioè di una legge dello Stato. Il Rentenmark di Hilferding non era diverso dai marchi che sostituiva, il legame con gli immobili statali era un fatto puramente psicologico, ma funzionò.

Data l'integrazione mondiale dei mercati, dato il passaggio dalla concentrazione alla centralizzazione del Capitale, nessun grande paese ha interesse che il suo nemico collassi, perché lo trascinerebbe con sé nel baratro (vedi doppio vincolo economico USA-Cina). Ma, in un mercato unico, se c'è crescita di uno vuol dire che c'è decrescita dell'altro. Siamo alla famosa coperta stretta che, se tirata da un lato, lascia una parte scoperta dall'altro, e questo è fonte di guerra commerciale e guerra guerreggiata.

Se i Russi hanno attaccato l'Ucraina, è perché gli USA non hanno più il potere di una volta. Sono ancora i mediatori del capitalismo mondiale (il dollaro è l'unica valuta universale), ma svolgono questo compito con sempre maggiore difficoltà. Un giro di boa per gli Stati Uniti e per il mondo intero è stata la crisi del 2008, da cui abbiamo tratto l'articolo "Non è una crisi congiunturale". Un approfondimento successivo sul tema dell'autonomizzazione del Capitale lo troviamo nell'articolo "Dimenticare Babilonia" dove, tra le altre cose, abbiamo parlato della contabilità nel passaggio dal proto-stato allo stato: "Una promessa di pagamento (praticamente una cambiale) non era 'scontabile', e quindi non era monetizzabile, non poteva rientrare nel mercato e fungere da moneta. Alle lettere di credito, che millenni or sono servivano a muovere il corrispettivo in argento di una compravendita presso un intermediario lontano, nella società contemporanea si ricorre anche per generare denaro, scontandole presso una banca."

Il denaro è la forma fenomenica del valore, del tempo di lavoro, eppure quello che si scambia tra banche e stati è un'altra cosa, che non riusciamo ancora bene a definire. La banca presta i soldi a chi li chiede, ma quel debito viene conteggiato come entrata, per venire immesso nel magico mondo della finanza. La richiesta di soldi produce nuovi soldi, un vero non senso, ma è proprio quello che fa muovere il capitalismo finanziarizzato oggi. Tale modo di operare non è dovuto alla malvagità dei banchieri o dei broker, che si limitano a fare il loro mestiere, bensì a parametri economici che sono fuori controllo. Vi è infatti un rapporto del tutto squilibrato tra lavoro morto (robot, computer, ecc.) e lavoro vivo all'interno dei processi produttivi, e ciò sta portando alla dissoluzione della legge del valore-lavoro con tutte le sue conseguenze.

Durante la crisi dei mutui subprime, il messaggio veicolato dal governo americano è stato il seguente: salviamo le banche perché così salviamo l'economia (vedi film Too Big to Fail - Il crollo dei giganti). In realtà, le banche possono solo prestare soldi, non possono produrre nuovo valore; è vero che lasciarle fallire avrebbe portato al crollo del capitalismo mondiale, ma anche tenere in piedi un sistema così "distorto" è un grande rischio. Il capitalismo non può essere troppo moderno perché altrimenti fa diminuire il saggio di profitto, ma non può nemmeno stare fermo perché ha nel suo DNA l'impulso alla crescita. Una contraddizione che non ha soluzione all'interno di questo sistema, e che lo porterà inevitabilmente alla catastrofe.

Il capitale fittizio non può crescere all'infinito, prima o poi dev'essere azzerato. Anche nel Vangelo il debito viene criticato in quanto elemento di freno dell'economia; nel mondo borghese è nato da anni un movimento che punta alla cancellazione del debito che i paesi cosiddetti in via di sviluppo hanno verso quelli a vecchio capitalismo. Il debito mondiale detenuto da famiglie, imprese, banche e governi ammonta a trecentomila miliardi di dollari; a livello globale vale il 350% del Pil ("Debito globale: una bomba a tempo", ISPI, 28.10.22). Chi mai potrà pagarlo?

Articoli correlati (da tag)

  • Un mondo senza lavoro

    La teleconferenza di martedì sera, connessi 17 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo l'intervista di Repubblica (05.09.23) a Daniel Susskind, professore di economia al King's College di Londra e autore di Un mondo senza lavoro, che afferma la necessità di cambiare paradigma dato che si sta stabilendo un nuovo rapporto tra lavoro e senso della vita: "l'idea di intraprendere una carriera, trascorrere diversi decenni a progredire e poi andare in pensione, è piuttosto superata".

    Nell'articolo "Proletari, schiavi, piccolo-borghesi o... mutanti?", pubblicato sulla rivista n. 4 (2001), descrivevamo una serie di trasformazioni che all'epoca si potevano solo intravedere; allora, infatti, non c'erano i rider, non c'erano i clickworkers e di intelligenza artificiale si parlava poco:

    "La struttura mondiale del lavoro sociale, la socializzazione crescente della forza produttiva umana, non possono non avere effetti materiali sulle forme in cui si manifesta lo sfruttamento. Se la miseria e il sottosviluppo odierni sono fenomeni modernissimi dovuti alla distruzione irreversibile dei rapporti antichi, l'estendersi enorme di rapporti di lavoro atipici nelle aree metropolitane non devono essere considerati fenomeni di regresso: saranno anch'essi a tutti gli effetti il risultato di progresso, quindi, per definizione, riflessi del futuro sul presente in via di liquidazione continua."

  • Crepe nell'Impero Celeste

    La teleconferenza di martedì sera, presenti 18 compagni, è iniziata commentando la situazione economico-finanziaria della Cina, a partire dal possibile scoppio della bolla immobiliare.

    Quanto successo nelle ultime settimane, tra cui le difficoltà del colosso Country Garden ma non solo, conferma quanto andiamo sostenendo da anni circa la raggiunta senilità della Cina. Ora se ne accorgono anche i borghesi, in particolar modo l'Economist che nell'edizione del 26 agosto ipotizza una "giapponificazione" (bassa crescita e deflazione) della economia cinese ("China's economy is in desperate need of rescue"). L'immobiliare è diventato un settore strategico, rappresentando il 30% del PIL cinese; l'enorme bolla speculativa è dovuta al fatto che il capitale ha cercato di valorizzarsi nella costruzione ex novo di decine di città, rimaste poi abbandonate. Secondo la banca Morgan Stanley, dal 2010 al 2020 il gigante asiatico ha costruito più di 140 milioni di unità abitative, e in soli tre anni ha prodotto una quantità di cemento che potrebbe trasformare la superficie della Gran Bretagna in un parcheggio; non pago, ha costruito città fantasma anche in Africa.

    Secondo il Wall Street Journal il boom cinese è finito da tempo. La domanda di nuove abitazioni nelle città ha raggiunto il suo picco e i problemi di natura economica si assommano a quelli derivanti dalla disoccupazione giovanile, dall'invecchiamento della popolazione e dal calo degli investimenti esteri. Al pari dei paesi a vecchio capitalismo, la Cina installa robot nelle fabbriche e investe in intelligenza artificiale, e quindi si trova di fronte alla diminuzione relativa della produzione di plusvalore. Il gigante asiatico ha bruciato rapidamente le tappe capitalistiche passando in pochi anni da una crescita impetuosa a un altrettanto veloce declino.

  • Autonomizzazione degli eserciti e dei conflitti

    La teleconferenza di martedì, presenti 20 compagni, è iniziata commentando la situazione internazionale alla luce del recente golpe in Niger e del conflitto in Ucraina.

    Il Niger è il più esteso e il più povero paese dell'Africa Occidentale (circa 1,3 milioni di kmq e 25 milioni di abitanti); tuttavia, è fondamentale per la sua posizione geografica essendo collocato tra il Maghreb a nord (Tunisia, Algeria, Libia) e i paesi del golfo di Guinea a sud (Nigeria, Camerun, Costa d'Avorio). E' difatti un importante crocevia per commerci di ogni tipo, anche di esseri umani. Nel suo sottosuolo giacciono uranio, petrolio, gas naturale, oro, diamanti e terre rare, che hanno sempre attirato interessi stranieri.

    Lo scorso 26 luglio la guardia presidenziale ha prima circondato il palazzo presidenziale e poi messo agli arresti il presidente Mohamed Bazoum, il primo democraticamente eletto nel paese africano dal 1960. Questo golpe si aggiunge alla sequenza di colpi di stato militari consumati recentemente fra Mali (2020, 2021), Guinea (2021) e Burkina Faso (2022), facendo scivolare ancora di più nel caos l'intera area. Il Niger è stato uno dei pochi paesi ex coloniali ad aver mantenuto uno stretto e continuativo rapporto negli anni con la Francia ed è destinatario di investimenti in sicurezza degli Stati Uniti, che hanno impiantato una base militare (Air Base 201) a 500 miglia a nord ovest della capitale. Considerato un avamposto occidentale nel Sahel, ora il governo golpista guidato dal generale Abdourahaman Tchiani ha intimato la Francia a non intervenire nelle questioni interne del paese.

Rivista n°53, giugno 2023

copertina n° 53

Editoriale: La guerra rispecchia la società

Articoli: Sul libero arbitrio

Rassegna: Effetto domino - Crollo generale"

Terra di confine: Magazzini organici - Apprendisti stregoni - La forma ed il contenuto

Recensione: Doom

Doppia direzione: Riscontri d'oltreoceano

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email