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  • Resoconto teleriunione  6 febbraio 2024

Crisi dell'egemonia americana, guerra e marasma sociale

La teleconferenza di martedì sera, presenti 19 compagni, è iniziata dal commento di una video-intervista a Fabio Mini, generale dell'esercito italiano in pensione, incentrata sull'escalation in Medio Oriente e sul ruolo degli Stati Uniti. Secondo Mini, la dottrina militare americana prevede al massimo due fronti di guerra: in questo momento gli Americani sono impegnati in Ucraina (da quasi due anni) e in Medioriente, ma in futuro potrebbe aprirsi un altro fronte nell'Indopacifico.

Il caos scoppiato in Medioriente ha avuto delle ripercussioni in Ucraina, che non è più al centro dell'attenzione mediatica come prima del 7 ottobre. Adesso l'iniziativa è in mano russa (vedi l'accerchiamento di Avdiivka), mentre alle forze ucraine mancano proiettili, armi e uomini. Inoltre, il sostegno da parte del blocco NATO non è più certo, anche perché potrebbe esserci bisogno di armi e munizioni in altri contesti.

Per The Economist, che vi dedica un articolo, i droni FPV (first person view) sono la novità del conflitto russo-ucraino: pilotati a distanza da un operatore che grazie ad un visore riesce a vedere l'obiettivo, possono spiare, lanciare un ordigno o diventare dei kamikaze. Un carrarmato che costa qualche milione di euro e pesa diverse tonnellate può essere distrutto da un drone che ne costa qualche centinaio e pesa qualche chilogrammo. Lo sviluppo di tali veicoli ha avuto origine nei garage grazie all'operato dei "maker" ucraini, ora sia Russia che Ucraina ne producono centinaia di migliaia all'anno (il presidente Zelensky ha dichiarato di volerne costruire un milione entro la fine del 2024). I droni non sostituiscono l'artiglieria convenzionale, ma hanno il vantaggio di poter superare le linee nemiche e scovare soldati e mezzi da colpire: il loro utilizzo massiccio rivoluzionerà il modo di fare la guerra. L'Ucraina si è dotata anche di droni subacquei e marini, in grado di colpire una fregata. Le nuove tecnologie belliche rientrano in quella che Engels chiama "dialettica proiettile-corazza": i Russi hanno progettato dei sistemi di disturbo affinchè non ci sia comunicazione tra il drone ed il suo operatore; di conseguenza, è stata sviluppata un'apparecchiatura elettronica rinforzata per i velivoli senza pilota in grado di contrastare tali disturbi. Più tecnologico è il proiettile e più deve esserlo la corazza, in una dinamica che si auto rafforza. Coloro che emettono radiazioni elettromagnetiche possono infatti essere individuati dal nemico: vale per l'operatore che guida il drone, ma anche per chi cerca di disturbarlo.

Per proteggere i mercantili che transitano per l'imboccatura meridionale del Mar Rosso tra il Golfo di Aden e lo Stretto di Bab el Mandeb, l'Unione Europea ha lanciato l'"Operazione Aspides", il cui comando è stato assegnato all'Italia. Tale missione si affianca a "Prosperity Guardian", una coalizione marittima internazionale guidata dagli Stati Uniti e a cui partecipano Bahrein, Canada, Francia, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Seychelles e Spagna. La missione americana ha compiuto già diversi bombardamenti in territorio yemenita e ha colpito navi nemiche, mentre quella europea avrebbe carattere prevalentemente difensivo. Gli Houthi possiedono piccole imbarcazioni, molto veloci, che possono utilizzare per danneggiare gravemente navi di grandi dimensioni; per evitare i loro attacchi non bastano i bombardamenti, c'è bisogno dei fantaccini terrestri.

"I miliziani Houthi in Yemen valgono '10 volte Hamas' dal punto di vista militare e con i loro attacchi alla navigazione nel Mar Rosso minacciano la stabilità economica dell'Italia creando 'uno squilibrio competitivo' a favore di Cina e Russia", ha riferito il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto. In effetti, dell'impegno di Europa e America in questo nuovo teatro di guerra ne guadagna sicuramente la Russia.

Gli Houthi minacciano anche di tagliare i cavi Internet collocati sui fondali dello Stretto di Bab al-Mandab che permettono il passaggio del 17% del traffico dati mondiale. Con il sabotaggio del gasdotto Nord Stream abbiamo avuto le prime avvisaglie di cosa potrebbe succedere in futuro. Forze armate non statali trovano sul mercato tecnologie molto avanzate ed anche economiche; si pensi che buona parte delle armi sequestrate dagli israeliani a Gaza erano di provenienza israeliana. Il sistema capitalistico è interconnesso e allo stesso tempo frammentato, a causa di interessi politici ed economici contrapposti che producono marasma sociale e guerre.

La creazione di uno stato palestinese, proposta da Biden a Netanyahu, è un progetto senza futuro. Questo è il tempo in cui gli Stati si dissolvono. In tutta l'area mediorientale (ma non solo) ci sono problemi di tenuta interna. Anche i Curdi non hanno un loro stato e proprio per questo sono utilizzati come carne da cannone da altri. In Palestina, come nel Kurdistan, la mancanza di una borghesia unitaria (nata cioè su di un capitalismo e quindi un mercato unitario) impedisce l'ergersi in nazione, e di condurre una guerra di liberazione nazionale simile a quelle che storicamente hanno portato alla formazione di molti Stati nazionali attuali. La questione israelo-palestinese non è la causa materiale che ha incendiato il Medioriente, lo sono invece i mutati rapporti di forza a livello mondiale. La Siria non esiste più come Stato, ma è un insieme di aree gestite da altri stati e gruppi. La Libia è in mano a signori della guerra che si contendono il paese. Lo Yemen, dopo la guerra civile, versa in una condizione disastrosa. Dai paesi più fragili e periferici, il processo di dissoluzione ha cominciato a contagiare i paesi a vecchio capitalismo.

Non possiamo sapere con precisione cosa accadrà nei prossimi mesi, ma di una cosa siamo sicuri: il caos tenderà ad aumentare. In futuro potrebbero saltare vie di comunicazione, infrastrutture telematiche, elettriche, ecc. Il cinema produce una vasta gamma di film catastrofici, che mettono in scena futuri plausibili, come ad esempio Don't Look Up o Il mondo dietro di te.

Negli ultimi mesi, gli USA hanno subito decine di attacchi alle loro basi in Iraq e Siria, e in risposta all'azione armata contro una base in Giordania, hanno bersagliato delle milizie filoiraniane. La guerra si sta estendendo ed intensificando, coinvolgendo sempre più forze. A marzo, Cina, Russia e Iran faranno esercitazioni navali congiunte. Non si tratta della preparazione di un blocco, ma di un'alleanza congiunturale dovuta al moltiplicarsi dei focolai di guerra. Cina e Brasile hanno annunciato che utilizzeranno monete locali per le loro transizioni commerciali, e Iran e Russia hanno firmato un accordo per commerciare nelle loro valute locali invece che in dollari. C'è chi parla di de-dollarizzazione dell'economia mondiale, come Alfredo Luís Somoza: "Le riserve monetarie globali, che nel 1970 erano costituite per l’80% da dollari, oggi vedono la moneta statunitense prevalere sì, ma con una quota ridotta al 60%. Questo per via della nascita dell’euro, che ormai costituisce il 20% delle riserve globali, della 'tenuta' di sterlina e yen, che hanno conservato il loro peso, e dell’ingresso in classifica dello yuan, la valuta cinese."

Washington non può permettere che venga messo in discussione il potere del dollaro, ma una parte crescente di mondo capitalistico si sta progressivamente sganciando dal biglietto verde.

Il PIL dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) supera quello di USA e Unione Europea messi insieme. Stanno avvenendo trasformazioni epocali in tempi brevi, accelerazioni che scombussolano equilibri che sembravano consolidati. Qualora Trump ritornasse presidente, l'America potrebbe decidere di uscire dalla NATO. Alcuni analisti geopolitici pensano che con la fine del dominio dell'America sul mondo si aprirà una fase capitalistica multipolare. In realtà, come abbiamo scritto nell'articolo "Accumulazione e serie storica", i passaggi di consegna tra paesi alla guida del capitalismo sono sempre avvenuti quando esistevano determinate condizioni, in primis un salto in avanti dal punto di vista delle forze produttive. La Cina non sostituirà gli USA alla guida del mondo perché, dopo i robot e l'IA, che altro balzo potrebbe esserci? Solo uno di natura politica, quello verso la società futura.

In chiusura di teleconferenza, abbiamo parlato delle proteste degli agricoltori in Europa, che confermano quanto abbiamo scritto nell'articolo "Wargame – prima parte", ovvero che "la rabbia della piccola borghesia può diventare demolitrice: il vaso di coccio fra i vasi d'acciaio è destinato a fare una brutta fine perché i suoi affari registrano che la capacità di ripartire il reddito entro la società diminuisce drasticamente con l'aumento della produttività". Nell'articolo "Wargame - parte seconda" abbiamo fatto un modello della società capitalistica suddividendola in due partiti: l'Azzurro, che è quello della borghesia, e che riesce a controllare ampie parti della società, e l'Arancione, quello proletario, che è contro l'ordine costituito. Ora, all'interno del partito Azzurro le forze che storicamente lo sostenevano gli si stanno rivoltando contro. Materialisticamente parlando, ha poco senso fissarsi sulle parole d'ordine degli agricoltori in lotta (difesa del Made in Italy e della piccola proprietà contro il potere delle multinazionali), mentre è interessante guardare ai processi di polarizzazione sociale in atto. Sempre più frequentemente le mezze classi impoverite entrano in agitazione (Forconi, No Vax, ecc.). Gli uomini, per non perdere i livelli di vita raggiunti, sono costretti a ribaltare i rapporti sociali esistenti.

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