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  • Resoconto teleriunione  13 febbraio 2024

Un nuovo tipo di guerra

La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 21 compagni, è iniziata con il commento del testo "Danza di fantocci: dalla coscienza alla cultura" (1953).

Con l'analisi di quest'ultimo articolo si chiude la trilogia dei fili del tempo centrati sulla critica al gruppo "Socialisme ou Barbarie", di cui si può trovare traccia negli ultimi resoconti. Ancora oggi è utile ribadire che cos'è la classe per la teoria marxista. Essa non è un ordine e il proletariato non è un quarto stato, caposaldo su cui invece si basano le varie forme di operaismo:

"La parola classe che il marxismo ha fatto propria è la stessa in tutte le lingue moderne: latine, tedesche, slave. Come entità sociale-storica è il marxismo che la ha originalmente introdotta, sebbene fosse adoperata anche prima. La parola è latina in origine, ma è da rilevare che classis era per i Romani la flotta, la squadra navale da guerra: il concetto è dunque di un insieme di unità che agiscono insieme, vanno nella stessa direzione, affrontano lo stesso nemico. Essenza del concetto è dunque il movimento e il combattimento, non (come in una assonanza del tutto... burocratica) la classificazione, che ha nel seguito assunto un senso statico."

La classe è una dinamica, e quella proletaria è una forza che oggettivamente si contrappone alla società borghese, anche quando non è sul piede di guerra. Secondo la "teoria degli equilibri punteggiati" (Niles Eldredge, Stephen Jay Gould), in biologia le trasformazioni e i cambiamenti qualitativi avvengono per grandi salti in seguito ad un lento accumulo quantitativo all'interno del sistema. Studiando la storia, si nota che a lunghi periodi di relativa pace sociale fanno seguito scatti improvvisi, rivolte, sommosse, insurrezioni, che mettono in discussione i vecchi assetti politici. Il proletariato è sempre all'attacco, a volte solo potenzialmente, altre volte cineticamente. Quando la borghesia ha preso il potere è iniziata una fase di repressione di qualsiasi attività del proletariato e successivamente, visto che l'associazionismo operaio non poteva essere eliminato, si è imposta prima una fase di tolleranza e, infine, una di cooptazione nello Stato; dal fascismo in poi, tutte le misure politiche della borghesia sono servite ad inglobare le richieste del proletariato, evitando che la sua lotta assumesse caratteri radicali. In tutte e tre le fasi i senza-riserve non smettono mai di lottare contro la borghesia. In "Danza dei fantocci" si dice dunque che "Rivoluzione, dittatura, partito sono processi inseparabili, e chiunque cerca la via opponendoli l'uno all'altro, non è che disfattista."

Tutti i gruppi politici che si appellano all'importanza della coscienza e della cultura per stimolare la lotta di classe si schierano dalla parte della classe dominante. Per noi il processo è rovesciato: è l'azione spinta da forze materiali che produce la storia, mentre la conoscenza delle cause viene dopo. Vari raggruppamenti trotzkisti, ma anche operaisti, consigliaristi e simili, non vedendo la classe come un movimento reale ripropongono, pur criticandola, la democrazia borghese all'interno del partito del proletariato: ritengono che attraverso un libero dibattito interno alla classe si possa arrivare a modificare la teoria rivoluzionaria e magari stabilire nuove strategie, tattiche, ecc. Qui si scontrano due paradigmi, due visioni antitetiche della rivoluzione: una è la visione della classe intesa come ordine che ne sostituisce un altro per un fatto di volontà; l'altra, invece, individua una dinamica storica che non ammette la libertà né del singolo né tantomeno del partito (vedi articolo "Sul libero arbitrio").

Anche lo Stato ha una dinamica storica: nasce, cresce e muore. Il programma immediato del proletariato dipende dal grado di sviluppo raggiunto dalle forze produttive. Non bisogna dimenticare, perciò, che i punti di Forlì del 1952, da noi sviluppati sulla rivista ("Elementi della transizione rivoluzionaria come manifesto politico"), sono immediati oggi proprio perché sono tutti entro un futuro possibile, e cioè non sono "rivendicazioni" da realizzare in un indefinibile futuro.

La riunione è proseguita con un aggiornamento sull'evoluzione della guerra, partendo da un articolo dell'Economist ("Killer drones: Pioneered in Ukraine, the weapons of the future"), dedicato all'uso massiccio di droni in Ucraina e altrove. Replicator è il nome di un'iniziativa del Pentagono volta a costruire migliaia di droni e munizioni a basso costo in grado di reggere la sfida con la Cina nell'Indo-Pacifico. Il vicesegretario della Difesa di Washington Kathleen Hicks descrive così il progetto:

"Immaginate sistemi semoventi galleggianti o volanti, alimentati dal sole e da altre risorse virtualmente illimitate, pieni di sensori in abbondanza, sufficienti a fornirci nuove e affidabili fonti di informazioni in tempo quasi reale. Flotte di sistemi terrestri che forniscono un nuovo supporto logistico, effettuano ricognizioni per tenere al sicuro le truppe o proteggono le infrastrutture del Dipartimento della Difesa. Costellazioni di sistemi in orbita, lanciati nello spazio a decine alla volta, in numero tale da rendere impossibile neutralizzarli tutti. Stormi di sistemi che volano a ogni tipo di altitudine e svolgono una serie di missioni, sulla base di quanto visto in Ucraina. Potrebbero essere dispiegati da aerei più grandi, lanciati da truppe di terra o di mare, o decollare da soli."

Anche forze non statali fanno ampio uso di droni, pensiamo agli Houthi, ad Hamas, ad Hezbollah oppure ai ribelli birmani in Myanmar, che li realizzano grazie a stampanti 3D. La guerra richiede nuove armi, nuove tecnologie e nuove dottrine, che non sono ancora state sviluppate appieno ma di cui vediamo già ora la potenzialità distruttiva. Negli ultimi giorni i Russi hanno lanciato il missile ipersonico Zirkov contro Kiev. Il razzo viaggia a circa 10 mila chilometri orari (Mach 8) e produce uno strato di plasma che fa da involucro al missile stesso, impedendo il passaggio di segnali elettromagnetici da ogni lunghezza d'onda. Intercettare un missile ipersonico è impossibile, se non quando è ormai vicinissimo all'obiettivo. Abbiamo parlato di tali tecnologie nel numero 51 della rivista.

Se in guerra venissero usati su larga scala sistemi di intelligenza artificiale come quelli descritti da Kathleen Hicks, allora la situazione potrebbe andare fuori dal controllo umano. L'autonomizzazione del capitale comporta anche l'autonomizzazione della guerra. Per la nostra corrente, o passa la guerra o passa la rivoluzione: oggi non ha più molto senso lo slogan "trasformazione della guerra imperialista in guerra civile" anche perché la guerra tra software è difficilmente trasformabile in qualcos'altro. Ci sono ancora gli operai nelle fabbriche e i soldati in carne ed ossa che sparano e guidano carrarmati, ma sempre più funzioni oramai sono svolte dalle macchine. Dal punto di vista della guerra, questa diventa sempre più automatica, robotizzata, computerizzata. L'attacco coordinato di uno sciame di droni aerei, terrestri e marini può essere sventato solo da un sistema automatico. Si pensi che gli obiettivi colpiti dall'esercito israeliano nella Striscia di Gaza sono suggeriti da un sistema basato sull'intelligenza artificiale (Gospel).

L'ultimo numero di Limes è intitolato "Stiamo perdendo la guerra" e si riferisce all'Occidente ed in primis all'Italia: "In termini limesiani, Caoslandia si allarga mentre diventa più caotica e preme su di noi. Sommando gli addendi, fra collisioni di potenze e rivolgimenti nelle aree a bassa pressione geopolitica che disegnano il nostro intorno, tutte le nostre linee rosse sono simultaneamente sfidate." Secondo la rivista di geopolitica, viene meno l'ombrello nucleare sotto cui l'Italia si riparava, quello americano, e sta venendo meno anche l'ombrello economico, la Germania. La conclusione è che stanno saltando tutti gli equilibri che tenevano in piedi il sistema-mondo dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi. Gli USA si trovano di fronte ad una crisi mondiale di difficile gestione, ma anche ad un fronte interno che scricchiola: crisi economica, polarizzazione sociale e politica. Per Limes si prospettano all'orizzonte due scenari: il dilagare del caos oppure l'instaurarsi di un nuovo ordine, di nuovi equilibri internazionali in un mondo post americano. Noi introduciamo un terzo scenario: dopo la fase di dominio americano, non ci sarà alcun passaggio di consegne interno alla dinamica imperialistica, ma una transizione di fase verso una società completamente diversa.

In chiusura di teleriunione, si è accennato alle motivazioni materiali che stanno dietro alle "proteste dei trattori" e al problema fondamentale dell'agricoltura. Nell'articolo "L'uomo e il lavoro del Sole" abbiamo visto che la conduzione della terra si svolge quasi ovunque in modo capitalistico, con l'impiego di macchine, una gestione centralizzata da parte di grandi gruppi, l'intervento dello Stato (sussidi) e pochi operai. Dall'India arrivano notizie di masse di agricoltori che stanno marciando verso Delhi per chiedere un prezzo minimo garantito per i propri prodotti.

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