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  • Resoconto teleriunione  17 settembre 2013

Dal disordine alla morfogenesi

La teleriunione di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata con una serie di riflessioni sulle concezioni di probabilità, probabilismo e determinismo. Secondo Wikipedia "si definisce determinismo quella concezione per cui in natura nulla avviene a caso, ma tutto accade secondo ragione e necessità. Il determinismo dal punto di vista ontologico indica quindi il dominio incontrastato della necessità causale in senso assoluto giudicando quindi nel contempo inammissibile l'esistenza del caso. Il determinismo è associato alla teoria della causalità, sulla quale si appoggia." I luogocomunisti pensano che la citazione del Manifesto (1848) sulla possibilità della rovina di tutte le classi, metta in discussione il ferreo determinismo in Marx e apra la porta all'indeterminismo, ovvero all'impossibilità di fare previsione:

"Liberi e schiavi, patrizi o plebei, baroni e servi, capi di maestranze e garzoni, in una parola oppressori od oppressi, furono sempre in contrasto, e continuarono, in modo nascosto o palese, una lotta che finì sempre con la trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta."

La possibilità della catastrofe generale può essere assimilata ad una regressione termodinamica, e cioè alla perdita d'informazione da parte del sistema. In tal senso, in una recente teleconferenza, abbiamo detto che, scientificamente, non è da escludere una degenerazione irreversibile della biosfera e un collasso dell'ecosistema, fino all'impossibilità per lo stesso genere umano di esistere. Questa ipotesi è accomunabile a quella, scientificamente possibile anche se poco probabile, dell'asteroide che colpisce la Terra cancellando di colpo la vita umana. Ma tutto questo non c'entra nulla con l'indeterminismo dilagante in certi ambienti politico-filosofici, per cui conta solo l'azione politica realizzata dalla "filosofia della prassi". Sulla probabilità, matematici come Bruno de Finetti si spingono fino a negare che essa esista:

"La mia tesi, paradossalmente... è semplicemente questa: 'La probabilità non esiste'. L'abbandono di credenze superstiziose sull'etere cosmico, su spazio e tempo assoluto... su fate e streghe, sono stati fatti essenziali nel cammino del pensiero scientifico. Anche la probabilità, se considerata come una cosa dotata di una specie di esistenza obiettiva, è pure un pseudo concetto ingannatore, un tentativo di rendere concrete le nostre personali credenze probabilistiche." (Teoria delle probabilità. Sintesi introduttiva con appendice critica)

Questo tema si intreccia a quello del finalismo determinista, che abbiamo proposto di chiamare teleodinamica, più volte affrontato nei nostri lavori: se il percorso della storia è di un certo tipo, allora si va deterministicamente da una parte e non dall'altra. Dal punto di vista deterministico non è superato Laplace quando afferma che "un'intelligenza che in un certo istante conoscesse tutte le forze che mettono la natura in moto e tutte le posizioni di tutti gli oggetti la quale natura è conosciuta, se questo intelletto fosse anche abbastanza vasto per analizzare questi dati, raccoglierebbe in una singola formula i movimenti dai più grandi corpi dell'universo a quelli del più piccolo atomo; per una tale intelligenza niente sarebbe incerto e il futuro, come il passato, sarebbe il presente ai suoi occhi" (Essai philosophique sur les probabilités, Introduction. 1814)

Le particelle subatomiche vanno apparentemente dove vogliono, e i loro movimenti sono prevedibili solo in senso statistico; il comportamento umano può essere assimilato a quello delle particelle perché ci sono molteplici interazioni e movimenti caotici. Se diamo un calcio ad una pietra, questa percorre una traiettoria newtoniana, in linea di massima prevedibile; se diamo un calcio a un gatto, abbiamo una reazione del felino, che può scappare, aggredire, muoversi su traiettorie complesse. Ci sono interazione e retroazione, per cui cambia la storia del fenomeno osservato ed emergono particolarità e imprevedibilità. Insomma, col gatto la farebbe da padrone il "caso". In realtà affermare che il caso esiste equivale a riconoscere l'esistenza di fenomeni naturali che non potremo mai descrivere, dunque mai comprendere. René Thom nell'articolo Basta con il caso, taccia il rumore distrugge matematicamente le tesi filosofiche degli indeterministi ribadendo con forza la validità del determinismo:

"Il mondo è costretto a un determinismo rigoroso o esiste un 'caso' irriducibile a qualsiasi descrizione? Così posto, evidentemente, il problema è di natura metafisica, e solamente un'opzione del pari metafisica è in condizione di scioglierlo. In quanto filosofo, lo scienziato può lasciare aperta la questione; ma in quanto scienziato ha il dovere di principio - sotto pena di cadere nell'autocontraddizione - di adottare una posizione ottimistica e di postulare che in natura nulla è aprioristicamente inconoscibile."

La società umana è come un grande organismo all'interno del quale ci sono cellule mutanti che si polarizzano in un certo modo anticipando il futuro. Se dalla materia inanimata sono sorte forme di vita, ciò significa che da un ordine originario, che le cosmologie antiche hanno chiamato Caos, è stato possibile il salto a un ordine di grado superiore. Vi è dunque all'interno del caos un potenziale in grado di emergere, una capacità di auto-organizzazione da parte della materia. Il che significa una capacità di aumentare il proprio grado di informazione. E tutta l'informazione aggiuntiva non può che provenire da ciò che non è ancora organizzato, ovvero da ciò che chiamiamo caos. Giunti al livello attuale di organizzazione della materia, che comprende l'uomo con la sua capacità di intervenire ulteriormente sulla materia aggiungendo informazione, cioè progettando, cioè immaginando in anticipo un risultato futuro, questo "rovesciamento della prassi" si auto-alimenta, amplifica i suoi effetti. Con il capitalismo si ha una contraddizione massima: da una parte persiste il decorso "naturale" di una società che non si è ancora affrancata dall'evoluzione darwiniana, dalla legge della jungla; dall'altra si è raggiunta una grande capacità di progetto che ha coperto il pianeta di manufatti, ma ammassati caoticamente, disorganicamente. Con il capitalismo, l'informazione che produce più informazione diventa valore che diventa più valore cioè plusvalore. Invece di una retroazione positiva, che fa scattare a un livello superiore, si ha un'accumulazione dissennata, un mero quantitativismo produttivo, un dilagare delle aree urbane, delle infrastrutture e delle merci come metastasi di un cancro.

Dalla preistoria a oggi, attraverso le società di transizione, quelle antico-classiche e quelle feudali, l'evoluzione umana è stata permeata dall'estrema contraddizione fra la crescita della dissipazione (diminuzione del rendimento energetico) e la capacità potenziale di limitarla (di aumentare il rendimento). Ciò può essere analizzato sia come lotta fra dissipazione ed equilibrio energetico, sia come lotta fra modi di produzione, quello esistente e quello emergente, cioè lotta fra classi. Dal punto di vista fisico l'aumento di informazione è diminuzione di dissipazione, quindi ogni rivoluzione è movimento da uno stato più probabile della materia (disordine) a uno meno probabile (ordine), ottenuto attraverso il progetto (Marx: differenza fra l'ape e l'architetto).

Nella relazione L'emergere palese della nuova forma sociale (nostro incontro del 13-15 settembre), è stato citato il lavoro di alcuni matematici russi che negli anni '30 del secolo scorso tentavano di realizzare modelli di pianificazione produttiva e distributiva nell'ambito del capitalismo emergente dell'URSS (Kantorovich e altri). La "programmazione lineare" ebbe successo unicamente con l'enorme sforzo produttivo durante la Seconda Guerra Mondiale, specie da parte degli americani. In URSS fallì, almeno a livello di pianificazione sociale, da una parte per la difficoltà di realizzare affidabili modelli matematici di simulazione, dall'altra, e soprattutto, perché una società capitalistica non è programmabile se non localmente. Con il potenziale tecnico odierno, grandissime organizzazioni come Wal Mart (ma anche le case automobilistiche ecc.) riescono a pianificare processi che per i russi risultavano inaccessibili. Comunque, ogni organizzazione, per quanto grande, fa da sé. Ciò significa che il raggiunto potenziale di progetto, di rovesciamento della prassi, non è solo tecnico ma decisamente sociale, pur essendo frenato dall'involucro capitalistico.

Le teorizzazioni indeterministiche sono in fondo una specie di autogiustificazione della classe dominante: le infamie della sua società avrebbero cause imperscrutabili e quindi non imputabili ad essa. Poincaré, grande scienziato del suo tempo, fu il primo a fare confusione fra probabilità e indeterminismo, affermando che un evento imprevedibile è "fortuito" (che è il contrario di "determinato"), dando inizio non solo alle moderne teorie del caos ma anche alla leggenda secondo cui il meccanicismo di Newton e Laplace sarebbe "superato". Studiando il problema di tre corpi che si muovono nello spazio con i loro campi gravitazionali in influenza reciproca, Poincaré ne ricavò che il sistema era caotico e imprevedibile. Proprio mentre i citati matematici russi gettavano la spugna a proposito della programmazione lineare, alcuni loro colleghi, tra cui Kolmogorov, dimostravano che anche i sistemi caotici sottoposti a perturbazione si stabilizzano entro limiti determinati e quindi prevedibili. Ne deriva che il caos in effetti non esiste, esistono soltanto "aree" di attività della natura di per sé poco in-formate (messe in forma) ma in grado di in-formarsi, da sole o venendo in contatto con altre "aree". Una catena deterministica, pur perturbata da eventi soverchianti, può seguire il suo corso portando a risultati simili anche nel contesto di scenari diversi. Ciò significa che è possibile programmare socialmente anche in modo globale e non solo locale.

En passant, bisogna aggiungere che, contrariamente a quanto si crede, anche la meccanica quantistica non sfugge alle leggi del determinismo. Se non ci si fida di anonimi militanti rivoluzionari, facciamolo dire a Steven Weinberg, premio Nobel per la fisica: In meccanica classica il lancio della moneta può dare solo testa o croce. In meccanica quantistica interviene un vettore di stato che può indicare ogni posizione intermedia. Il calcolo avviene secondo "un teorema non proprio recente dovuto a Pitagora… La dinamica del sistema si descrive allora precisando secondo quale regola il vettore di stato ruoti in funzione del tempo… Detto fra parentesi, ciò avviene sempre in maniera assolutamente deterministica, l'indeterminismo interviene soltanto quando si cerca di misurare quale stato occupi la moneta. La meccanica quantistica è tutta qui… Credo proprio che essa sopravviverà, in parte a causa degli enormi successi, ma principalmente a causa del senso di assoluta inevitabilità che ci comunica" (S. W., Alla ricerca delle leggi ultime della fisica, Il Melangolo, 1993, pp. 17-18).

Il determinismo a questo punto della storia umana è inattaccabile, e l'unico modo per affrontare la questione è studiare quanto hanno scritto i nostri maestri. Per guardare lontano, si deve salire sulle spalle dei giganti:

"Einstein non è l'alfiere dell'anti-determinismo, dell'anti-causalismo, il campione della teoria filosofica della incertezza o addirittura della impossibilità della scientifica conoscenza. E nemmeno del metodo probabilista, noto del resto ai classici e studiato nelle sue leggi fin da Laplace medesimo, che non si sarebbe contentato - se avesse pizzicato di politica - di dire: è solo molto probabile che la borghesia e la sua ideologia se ne vadano al diavolo." (Amadeo Bordiga, Relatività e determinismo)

Si è poi passati a trattare gli altri argomenti discussi nella riunione redazionale: oltre alle due relazioni presentate nella locandina sono state fatte delle integrazioni sul Futurismo e sulla situazione politico-militare in Siria. Nella relazione Una cosa che chiamiamo arte, si è preso spunto da un articolo de il programma comunista (Il recente dibattito russo su arte e letteratura) e di qui si è partiti per fare una critica sia all'articolo stesso che alla teoria del "rispecchiamento estetico" di Lukács. Sono state lette varie citazioni di Marx, Engels e Bordiga per dimostrare che l'arte-scienza-industria è un fenomeno unitario. E' stata ripercorsa la storia di quello che la nostra corrente chiama rovesciamento della prassi, mettendo in evidenza come anche durante il Medioevo, il cosiddetto periodo buio, ci sono state delle importanti realizzazioni tecnico-scientifiche preparatorie all'avvento del Rinascimento.

In conclusione abbiamo fatto uno "zoom" sulla situazione in Siria per dimostrare come non si possa analizzare la guerra civile in atto senza metterla in relazione con quanto accade a livello globale. Gli americani sono in una situazione estremamente contraddittoria: non possono appoggiare Assad né tantomeno gli estremisti islamici. Edward Luttwak ha scritto un provocatorio editoriale sul New York Times, in cui sostiene che gli Stati Uniti perderebbero in ogni caso, se una delle due parti vincesse la guerra. Quindi devono puntare al "pareggio permanente". Tutti i gruppi presenti sul campo, siano essi etnici, politici o religiosi, vengono finanziati dalle varie potenze che lavorano dietro le quinte (proxy war). E' più che mai necessario uno sbocco di tipo discontinuo perché il marasma sociale non può durare in eterno; però, essendoci interessi contrastanti, tutti cercano di avvantaggiarsi dalle difficoltà altrui. Così facendo, la mattanza continua e rischia di andare out of control. Il capitalismo tenta di superare, anche se non lo può, le sue contraddizioni nei modi che la maturità storica e lo stadio dei rapporti di classe permettono, ed è questo tentativo che provoca mutamenti politici nella sovrastruttura.

Per certi versi l'intricata situazione siriana ricorda quella del governo italiano, con il destabilizzante braccio di ferro sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore: interessi particolari e contrastanti vengono a fatica controbilanciati dalle spinte prodotte dall'interesse generale della classe dominante. Dal globale al locale, il mondo si allontana sempre più da ogni equilibrio, diventa sempre più instabile.

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