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  • Resoconto teleriunione  11 novembre 2014

E' tempo di sciopero sociale?

La teleconferenza di martedì scorso, a cui hanno partecipato 18 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sullo "sciopero sociale" del 14 novembre. L'iniziativa durerà per tutta la giornata e coinvolgerà i sindacati di base, una serie di reti sociali e diversi "segmenti" di classe. L'organizzazione è interessante: manifestazioni in ogni città virtualmente unite da un network nazionale di riferimento con collegamenti esteri. La modalità ricorda quella diffusasi con Occupy negli Stati Uniti, anche se in Italia è molto più difficile lasciarsi alla spalle il vecchiume politico e sindacale.

Nella stessa data scenderà in piazza, a Milano, anche la Fiom. Non è da sottovalutare la sua capacità di trasformismo. Si pensi per esempio all'autunno del 1969, quando il sindacato si aprì alle spinte che arrivavano dal basso, riuscendo così a recuperare ampi settori di dissenso operaio. Pure la Cisl negli anni Settanta si trasformò in fretta e furia in un sindacato di sinistra, e attirò a sé tutti i gruppettari espulsi dalla Cgil.

Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, oggi anche la ripetizione di un movimento come quello di Solidarnosc è improbabile, perché le condizioni che si verificarono allora sono irripetibili: Russia al collasso, tutto il proletariato iscritto allo stesso sindacato di stato, condominio imperialistico Usa-Urss. Ma lo sviluppo del movimento di sciopero in Polonia rimane paradigmatico: un grande proletariato inquadrato in organizzazioni intermedie che arriva attraverso di esse a costituirsi in partito politico.

In Italia si sta prospettando una situazione catastrofica a livello sia economico che sociale: collasso sistemico, marasma sociale e singolarità storica. Molto probabilmente assisteremo alla formazione di strutture intermedie tipo i soviet russi, in versione 3.0, i cui mezzi di comunicazione - lo abbiamo già visto con gli Indignados e con OWS - saranno i social network. Gli occupiers, con le loro assemblee generali, sono andati molto vicino alla forma sovietista, ma gli è mancata una salda base programmatica e la trasformazione in partito non si è verificata. Jacque Fresco (Venus Project) fa notare che un movimento così vasto e così orientato contro il capitalismo non può avere futuro senza un programma sui fini. Se un movimento anticapitalista non si proietta verso una forma sociale alternativa, ha detto, si esaurisce semplicemente nella rivendicazione di una diversa ripartizione della torta esistente.

La teleconferenza è proseguita con alcune inevitabili considerazioni sui disastri dovuti al maltempo. Il cambiamento climatico comincia ad avere effetti pesanti sul territorio. Ha colpito l'immagine di Genova minacciata da due trombe d'aria, che in contemporanea si abbattono sul porto. Anche a Carrara l'alluvione ha provocato seri danni. La popolazione, riconoscendo l'amministrazione cittadina colpevole del disastro, ha occupato il Comune per gestire da sé l'emergenza, organizzandosi in gruppi di lavoro. Un'anticipazione si era avuta nel capoluogo ligure con un corteo che aveva lanciato uova, monetine e bottiglie d'acqua contro il municipio. E il Comune occupato si è visto anche a Terni, dove in segno di protesta gli operai della ThissenKrupp hanno bloccato il Consiglio comunale. Di fronte all'inefficienza e all'incapacità delle istituzioni a sostenere le popolazioni di fronte alle emergenze, climatiche o sociali, situazioni di questo tipo si fanno sempre più frequenti.

Le lotte, ovunque, tendono del tutto spontaneamente a sincronizzarsi. A Bruxelles, portuali, studenti e precari, si sono scontrati con decisione con la polizia. A Londra, il 5 novembre, anniversario della Congiura delle polveri, ci sono stati scontri davanti al parlamento. In Messico si estendono e si radicalizzano le manifestazioni per l'uccisione dei 43 studenti, e anche in altre parti del mondo ci sono mobilitazioni in solidarietà ai messicani in lotta (#AyotzinapaSomosTodos).

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    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 15 compagni, ha avuto come tema principale la guerra in Ucraina scoppiata circa un anno fa.

    Abbiamo iniziato la discussione analizzando le prese di posizione di alcuni militari italiani, (Leonardo Tricarico e Marco Bertolini) contrari all'invio dei carri armati prodotti in Germania. Si è quindi passati a commentare quanto scrive il generale Fabio Mini nel suo ultimo libro L'Europa in guerra (ed. PaperFIRST, 2023). Una prima considerazione da fare, leggendo i capitoli iniziali del testo, riguarda il fatto che le campagne di denuncia di leniniana memoria sono ormai sostenute dagli stessi generali dell'esercito, motivo per cui i comunisti non si possono fermare a tale livello e devono per forza andare oltre.

    In L'Europa in guerra si dice che lo svuotamento degli obsoleti arsenali occidentali, dovuto alle forniture di armi a Kiev, rende necessario il rinnovo degli armamenti e apre le porte all'adozione di nuove risorse tecnologicamente più avanzate ed efficienti. Tali equipaggiamenti, afferma Mini, sono prevalentemente americani e legano sempre più l'Europa agli Stati Uniti, paese che maggiormente investe nella preparazione e nell'impiego di forze militari. Gli alleati NATO dell'Est Europa sono le punte di lancia dell'America nel Vecchio Continente.

    Per il generale, l'Ucraina sta combattendo contro l'Europa per e con gli Stati Uniti. E l'obiettivo di quest'ultimi è mantenere l'egemonia sull'Europa e interrompere qualsiasi legame politico ed economico tra Berlino e Mosca, costringendo gli alleati a importare da loro risorse energetiche a costi più alti. In ballo c'è il controllo di un mondo che non accetta più supinamente il dominio del dollaro. Come nota l'Economist ("What Ukraine means for the world"), solo un terzo della popolazione mondiale vive in paesi che hanno condannato la Russia per l'invasione dell'Ucraina e le hanno imposto sanzioni.

  • "Pericolose tempeste" in arrivo

    La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo al XX congresso del PCC che si è aperto domenica 16 ottobre nella Grande sala del popolo di Pechino con il discorso del presidente Xi Jinping.

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    L'economia cinese sta rallentando, a causa degli esordi della recessione globale ma anche per la linea zero Covid, che ha imposto blocchi e limitazioni agli scambi e agli spostamenti. A ciò si sono aggiunti, negli ultimi tempi, i problemi del mercato immobiliare (vedi caso Evergrande), settore verso cui sono confluiti i risparmi di molti cinesi.

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    "Da questo conflitto nascerà un nuovo disordine mondiale. Non un ordine, perché chiunque vinca, o sopravviva, non sarà in grado di riprodurre la Pax Americana. Nemmeno l'America. Washington resterà il Numero Uno per carenza di alternative. Ma il capoclassifica non potrà ostentarsi egemone globale, né forse lo vorrà. Ridurre ad unum questa Babele d'otto miliardi di anime e diverse centinaia di attori o comparse geopolitiche è affare di Dio, non di Cesare. Per quanto intuiamo, Dio non è interessato all'impresa. Preghiamo."

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Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

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