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  • Resoconto teleriunione  10 marzo 2015

Guerra, complottismo e lotte nel mondo

La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, si è aperta con le notizie provenienti dal fronte iracheno.

L'offensiva su Tikrit serve probabilmente a saggiare il grado di tenuta dell'esercito di Baghdad coadiuvato da 15 mila volontari sciiti. L'operazione dovrebbe risultare abbastanza semplice viste le ingenti perdite avvenute tra le fila dello Stato Islamico in seguito ai bombardamenti. I miliziani dell'IS usano una strategia militare basata su azioni veloci: non avendo a disposizione truppe sufficienti non riescono a presidiare e controllare tutto il territorio conquistato e, se Tikrit andasse persa, potrebbero spostare la linea di difesa in una zona poco a sud di Mosul per preservare l'importante nodo strategico.

Un compagno ha quindi letto dei brani da Un superbo lavoro, Rummy, articolo del 2004 in cui abbiamo delineato alcuni possibili scenari per un Iraq post-invasione:

"Tutte le guerriglie passano prima o poi attraverso una fase di riorganizzazione, di ricerca della disciplina, di centralizzazione. Per quanto sia difficile fare i conti con la tradizione beduina, anche in Iraq succederà la stessa cosa e, senza ombra di dubbio, sarà la guerriglia nazionalista ad assorbire le forze esterne, a costo di combattere contro di esse nel caso si opponessero a un comando locale. Nessuno può essere sicuro che la guerriglia potrà sopravvivere, ma se riuscirà a farlo, non ci sarà governo fantoccio in grado di contrapporsi."

In Nigeria continua l'espansione di Boko Haram. I paesi limitrofi, Ciad, Niger e Camerun, hanno mobilitato i loro eserciti per il presidio dei villaggi e per tentare azioni di contrattacco. L'Unione Africana ha schierato, sotto il controllo Onu, circa 8000 uomini.

Il marasma sociale e la guerra avanzano. I sinistri occidentali ripiegano sul complotto e si affidano ai professionisti della dietrologia per farsi un'idea del mondo. Chossudowsky, Chiesa, Blondet, Bosco, Meyssan e altri, a varie sfumature, da tempo sostengono che c'è un enorme complotto, una specie di Impero del Caos (Blondet) che si dedica a farci credere una cosa per l'altra al fine di sottometterci con la paura. Così tutto si mescola e l'attività controrivoluzionaria vera della borghesia viene messa in barzelletta.

Il guaio è che in campo marxista la mentalità complottista ha provocato danni non indifferenti. Siccome i maggiori complotti sono ovviamente americani, tutto ciò che è antiamericano va bene, compreso l'integralismo islamico. Tutti ricorderanno "Baghdad come Stalingrado, ora e sempre Resistenza". C'è ovviamente un po' di confusione: la Resistenza europea aveva combattuto per gli americani e quella irachena o era sciita o era una prefigurazione di al Qaeda. Chi aveva avuto simpatie per l'anti-imperialista Khomeini si trova spiazzato di fronte agli anti-imperialisti dell'IS, che per il momento sono ancora ritenuti una creazione americana (Chossudowsky); chi aveva simpatie per i Kurdi s'è dovuto ricredere, dato che sono diventati prima un bastione americano contro Saddam Hussein, poi la prima linea di difesa contro l'avanzata dell'IS. Non parliamo poi delle rivolte sociali, che dalla "rivoluzione arancione" in poi per qualcuno sono diventate "color merda", dato che erano contro borghesie nazionali avverse agli americani (ma anche qui un pesante difetto di invarianza: l'Egitto era ed è amico degli americani e di Israele). Il fatto che montasse in campo internazionale un marasma sociale in certi casi sfociato in guerra era evidentemente considerato secondario rispetto al "tifo" partigianesco.

La riunione è proseguita con gli aggiornamenti sulle lotte nel mondo.

Centinaia di operai indiani, pachistani e bangladesi del settore edile sono scesi in sciopero in questi giorni a Dubai, dove lo sfruttamento del lavoro è bestiale. Secondo l'International Trade Union Confederation, nei paesi del golfo sono milioni i lavoratori immigrati di origine asiatica o africana soggetti ad abusi di ogni tipo da parte dei datori di lavoro, tra cui stipendi non pagati, confisca dei passaporti, lavori forzati e maltrattamenti.

Negli Usa migliaia di manifestanti hanno occupato il Campidoglio di Madison, in Wisconsin, in seguito all'uccisione del diciannovenne Tony Robinson da parte della polizia. Si estende il movimento contro la violenza poliziesca verso gli afroamericani #BlackLivesMatter e si intreccia con le lotte dei lavoratori, soprattutto con quelle dei "working poor". Il 14 aprile è stato indetto uno sciopero dai lavoratori che lottano per una paga oraria di 15 dollari l'ora (#FightFor15).

In Messico, in risposta alla sparizione dei 43 studenti "normalistas de Ayotzinapa", si è formato il movimento #AyotzinapaSomosTodos che si è velocemente globalizzato e unificato con quello degli insegnanti in sciopero nella capitale e in altre città messicane.

Tutti questi movimenti hanno carattere rivendicativo e assumono allo stesso tempo tratti chiaramente anticapitalisti. Sulla stessa linea il movimento francese ZAD ("Zones à défendre"), nato contro le grandi opere, la devastazione ambientale e più in generale contro la società così com'è. Comitati locali hanno moltiplicato in questi mesi le azioni di blocco e di occupazione delle terre, contro un'opera (la diga Sivens) che richiama molto da vicino la devastazione dei territori a cui si oppone in Italia il movimento No Tav.

Sul sociale interviene anche il Movimento 5 Stelle che ribatte la vecchia proposta del reddito di cittadinanza. Secondo i pentastellati, la misura, oltre a "dare una occasione alla gente", servirebbe a riattivare i consumi e quindi a far ripartire l'economia. La realtà è che il tema sta diventando questione di "tenuta sociale": secondo gli ultimi dati della Caritas, in Italia sono 6 milioni i poveri e più di 1 milione gli affamati. Il reddito di cittadinanza è richiesto da elementi interclassisti come provvedimento riformista per tutti i cittadini; noi preferiamo rivendicare il salario ai disoccupati, obiettivo di lotta dei soli proletari per i loro compagni che rimangono senza lavoro.

Dagli altri partiti intanto arrivano sempre più forti i segni di sgretolamento. Se Renzi prosegue nell'opera di esautorazione del Parlamento, il Pd frammentato rimane pericolosamente sull'orlo del caos, Forza Italia si divide in più correnti, e la Lega perde il suo storico radicamento territoriale. Insomma, pare che tutti facciano fatica a tenere insieme i pezzi. Ma se il sistema politico non ce la fa a restare al passo col Capitale, quest'ultimo trova nuovi strumenti di controllo. Ne è esempio la Magistratura. Basti pensare alle indagini di "Mafia Capitale", chiuse tanto velocemente quanto aperte, probabilmente per il timore di portare a galla l'enorme rete di interessi di certo non limitata alla sola Roma. I fenomeni di corruzione che esplodono all'interno della classe dominante, e maggiormente in tempi in cui l'economia va male e contano anche le "briciole", richiedono l'intervento della Magistratura, affinché essa possa riportare il disordine a livelli accettabili.

La teleconferenza si è conclusa con un accenno al varo del maxi-piano di acquisti di bond della BCE, operazione che prevede l'immissione di oltre 1000 miliardi di euro nel sistema finanziario. L'avvio del quantitative easing non ha ancora registrato movimenti rilevanti nelle borse. Una tale quantità di denaro può far aumentare l'inflazione ma anche produrre effetti spiacevoli: l'aumento della liquidità potrebbe infatti attivare capitali congelati che, andando alla ricerca di valorizzazione, potrebbero sconquassare ancor di più il sistema.

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    Nell'articolo "Proletari, schiavi, piccolo-borghesi o... mutanti?", pubblicato sulla rivista n. 4 (2001), descrivevamo una serie di trasformazioni che all'epoca si potevano solo intravedere; allora, infatti, non c'erano i rider, non c'erano i clickworkers e di intelligenza artificiale si parlava poco:

    "La struttura mondiale del lavoro sociale, la socializzazione crescente della forza produttiva umana, non possono non avere effetti materiali sulle forme in cui si manifesta lo sfruttamento. Se la miseria e il sottosviluppo odierni sono fenomeni modernissimi dovuti alla distruzione irreversibile dei rapporti antichi, l'estendersi enorme di rapporti di lavoro atipici nelle aree metropolitane non devono essere considerati fenomeni di regresso: saranno anch'essi a tutti gli effetti il risultato di progresso, quindi, per definizione, riflessi del futuro sul presente in via di liquidazione continua."

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