Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  25 ottobre 2016

Cronicità

La teleconferenza di martedì scorso, presenti 11 compagni, è iniziata commentando i ripetuti attacchi informatici contro gli Usa.

A luglio di quest'anno un gruppo di hacker, probabilmente cinesi, ha attaccato con un malware una portaerei americana che pattugliava, nel Mar Cinese meridionale, l'area contesa fra Cina e Filippine. Lo scorso 21 ottobre ad essere colpita è stata tutta la East Coast americana. La Dyn, una importante azienda che gestisce i DNS di numerosi siti web, associando il nome del dominio al relativo indirizzo IP, è stata oggetto di un attacco "DDoS" (Distributed Denial of Service) che consiste nel sovraccaricare di traffico i server inoltrando contemporaneamente moltissime richieste da diversi punti della rete. Risultato: decine di siti, tra cui Twitter, Amazon, Spotify, Cnn, New York Times, Financial Times, The Guardian, Visa e eBay, non sono stati accessibili per ore. La novità è che l'attacco è partito da una rete composta da centinaia di migliaia di apparecchiature domestiche connesse a Internet, in particolare telecamere di sorveglianza e stampanti, infettate da malware. Così come avviene nei campi di battaglia mediorientali e in Nordafrica, anche nella Rete è in atto una guerra di tutti contro tutti.

A proposito di guerra, si è passati a parlare del fenomeno dell'immigrazione e delle sue conseguenze. A Calais, in Francia, è iniziato lo sgombero del campo-ghetto che ospitava qualche migliaio di disperati durante il quale si sono verificati scontri con la polizia; a Lesbo, una struttura della Ue che gestisce le domande di asilo è stata data alle fiamme da un centinaio di clandestini; a Goro, nel ferrarese, gli abitanti hanno bloccato l'ingresso del paese per impedire l'arrivo di una decina di rifugiati. Sono le avvisaglie di cosa potrebbe succedere in futuro. E' molto probabile che l'odio contro gli immigrati cresca proporzionalmente all'aumento degli afflussi e al peggioramento delle condizioni di vita nei paesi occidentali. Il mondo capitalistico procede spedito verso il massimo di entropia: le masse di senza riserve che scappano da fame e guerra vanno ad ingrossare la sovrappopolazione assoluta e così – vendetta della storia - i vecchi paesi colonizzatori vengono colonizzati.

Più volte abbiamo citato il rapporto della Nato Urban Operations in the Year 2020 che prevede entro quella data l'utilizzo sempre più massiccio di soldati per il pattugliamento delle strade, un estremo tentativo del capitalismo di salvare sé stesso attraverso forme di controllo capillare del territorio. Quando tutto sta collassando, rimane solo l'esercito a fare da argine al caos, a meno che non sorgano comunità auto-organizzate come Occupy Sandy (la struttura di mutuo-aiuto che è riuscita a mettere in sicurezza molte abitazioni colpite dall'uragano abbattutosi sulla costa orientale degli Stati Uniti) in grado di rappresentare un'alternativa.

La teleconferenza è proseguita con alcune considerazioni riguardo la situazione sociale in Egitto. È diventato virale sui social network (6 milioni di visualizzazioni) lo sfogo di un tassista contro il governo in carica. Il conducente di taxi è stato arrestato dalla polizia, interrogato, e poi scomparso con tutta la famiglia. L'Egitto è una bomba a orologeria: l'esercito è arrivato a requisire lo zucchero nelle fabbriche e i beni di prima necessità iniziano a scarseggiare. Con circa 100 milioni di abitanti ammassati in pochi centri urbani, in un contesto di profonda crisi economica in cui il FMI eroga finanziamenti in cambio di ulteriore austerity, paiono esserci tutti gli ingredienti per una "tempesta perfetta". Lo scorso settembre aveva fatto notizia la protesta delle donne, le protagoniste della rivoluzione di Piazza Tahrir nel 2011, contro il taglio dei sussidi per il latte artificiale.

Se mettiamo insieme la guerra generalizzata, il marasma sociale e il collasso degli Stati, possiamo ben capire qual è il futuro del capitalismo. Gli stati si combattono attraverso la Rete, intere popolazioni migrano e serpeggia la guerra tra poveri. Viene in mente Il medioevo prossimo venturo, in cui Roberto Vacca tratta dell'interconnessione tra elementi della società e spiega come da un accumulo continuo di condizioni particolari si possa arrivare ad una discontinuità. In una recente recensione al libro, l'autore sostiene che i grandi sistemi tecnologici proliferano senza piani globali producendo sempre più impatti l'uno sull'altro. L'instabilità e il blocco di un sistema potrebbero produrre blocchi a cascata di altri sistemi nelle nazioni più avanzate.

Una struttura complessa si autoregola, i suoi sensori mandano e ricevono segnali, ma per gli stessi motivi può anche disgregarsi. Pensiamo all'Europa, l'esempio più calzante di un insieme che non funziona. Il Ministro dell'Interno Alfano, in riferimento alla lettera in arrivo dalla Ue e che potrebbe mettere il veto alla legge di bilancio varata solo qualche giorno fa, afferma: "Se ci arriverà una letterina dall'Europa, faremo come hanno fatto gli altri Paesi: non faremo niente. Non ci faremo certamente ridurre l'impatto positivo da una lettera dell'Europa".

La disgregazione dei sistemi vale anche per il mondo del (non) lavoro. Dal 2008 ad oggi sono stati distribuiti 350 milioni di voucher, che vengono utilizzati non solo nel privato ma anche nel pubblico. Ne dà notizia Il Fatto Quotidiano: "Dai tecnici del bilancio fino ai servizi funebri, decine di Comuni usano buoni lavoro senza diritti". Nessun settore lavorativo è al sicuro dalla moderna schiavitù capitalistica e perciò, checché ne dicano sindacalisti e movimentisti difensori della Costituzione (borghese), è sempre più attuale il grido di battaglia del Manifesto:

"I proletari non hanno nulla di proprio da salvaguardare; essi hanno soltanto da distruggere le sicurezze e le guarentigie private finora esistenti."

Articoli correlati (da tag)

  • Una società in crisi irreversibile

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la sommossa in corso in Bangladesh.

    Da un paio di settimane in tutto il paese si susseguono importanti manifestazioni. Gli studenti, opponendosi ad una legge che prevede una serie di facilitazioni alle famiglie dei reduci della guerra di liberazione dal Pakistan, si sono scontrati duramente con polizia ed esercito. L'epicentro della rivolta è stata l'Università di Dacca. Al di là della contestata legge, è evidente che anche il Bangladesh affronta gravi problemi di disoccupazione giovanile.

    Ottavo paese più popoloso del pianeta, con 170 milioni di abitanti, il Bangladesh ha un'età media molto bassa e una popolazione concentrata principalmente nell'area urbana di Dacca, che ha una densità abitativa altissima, con 45.000 abitanti per km². Finora si registrano 160 morti, oltre a migliaia di feriti, manifestanti scomparsi, casi confermati di torture, anche ai danni dei giornalisti. Il governo ha chiuso Internet, ma così facendo ha contribuito ad aumentare il caos.

    Oltre alle manifestazioni nella capitale, ci sono stati blocchi delle autostrade e delle ferrovie, attacchi alle stazioni di polizia, tentativi di invasione delle sedi delle TV, e la liberazione di detenuti dal carcere: tutti eventi che danno l'idea di una situazione quasi insurrezionale. Almeno a partire dal 2006, nel paese si è verificata una lunga serie di scioperi nelle fabbriche, in particolare nel settore tessile.

  • La società analizzata con il wargame

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando l'articolo "Wargame. Non solo un gioco" (rivista n. 50), particolarmente utile per comprendere i conflitti bellici e sociali in corso, e per evitare di commettere errori logici nell'analisi.

    In "Wargame" troviamo considerazioni inerenti alla "trasformazione della guerra imperialista in guerra civile", parola d'ordine dell'Internazionale Comunista. Storicamente, la guerra non rappresenta un problema per l'imperialismo ma la soluzione (temporanea) alla sua crisi. Difatti, la nostra corrente afferma che nell'epoca moderna, anche a causa del modo di condurre i conflitti, o passa la guerra o passa la rivoluzione. Oggi le determinazioni di una guerra classica che la farebbero passare da salvezza del modo di produzione capitalistico a elemento della sua distruzione non sono più da considerare ipotesi, dato che la crisi economica è da tempo diventata cronica. L'elettroencefalogramma del capitalismo è piatto.

    Detto questo, finché c'è guerra non c'è disfattismo e quindi non c'è rivoluzione. La rivoluzione, perciò, deve scattare prima che la guerra conquisti la scena mondiale, prima che diventi un fatto totale, tanto più che quella a venire sarà "gestita" da sistemi basati sull'intelligenza artificiale, potenzialmente fuori dal controllo umano. Pensiamo alla fabbrica: il robot, registrando in modo approfondito le competenze dell'operaio, lo va a sostituire.

  • La guerra al tempo dell'IA

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando due articoli pubblicati sull'ultimo numero dell'Economist (22 giugno 2024), dedicato al rapporto tra guerra e intelligenza artificiale.

    Nell'articolo "AI will transform the character of warfare" si dimostra come la guerra condotta da macchine gestite da sistemi di IA potrebbe rivelarsi incontrollabile. C'è un rapporto stretto tra industria militare e civile. I computer, si afferma, sono nati in guerra e dalla guerra. La stessa ARPANET, aggiungiamo noi, che anticipò Internet, venne realizzata a partire dal 1969 dalla DARPA (Defence Advanced Research Projetcs Agency) per collegare centri di calcolo e terminali di università, laboratori di ricerca ed enti militari.

    Oggigiorno esistono sistemi di IA che si occupano del riconoscimento degli oggetti in un dato spazio e che vengono utilizzati per elaborare i dati e le informazioni raccolte dai droni tramite foto e video. L'integrazione di tali sistemi produce un gigantesco automa che relega ai margini l'essere umano: dato che il tempo per individuare e colpire gli obiettivi è compresso in pochi minuti o addirittura in secondi, il soldato può al massimo supervisionare il sistema. Combattimenti più rapidi e meno pause tra uno scontro e l'altro renderanno più difficile negoziare tregue o fermare l'escalation. Dice Marx nei Grundrisse: con lo sviluppo dell'industria l'operaio da agente principale del processo di produzione ne diventa il sorvegliante per essere sostituito anche in questa funzione da un automa generale.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email