Un passo dell'articolo "Il ciclo storico del dominio politico della borghesia" (1947) ci viene in aiuto per inquadrare correttamente la vicenda:
"Come dice Engels, due sono le grandi scoperte che stanno alla base del comunismo scientifico, e sono dovute a Marx. La prima consiste nell'avere individuato la legge del plusvalore, secondo la quale l'accumulazione del capitale si edifica sulla continua estorsione di una parte della forza-lavoro proletaria. La seconda è la teoria del materialismo storico, per la quale i termini dei rapporti economici e di produzione forniscono la causa e danno la spiegazione degli avvenimenti politici e di tutta la superstruttura di opinioni e di ideologie proprie delle varie epoche e dei vari tipi di società".
Solo attraverso un'analisi dell'evoluzione della struttura capitalistica, ovvero dei rapporti economici e di produzione, possiamo capire quanto si realizza nella sovrastruttura politica. Il dominio borghese storicamente si conclude con il fascismo, e la borghesia, una volta liberista e isolazionista, tiene oggi i suoi congressi mondiali dotandosi di organi di governo sempre più centralizzati. Il fascismo ha perso la guerra militare, ma ha vinto quella politica ed economica estendendosi a tutto il mondo.
Quanto accade in Italia, o in Spagna dove il governo Rajoy oltre alle spinte secessioniste catalane perde pezzi in Parlamento, è il riflesso di ciò che avviene nella struttura economica. Il successo di Lega e M5S e il tracollo speculare del PD (che insieme alla Cgil si è schierato in difesa del presidente della Repubblica) non sono dovuti all'abilità o al cretinismo degli attori politici in campo: dietro agli 11 milioni di voti accaparrati dai pentastellati lo scorso 4 marzo, c'è piuttosto la promessa del reddito di cittadinanza; i motivi della vittoria della Lega sono invece da ricercarsi nel malessere delle classi medie insicure e rovinate, quella piccola borghesia che Marx indica come il primo elemento sociale che si muoverà (disordinatamente) contro lo status quo.
Il Financial Times, in un articolo del 15 maggio, ha paragonato un futuro governo gialloverde all'entrata dei barbari a Roma, ignorando però che non sono né i leader né i partiti i responsabili di questa situazione, ma ne rappresentano semmai il prodotto. Sulla scomposta scena politica italiana, ha poi fatto scalpore il commento del commissario europeo per il bilancio, Günther Oettinger, riportato in un tweet dal giornalista Bernd Thomas Riegert: "I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto".
La storia del '900, epoca in cui si è consumato il passaggio dal dominio dello Stato sul Capitale al dominio del Capitale sullo Stato, vede gli Stati assecondare le esigenze del mercato, minacciati da "colpi di stato" che puntualmente si verificano a fronte dei tentativi per sottrarre la macchina statale al ruolo di strumento del Capitale. Lo stesso vale adesso per il caso italiano: data la profonda inettitudine dei partiti usciti vincitori dalle ultime elezioni, qualcuno ha pensato bene di fare un piccolo golpe e lanciare un segnale forte (il mandato a Cottarelli) per variare il percorso che questi stavano intraprendendo. Ma per ora anche l'ipotesi di un governo snello, composto da 12 ministri tecnici e capeggiato dall'esperto economista di turno, fatica ad affermarsi, la situazione rimane fluida e nessuna soluzione sarà definitiva. Il paese capitalisticamente più vecchio, l'Italia, ha ormai il fiato corto e sempre meno energia da spendere.
In generale, oggi come non mai lo Stato incontra difficoltà sempre maggiori nel governare una popolazione senza riserve, precaria e impoverita, e comincia a disgregarsi; la necessità di un governo unico mondiale della borghesia non può realizzarsi ma resta un bisogno che nasce dal profondo della struttura capitalista: l'involucro statale non è più all'altezza dello sviluppo del modo di produzione. Nei prossimi anni sarà inevitabile un'ulteriore dissoluzione degli stati e il crescere del marasma sociale e della guerra.
In diverse occasioni abbiamo parlato di fenomeni autodistruttivi che iniziano ad investire anche i paesi occidentali, come la Brexit nel Regno Unito, le difficoltà nella formazione di un governo in Germania, l'elezione e il protezionismo di Trump negli Usa. L'Italia è un paese in cui "si gioca" con la politica, ma è anche la settima potenza economica mondiale, caratterizzata da una produttività del lavoro più alta di quella, per esempio, tedesca. Lo scarto tra i rappresentanti del Capitale italiano e la potenza dello stesso è enorme. Nella Lettera ai compagni "Come un logaritmo giallo. Ovvero: irrazionalità e immediatismo dell'economia politica" abbiamo analizzato le riforme del mondo del lavoro degli ultimi 20/30 anni (politiche dei redditi e costo del lavoro); oggi siamo arrivati al limite dato che il paradigma è quello dei fattorini della gig-econony, che consegnano il cibo per qualche euro all'ora, o dei precari dell'Expo, che hanno lavorato gratuitamente. Tutto è stato de-regolamentato e non è possibile sfruttare ulteriormente una classe di salariati già pesantemente schiavizzata. Inoltre con il massiccio utilizzo dell'automazione nell'industria, anche l'aumento della produttività è ormai arrivato al capolinea.
Il fallimento del progetto M5S, sprofondato nel più bieco cretinismo parlamentare, e più in generale della "sinistra" ci fa pensare che determinate necessità sociali dovranno trovare altri canali per realizzarsi, nuove forze che indichino una via da seguire, e riscoprire una tradizione storica ricca di insegnamenti a cui agganciarsi. Lenin negli scritti "Sullo Stato" (1919) dice:
"La potenza del capitale è tutto, la Borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un gioco da marionette, di pupazzi".
Parole quanto mai attuali. Nel Manifesto del 1848 è detto che la società borghese è come quell'apprendista stregone incapace di controllare le potenze che ha suscitato dal sottosuolo della storia. Finora il proletariato è rimasto all'interno dei campi di influenza della classe nemica, ma prima o poi dovrà muoversi in maniera autonoma, perché nessuna rivendicazione economica ha senso se non vengono messe in discussione determinate compatibilità, determinati vincoli internazionali. Non c'è emancipazione possibile senza la rottura radicale con le istituzioni borghesi: condizioni di lavoro, salario, disoccupazione, sono il risultato di ben precisi rapporti di produzione i cui effetti sono ineliminabili senza eliminare la causa che li produce.