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  • Resoconto teleriunione  21 aprile 2020

Capitale che domina su tutto

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 29 compagni, è iniziata con il commento delle ultime notizie sul crollo del prezzo del petrolio.

L'accordo tra OPEC e Russia per tagliare la produzione di greggio e farne così risalire il prezzo non ha funzionato. Tra i primi a risentirne, i produttori americani di shale oil che vedono sempre più vicina la bancarotta. In generale, la vertiginosa caduta del costo dell'oro nero potrebbe generare una reazione a catena provocando, oltre al collasso delle economie dei paesi che vivono di rendita petrolifera, una serie di crack bancari, fino ad arrivare ad un tracollo di natura finanziaria. La crisi in corso, aggravatasi in seguito alla diffusione del virus, è sistemica e mondiale, e riguarda quasi tutti i settori, a cominciare da quello energetico, che ha visto una drastica riduzione dei consumi, fino a quello del tessile, con milioni di lavoratori che in Bangladesh, Pakistan e India sono rimasti senza lavoro. Quando alcune materie prime sono offerte a costo zero, anzi, negativo, significa che la situazione per la borghesia è davvero preoccupante.

Negli Stati Uniti la crisi peggiora, e non è da escludere il verificarsi di uno scenario di disgregazione statale simile a quello rappresentato dal film La seconda guerra civile americana. Negli ultimi giorni ci sono state in tutto il paese diverse manifestazioni anti-lockdown, organizzate da gruppi di estrema destra. In Michigan alcuni attivisti hanno partecipato alle iniziative armati.

In Italia, l'Ufficio Parlamentare di Bilancio ha denunciato un "calo mai visto nella storia dell'Italia repubblicana": per il primo semestre è previsto un ribasso del 15% del Pil. Dopo Beppe Grillo e il Papa, ora anche il segretario del PD Zingaretti si dichiara favorevole all'introduzione di un reddito di base universale. Sono tantissimi i paesi che in questo periodo hanno emanato o intensificato le politiche contro il dilagare della miseria, ben 106; lo riporta un articolo pubblicato sul sito BIN Italia (l'hub italiano della rete internazionale per il reddito di base), in cui vengono elencate le diverse misure "sociali" adottate per trasferire denaro dallo Stato verso i cittadini. Insomma, nel mondo le varie borghesie stanno dando cittadinanza al reddito (vedi newsletter 233 del 24 aprile 2019).

I parametri fondamentali del capitalismo non funzionano più. Qualcuno potrebbe pensare che si tratta una situazione temporanea, che poi si sistemerà, ma è dalla crisi del 2008 che il capitalismo è in agonia, come abbiamo scritto nell'articolo "Non è una crisi congiunturale".

Di fronte ad una crisi di queste dimensioni, si diffonde un virus ideologico micidiale, quello complottista, che individua nelle lobbies al potere le responsabili ultime delle pandemie. Più i fenomeni diventano impersonali e le dinamiche sistemiche, più i sinistri sono alla ricerca di un capro espiatorio in carne ed ossa su cui scaricare tutte le colpe. Il variegato mondo della sinistra vuole combattere una pandemia, che si diffonde nel mondo in maniera esponenziale, con l'ideologia. Se non si ha ben chiara qual è la linea del futuro di classe, se non si ha una concezione termodinamica del capitalismo, non si può certo comprendere che questo è un sistema transitorio, e diventa normale credere alla presenza di un governo ombra che complotta alle nostre spalle, e che infetta tutti così da giustificare lo stato di polizia. Non stiamo esagerando: ci sono elementi che fanno riferimento alla Sinistra Comunista "italiana" che pensano che le guerre siano create a tavolino (per cancellare capitale costante e variabile in eccesso) e che il capitalismo abbia sempre la possibilità di rigenerarsi.

Lo scenario invece è abbastanza semplice: dietro al marasma sociale e alla guerra in corso, c'è l'incapacità del Capitale di produrre plusvalore, di accumulare. In questa situazione, la borghesia è costretta a stampare moneta facendo aumentare i debiti pubblici. La legge del valore-lavoro non funziona più perché tutta la ricchezza deriva dal lavoro umano e quest'ultimo viene eliminato in massa da macchine intelligenti e robot. Di fronte alla messa in discussione delle basi profonde del capitalismo, avviene un incontro tra classi diverse che sentono minacciato il loro livello di vita. Nelle manifestazioni e rivolte di questi ultimi anni le classi non erano distinte, ma mescolate. In Italia nel 2013 sono scesi in piazza i Forconi, e in Francia nel 2019 abbiamo visto all'opera i gilet jaunes, un movimento interclassista che ha coinvolto la classe media, in via di proletarizzazione, che ha sentito minacciate le conquiste ottenute in questa società. Le rivoluzioni non si creano, non sono mai pure, sono forze telluriche immense che vanno dirette, come afferma la nostra corrente già dal 1921.

Non può esistere uno sviluppo capitalistico che non porti a crisi e catastrofi. Il passaggio storico ormai consolidato da decenni è quello dal dominio dello Stato sul Capitale a quello del Capitale sullo Stato. Il soggetto è il Capitale che muove gli stati, autonomizzandosi e non rispondendo più a nessuno. Esso, a sua volta, è vittima delle proprie leggi di funzionamento e si trova, soprattutto nei momenti cruciali di crisi, a dover negare sé stesso.

Nel corso storico mai nessuna classe dominante si è tolta dalla scena in maniera spontanea. In certi momenti, la stessa repressione è diventata fattore ulteriore di rivoluzione, scatenando forze potenziali e facendole diventare cinetiche. Gli unici anticorpi possibili all'opportunismo sono contenuti nei testi della "nostra" corrente, soprattutto in quelli che adottano una visione dinamica del capitalismo. Ad esempio, in "Scienza economica marxista come programma rivoluzionario" si dice che i meccanismi regolatori del capitalismo non sono coscienti: non c'è qualcuno che decide il funzionamento del sistema. Il capitalismo cerca invano di auto-programmarsi per sfuggire al caos intrinseco alla mercantile anarchia, ma non ce la può fare perché è basato sulla guerra di tutti contro tutti, classi contro classi, stati contro stati, individui contro individui.

Il piano di produzione interno alla fabbrica è una negazione del capitalismo stesso, in quanto all'interno di un'industria non si scambia valore ma materie prime e semilavorati. Allo stesso modo le sovrastrutture mondiali, nate come simulazioni di un governo mondiale per far fronte al caos globale, e allo stato attuale simili a mulini a chiacchiere e a fonte di lauti stipendi per funzionari e dirigenti, sono elementi di una società di transizione. E' difficile capire con esattezza quando arriverà a compimento questo cambiamento, poiché esso è soggetto ad una logica fuzzy, sfumata. Sicuramente siamo già all'interno di un'epoca di rivoluzione, ciò che manca, piuttosto, è la rottura finale.

Da oltre 20 anni parliamo di terra di confine tra capitalismo in coma e società futura. Le forze produttive sociali trovano negli attuali rapporti sociali un limite da far saltare. Il comunismo è una realtà materiale in azione, basta saperlo riconoscere. Le forme organizzate degli ultimi anni, dallo sciopero dell'UPS del 1997, alla Primavera Araba, a Occupy Wall Street, fino alle rivolte globali degli ultimi anni, sono espressione di una dinamica antiformista irreversibile. In Nord Ossezia, una regione del Caucaso che fa parte della Federazione Russa, una rivolta ha coinvolto tutta la popolazione che è scesa in strada al grido "abbiamo fame" e ha cercato di piantare le tende davanti al palazzo governativo. Manifestazioni simili si sono viste qualche giorno fa in Libano e nelle banlieue francesi, anche a causa del lockdown. Data la situazione di instabilità crescente, è molto probabile che la polizia e l'esercito rimangano per le strade anche dopo la fine delle restrizioni.

La struttura delle forze produttive in-forma le rivolte. Quelle di oggi sono organizzate tramite la rete di comunicazione, passando dai social network fino ai servizi di messaggistica istantanea, che si configurano come mezzi di produzione: il capitalismo nega sé stesso anche attraverso l'affermazione di strutture leggere, basate sulla rete, che per sua natura non ha un centro.

Il piagnisteo rivendicazionista è stato superato dai fatti, visto che milioni di persone scendono in piazza da mesi senza una richiesta di tipo sindacale. Il mito ordinovista dell'operaio cosciente e ideologicamente preparato, che gradualmente conquista posizioni vantaggiose all'interno della società, sta crollando sotto il peso di un capitalismo in via di dissoluzione.

Nelle Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica Lenin descrive il peso ed il ruolo delle classi in Russia nel 1905: una borghesia inconcludente, cento milioni di contadini, fondamentali ma non decisivi per la rivoluzione, ed infine un proletariato agguerrito, in minoranza ma in grado di dare l'impronta alla rivoluzione. Oggi il proletario è il senza riserve, non solo l'operaio dell'officina che lavora gomito a gomito con altri operai, ma il precario e il disoccupato. Il movimento più coerente rispetto al futuro è stato OWS, che ha lanciato lo slogan 99% contro 1%, cercando sempre un contatto con la classe operaia tramite la partecipazione ai picchetti volanti (99 Pickets Line) e con il grandioso sciopero generale dei porti della West Coast. La rivoluzione prossima ventura avrà un'impronta proletaria anche se magari non saranno presenti in maggioranza i beneficiari della rivoluzione stessa.

Nella rivista n. 47, appena uscita, è pubblicato un lavoro sul tentativo del Capitale di salvarsi da sé stesso, intitolato "La grande socializzazione. Dal cooperativismo socialdemocratico al corporativismo fascista, dal comunismo di fabbrica alla fabbrica-comunità del padrone illuminista". Nel testo una parte è dedicata all'analisi delle teorie gradualiste di Gramsci, secondo le quali il proletariato doveva prima conquistare l'egemonia attraverso la fabbrica per poi potersi candidare alla guida del paese. Mentre per Marx "la filosofia sta allo studio del mondo reale come l'onanismo sta all'amore sessuale completo" (Ideologia Tedesca), per il trio Croce, Gentile e Gramsci, la vera conoscenza si forma e si affina nel filosofico mondo delle idee.

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    Il libro è forse il primo in cui nella parte conclusiva non si fa cenno a miracoli per salvare la società capitalistica da sé stessa. Già questo è un tratto interessante. Infatti, l'autore propone solo due scenari a cui deterministicamente faremo fronte: uno "distopico" e uno "utopico". Ancora una volta l'economia politica si dimostra incapace, attraverso i suoi modelli e strumenti interpretativi, di compiere un salto, a noi già noto, "dall'utopia alla scienza". Se non si riconosce il comunismo come " movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", non si possono che raffigurare distopie e utopie rinascimentali (altro spartiacque storico). I due termini sono raffrontati senza far riferimento a un qualsiasi parametro di specie: Utopia rispetto a cosa? Distopia dovuta a? Roubini ci spiega solo che siamo in una tempesta "perfetta", perché le megaminacce ormai incombenti sono date come "strutturali"; diremo noi, connaturate all'attuale modo di produzione. Sono strutturali ma non si dà una spiegazione di questo aggettivo. Si dice, correttamente, che la complessità delle megaminacce sta nella loro sincronia e nell'interagire tra loro, difficilmente prevedibile e computabile. L'ideologia dominante comincia a proporre la sua visione cieca: è molto più facile pensare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

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    Assicurazioni sulla solidità del castello di carta della finanza sono state elargite anche quando è scoppiata la crisi dei mutui subprime nel 2008, eppure da allora il mondo non si è più ripreso. Nell'articolo "Non è una crisi congiunturale", pubblicato quell'anno (rivista n. 23), scrivevamo che ogni proiezione prevedeva il ripresentarsi di una crisi catastrofica entro un paio di decenni. Se aggiungiamo gli eventi che si sono verificati in seguito, come la Primavera araba, la crisi degli Stati, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ne deduciamo che il sistema si sta sgretolando.

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Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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