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  • Resoconto teleriunione  14 luglio 2020

Niente teoria, solo rimedio

La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, è iniziata commentando la disastrosa situazione economica.

Nella corsa contro il tempo rispetto alla valutazione di questo primo semestre dominato da crisi e virus non si capisce ancora bene come i mercati stiano correndo ai ripari, dato che le cifre reali sono tremende e di certo non mancheranno ritocchi e trucchi applicati alle cifre pur di evitare di danneggiare irreversibilmente la situazione. Mai come oggi abbiamo chiara la morte termica di questo sistema rianimato solo da scosse di "quantitative easing" o da interventi simili che prevedono iniezioni di liquidità per mantenerlo ancora apparentemente in vita ("Il cadavere ancora cammina").

Tutto il ciclo capitalistico è caratterizzato dal susseguirsi di crisi finanziarie ("Non è una crisi congiunturale"), ma ad ogni nuova crisi ne succede una più profonda che lascia sempre meno margini di azione ed intervento. L'economista americano Minsky nel suo "Potrebbe ripetersi? Instabilità e finanza dopo la crisi del '29", pubblicato tre anni prima del crollo borsistico del 1987, spiegava che non può ripetersi una dinamica simile al crack del 1929 perché esiste una freccia nel tempo e nella gestione delle crisi successive a quella data si è fatto ricorso alla stimolazione dell'economia con finanziamenti pubblici. Nel 2008, con l'esplosione della grande bolla speculativa e lo strascico che ancora permane ai giorni nostri, si è dimostrata annullata la teoria di Minsky e della scuola neokeynesiana: l'immenso capitale fittizio non ha una resa tale da poter essere gestito, pilotato o orientato. Non si può rivitalizzare un sistema che collassa ricorrendo ad esso.

Il debito pubblico è uno degli esempi di senescenza, essendo ingestibile e fuori controllo: tutti sanno che la maggior parte dei paesi non riuscirà mai a ripagarlo, ma esso rimane un'illusione dell'economia politica. Nell'antichità esisteva una forma di debito, ma veniva saltuariamente applicata la "remissione dei debiti" ricordata dalle preghiere cristiane, dove ne viene riportata la cancellazione proprio per consentire un riequilibrio economico.

La carenza di qualsiasi teoria si manifesta a tutti i livelli, persino nei rapporti semestrali dei grandi centri finanziari, attentissimi a quello che succede strada facendo, ma poco interessati all'andamento nel tempo dell'economia. La settimana in corso vedrà le grandi banche d'affari come JPMorgan, Bank of America, Wells Fargo, Goldman Sachs, BNY Mellon e Citigroup, riportare i primi dati di bilancio del secondo semestre, cioè quelli che sono il risultato della pandemia in corso. Il mercato "sa" già che i profitti del settore sono in calo, per cui sarà necessario lanciare un messaggio rassicurante da parte del management. Quanto più si mostrerà costruttivo per il futuro, tanto più ci sarà un miglioramento del settore bancario, rimasto indietro nella classifica dell'indice S&P500. Per quanto sembri incredibile, non sono i dati a fare tendenza, bensì i commenti sui dati da parte degli interessati. In pratica il comportamento degli investitori è condizionato non dall'andamento reale dell'economia ma dal tenore psicologico dei comunicati sull'economia. Se le prospettive sono giudicate buone e gli investitori ci credono, può darsi che si verifichi una rianimazione dei mercati indipendentemente dalla base reale dell'economia. Ma se pur giudicate buone le condizioni dell'economia, i mercati avvertono una forzatura indebitamente ottimistica può darsi che invece di una rivitalizzazione si presenti un ulteriore fattore di crisi. Ora, è vero che i mercati rispondono più alla psicologia degli investitori che alla realtà dei processi produttivi, ma questa estrema virtualizzazione del capitale provoca una corsa a espedienti basati esclusivamente sui moventi psicologici, cioè su elementi qualitativi non riducibili a una qualche teoria. In queste condizioni parlare di controllo del fatto economico è semplicemente una stupidaggine. Nessuno può "pilotare" il Paese fuori dalla crisi se non si sa che cosa sia questa crisi. Nei prossimi giorni ci sarà anche una serie di riunioni delle banche centrali, anch'esse molto attese per il messaggio che daranno ai mercati. Bank of Japan dovrebbe dare un ennesimo consuntivo sulla trentennale stagnazione dell'economia giapponese. La BCE dovrebbe dare un resoconto sull'efficacia della cura Draghi mediante il Quantitative Easing inflattivo. La Cina e gli Stati Uniti dovrebbero commentare, al di là delle polemiche fra concorrenti, gli intrecci commerciali e finanziari che legano i due paesi. La Cina pubblicherà i dati (sicuramente falsi) sul PIL previsto per il secondo trimestre.

Il virus ha certamente abbattuto le residue speranze di trasformare l'anarchico "government" dell'economia politica in razionale "governance" (stile di gestione ad es. di un industria). Adesso è di moda il manageriale termine "guidance", ma non basta cambiare il nome per cambiare la cosa. L'auto-illusione però è dura a morire: i mercati arrivano alle scadenze in agenda stranamente ottimisti. E' bastato che fossero modificate al rialzo le stime del PIL dopo il virus, che si è messa in moto un'irrazionale aspettativa di ripresa. Anche in questo caso rafforzata da ciò che dicono i dirigenti degli enti ricordati qui sopra parlando di sé stessi.

Al netto dei proclami, i dati non sono affatto ottimistici anche per quanto riguarda la diffusione della pandemia, con la curva mondiale dei contagi che continua ad impennarsi e, nonostante ciò, nessun accenno di risposta coordinata e chiara a livello internazionale. I paesi europei sembrano navigare a vista senza una direzione univoca e centralizzata rispetto alla pandemia, nonostante i dati preoccupanti legati ad un ceppo virale più aggressivo che sta prendendo piede nei Balcani.

Il modo di trattare i dati legati alla pandemia mostra l'incapacità di fornire una risposta coordinata da parte degli Stati: non v’è chiarezza alcuna rispetto al rapporto tra il numero dei guariti e quello dei morti, le terapie intensive sono adesso considerate "vuote" ma non c'è alcuna analisi che indaghi sulle cause di questo svuotamento. Se consideriamo l'avvicendarsi delle stagioni nei due emisferi e se è vero che il virus si diffonde maggiormente nel periodo invernale, allora vi è una sorta di eterna riproduzione e diffusione pandemica, anche se alcuni dati sembrano dimostrare che la virulenza di trasmissione sia più bassa nell'emisfero sud. In tutti i casi, in un mondo giunto ad un tale livello di connessione, sarà impossibile isolare e gestire focolai sparsi per il pianeta a meno che non si prendano provvedimenti drastici che avrebbero delle ripercussioni tremende sui mercati internazionali (chiusura dei voli; blocco della mobilità di manodopera europea verso la Cina ecc.).

Si è discusso, poi, del dato rimbalzato su diversi quotidiani: nel 2019 sono state circa 20.000 le nascite in meno in Italia, con le stime che prevedono il dimezzamento della popolazione italiana entro il 2100. I giornali collegano il fenomeno a quello della pandemia, ma il ciclo di gestazione dura nove mesi ed evidentemente le cause sono da ricercarsi prima ed oltre l'episodio coronavirus, ovvero nella miseria crescente. Dal punto di vista demografico il Giappone, da anni, lascia intuire la dissoluzione irrimediabile dei rapporti sociali con il calo della sessualità da parte di donne e uomini, la riduzione del periodo di fertilità femminile, l'aumento della popolazione anziana. Sarà forse la sfiducia avanzante nei confronti di questa società nel suo complesso? Sarà l’inevitabile disgregazione dell’istituto famigliare? Sarà il crollo della vecchia forma industriale e del vecchio assetto del lavoro?

La traiettoria e la catastrofe del capitalismo dimostrano l'impossibilità di questa forma sociale di collegarsi al futuro attraverso un piano di specie. Questa non è una società che "conosce sé stessa" ("Fare, dire, pensare, sapere"), anche se avrebbe a disposizione tutti gli strumenti necessari per poter procedere ad un piano di specie attraverso modelli di previsione e conoscenza (big data, reti, sistemi di calcolo previsionale e gestionale ecc…), questi rimangono bloccati nella logica del profitto mentre si fa sempre più evidente la rottura tra l'involucro capitalistico e il contenuto della società futura.

Se si ripresenterà un'altra ondata virale, assisteremo a reazioni di certo più radicali da parte delle popolazioni. Non sarà facile da parte degli stati imporre forme di lockdown senza prevedere misure di sostegno reali, pena sollevamenti generali e più radicalizzati di quelli che abbiamo visto finora. In Serbia in questi giorni ci sono state manifestazioni contro le decisioni governative molto simili a quelle viste in Libano, Tunisia, Egitto e che non tarderanno a presentarsi anche in Italia considerata la pessima gestione da parte dello Stato rispetto alle politiche dei cosiddetti ammortizzatori sociali. Lo stato italiano ha difatti frammentato gli aiuti in mille forme dall'accesso complicatissimo: reddito di emergenza, reddito di cittadinanza, cassa integrazione, assegni famigliari, bonus vacanza, bonus bici, pochissimi dei quali hanno funzionato realmente. Le prossime manifestazioni non potranno che generare parole d'ordine di stampo universale legate alla difficoltà di vivere: salario universale e drastica riduzione della giornata lavorativa a livello globale. Come è maturato il capitalismo così sono maturati di conseguenza i caratteri della lotta. La nostra corrente ce lo dice fin dal 1921: è sbagliato fissarsi sulle forme organizzative perché la rivoluzione ne partorisce e uccide di continuo nel corso di una vera e propria selezione darwiniana. La rivoluzione non è una questione di forme ma di forze.

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