Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  13 luglio 2021

Gli effetti dei social network sul comportamento collettivo

Durante la teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 16 compagni, abbiamo affrontato il tema "informazione e wargame", partendo da un articolo de Il Post dedicato allo studio condotto da un gruppo di ricercatori di diversi ambiti scientifici sull'impatto dei social network sui comportamenti collettivi e, di conseguenza, sulla società intera.

Secondo gli studiosi, l'avvento di Internet e del digitale ha accelerato i cambiamenti nei sistemi sociali. In particolare, i social network e le attuali tecnologie di telecomunicazione hanno permesso un repentino quanto esteso ampliamento (otto ordini di grandezza) delle modalità di interazione fra le persone e di condivisione delle informazioni, condizionandone i meccanismi. Tutto ciò può essere pericoloso per la tenuta del sistema, sostengono gli autori dello studio, perché avviene senza una teoria, e cioè senza sapere come tali cambiamenti influiscano sul modo in cui gli utenti di queste piattaforme formano le loro convinzioni e opinioni; le dinamiche soggiacenti, soprattutto a tale scala, potrebbero avere conseguenze indesiderate e "favorire lo sviluppo di fenomeni come manomissioni elettorali, malattie, estremismo violento, carestie, razzismo e conflitti".

Da quando Internet è uscito dalla sfera militare e, attraversando gli oceani, ha fatto il giro del globo, gli agenti di influenza, spontanei o orientati, hanno esteso enormemente il loro raggio d'azione. Dal punto di vista borghese, il grido d'allarme lanciato dagli studiosi è fondato; già nel 2015 la Cia denunciava la pericolosità di una situazione del genere: "L'espansione dei sistemi di informazione, le agenzie di stampa e la connettività di rete, hanno prodotto uno tsunami informativo che può sopraffare i sistemi di gestione delle informazioni. L'enorme flusso di dati impedisce la produzione di intelligence come capacità di elaborazione, che non riesce quindi a tenere il passo con la produzione di dati e notizie."

In un quadro di wargame, sicuramente l'informazione e il suo controllo fanno la differenza. Strumenti tecnologicamente avanzati, potenzialmente alla portata di tutti, assumono un ruolo preminente nello scenario di guerra, soprattutto dal punto di vista della simmetria dei conflitti.

Nell'articolo Informazione e potere abbiamo messo in luce come l'uso dei social network si sia generalizzato in tutti i casi di rivolta dopo la Primavera araba. Ciò è accaduto in virtù della possibilità di ridurre, tramite mezzi praticamente gratuiti, facili da usare e in grado di raggiungere istantaneamente innumerevoli persone, il divario di potenza fra gli insorti e l'apparato repressivo dello stato. In generale, le innovazioni tecnologiche nel campo dell'informazione hanno mostrato questo risvolto. Per esempio, abbiamo visto tale dinamica in atto durante l'occupazione di piazza Tahrir, nel 2011, con l'allestimento di reti mesh wireless da parte dei rivoltosi egiziani in seguito al blocco di Internet nel paese; durante lo sciopero dei lavoratori dell'UPS negli Stati Uniti, che hanno utilizzato i dispositivi aziendali per coordinare la protesta; a Varsavia, quando alcuni manifestanti hanno utilizzato un drone per monitorare i movimenti della polizia. Al giorno d'oggi la potenza tecnologica è talmente distribuita che a mancare non sono i mezzi, ma una qualche forma di coordinamento centralizzato.

La Rete è oramai un campo di battaglia fondamentale ed è ovvio che gli stati cerchino di esercitare più influenza possibile in e tramite essa. I social network (così come qualsiasi strumento di comunicazione e non) possono essere utilizzati da una parte e dall'altra, ed in tempo di pace è più probabile che tali mezzi rispondano prevalentemente ad una funzione di controllo e gestione del fatto sociale. Ma in una situazione di polarizzazione sociale si verificano dei cortocircuiti, capaci di modificare il segno delle cose e far sì, per esempio, che Twitter e Facebook diventino strumenti di coordinamento della protesta. D'altronde, in tutte le epoche storiche i rivoluzionari hanno utilizzato tutti gli strumenti a disposizione.

Da qualche giorno sono in corso a Cuba numerose manifestazioni, espressione, secondo quanto riportato da tv e giornali, di una richiesta di democrazia. Scavando appena un po' più in fondo, si scopre che le motivazioni che hanno spinto i cubani a scendere per le strade hanno origine nel peggioramento delle condizioni economiche, dovuto al caro vita, all'aumento della miseria e alle difficoltà legate alla pandemia (ridimensionamento del turismo). Non manca chi nutre sospetti sul possibile ruolo nella diffusione della protesta dei servizi di intelligence americani, e/o chi si stupisce che questo possa accadere nella "socialista Cuba" (i sinistrati del manifesto titolano un articolo: "Insolita manifestazione a Cuba"). Ma aldilà delle eventuali influenze a stelle strisce, e delle stesse rivendicazioni espresse dai manifestanti, rimane il fatto che alla base del malcontento ci sono determinazioni materiali. Ed è in queste situazioni che si verificano i cortocircuiti citati sopra: migliaia di persone scese in piazza per protestare contro nuove tasse o i tagli ai sussidi e per chiedere maggiore democrazia, poi finiscono per dare alle fiamme il parlamento. Sono dinamiche che abbiamo avuto modo di osservare molto spesso negli ultimi anni.

La polarizzazione della ricchezza e la miseria crescente sono alla base anche delle violente proteste scoppiate in alcune grosse città del Sudafrica. Le manifestazioni e i saccheggi sono cominciati in seguito all'arresto dell'ex presidente Jacob Zuma, ma si innestano su una situazione economica molto precaria, recentemente aggravata dal Coronavirus. Anche il Libano sta attraversando una violenta crisi. Il paese è tecnicamente fallito, la popolazione è alla fame, e nei video che girano in rete si vede l'esercito costretto ad abbandonare alcuni quartieri della capitale perché respinto a colpi di sassi (e non solo) dalla popolazione. In Cisgiordania l'uccisione di Nizar Banat, un noto esponente dell'opposizione ad Abū Māzen, ha scatenato proteste e manifestazioni a Hebron e in altre città minori contro l'Autorità Nazionale Palestinese e la sua corruzione.

Le parole d'ordine delle rivolte possono essere le più disparate, la corruzione, la dittatura, la repressione, la democrazia, il costo dei biglietti dei trasporti, le tasse, ecc., ma ciò che veramente conta è che masse di persone si mettono in movimento e si autorganizzano, mentre le richieste iniziali da cui è nata la rivolta spesso trascendono in altro o vengono abbandonate per strada. In contesti di questo tipo lo sgherro globale del capitalismo, gli Usa, non possono certo esimersi dal loro compito di prevenzione e gestione del fatto sociale, utilizzando tutta la forza di influenza possibile, ma possono farlo solo fino ad un certo punto. Nell'articolo "Marasma sociale e guerra" (aprile 2011), abbiamo scritto che la ventata di rivolta partita dal Nord Africa, e "il tentativo americano di cavalcarla andrebbe letto come azione di retroguardia, difensiva, non come quella di burattinai occulti, fautori di improbabili rivoluzioni 'colorate'."

Lo sviluppo di Internet e di nuovi strumenti di comunicazione, così come di software e di modelli matematici per l'intelligenza artificiale, ha un impatto rivoluzionario sulla società odierna. In campo militare, l'evoluzione di programmi e applicazioni destinate alla gestione del conflitto o dell'armamentario bellico hanno l'effetto non tanto di potenziare il soldato diventandone una protesi, ma piuttosto di sostituirlo (cyberwarfare). Ogni stato si attrezza costringendo l'avversario a fare altrettanto, mettendo così in moto la dialettica cannone/corazza di cui parlava a suo tempo Engels.

Ed è proprio questo aspetto sostitutivo che va tenuto in considerazione, perché esso ci dice che l'umanità non può più fare a meno di quanto messo a disposizione dalla scienza e dalla tecnica: i social network non modificano la vecchia società ma ne producono una nuova, questo significa che non si tratta solo di un utilizzo diverso dello stesso strumento che cambia di mano, ma della formazione di qualcosa che prima non c'era.

Abbiamo concluso la teleconferenza accennando ad alcuni film che trattano i temi di cui abbiamo discusso (ovvero intelligence, informatica e impatto dei social network): L'uomo che fissa le capre (2009), The Imitation Game (2014), I miserabili (2019).

Articoli correlati (da tag)

  • Invarianza fra scale diverse di fenomeni sociali

    La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo gli argomenti trattati durante lo scorso incontro redazionale (11-12 ottobre).

    Nel nostro lavoro il principio di "invarianza" è fondamentale: che si tratti di una rivoluzione, di una rivolta o di uno sciopero, possiamo trovare fenomeni di auto-somiglianza a diversità di scala.

    La lotta di classe è insopprimibile all'interno della presente forma sociale, per questo non ci può essere armonia tra le classi, ma solo il tentativo di contenere il disordine. Il capitalismo si è storicamente dotato di diversi strumenti per auto-regolarsi: dal fascismo al keynesismo, fino alla realizzazione delle istanze riformistiche della socialdemocrazia ("La socializzazione fascista ed il comunismo").

    In "Struttura frattale delle rivoluzioni" abbiamo sostenuto che un sistema come quello capitalistico può restare stabile per decenni mediante l'auto-regolazione dei propri processi, proprio come un termostato che interviene quanto la temperatura si abbassa (accendere la caldaia) o quando fa troppo caldo (spegnere la caldaia).

    "La rottura, o biforcazione catastrofica, è preceduta da uno stato caotico in cui ogni minima fluttuazione può essere estremamente amplificata da fenomeni di feedback positivo. Il futuro del sistema diventa imprevedibile se non si conosce la storia delle condizioni al contorno che hanno provocato lo stato attuale (René Thom, determinista; gli indeterministi sostengono invece che il sistema diventa imprevedibile e basta). In tale stato, una fluttuazione più ampia o una sincronia di condizioni catapultano il sistema ad uno stadio superiore il quale procede in un nuovo stato stabile." ("Struttura frattale delle rivoluzioni")

  • Il caso DeepSeek

    La teleriunione di martedì è iniziata con alcune osservazioni riguardo l'annuncio del lancio di DeepSeek-R1, un nuovo chatbot avanzato, da parte dell'omonima azienda cinese.

    DeepSeek-R1 è un'applicazione open source basata su un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM), rilasciato con licenza MIT, che consente l'uso commerciale e la modifica del codice sorgente. Non sono invece stati resi pubblici la collezione di dati e il codice utilizzati per l'addestramento. L'azienda cinese ha prodotto un chatbot di livello pari, se non superiore per alcuni tipi di test, a quelli americani (ChatGPT, Claude e altri), e sembra ci sia riuscita utilizzando meno tempo e meno risorse economiche, e nonostante i dazi USA che impediscono l'esportazioni in Cina di semi conduttori di alta gamma. Il fatto di rendere open source un programma di questo tipo è una mossa politica e al tempo stesso economica: aprire il codice sorgente offre diversi vantaggi, tra cui la nascita di una comunità di sviluppatori impegnata costantemente a migliorare il prodotto. Da tempo l'approccio all'innovazione ha subito un cambiamento: se prima c'erano gli esperti chiusi nelle loro "cattedrali", poi l'apertura al mondo (bazaar) ha dimostrato, con un impiego sempre più vasto di contributi, la sua efficacia (La cattedrale e il bazaar, Eric Steven Raymond), anche a livello aziendale. Nel testo Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale, del collettivo Ippolita, si nota che il mercato ha assunto il metodo di sviluppo delle comunità hacker, quindi collaborativo e accessibile, per risollevarsi dopo la bolla speculativa della net economy. Android è per buona parte open source, caratteristica che ne ha permesso una diffusione globale. Questa apertura ha permesso a produttori di dispositivi, sviluppatori e comunità di contribuire al sistema operativo di Google, di adattarlo e distribuirlo su una vasta gamma di dispositivi senza dover pagare licenze.

    Il software di DeepSeek mostra grandi potenzialità, soprattutto per l'impiego ridotto di risorse. Sembra, infatti, che il suo sviluppo abbia richiesto meno di 6 milioni di dollari (molto poco se pensiamo agli 11 miliardi investiti da Microsoft in OpenAI), e che per il suo addestramento siano stati utilizzati chip Nvidia meno potenti e in misura minore rispetto ai concorrenti occidentali. A differenza di ChatGPT, il software (al pari di quello di Alibaba) fornisce non solo la soluzione richiesta, ma anche tutti i passaggi eseguiti per elaborarla.

  • La guerra è dissipazione di energia

    La teleriunione di martedì sera è iniziata discutendo dell'evoluzione degli attuali scenari di guerra.

    Gli Stati, anche quelli importanti come USA e Federazione Russa, faticano a tenere il passo nella produzione di munizioni necessaria per il conflitto in corso in Ucraina. Il Fatto Quotidiano riporta alcuni dati significativi: nel giugno 2022 i Russi sparavano 60 mila colpi al giorno, a gennaio del 2024 ne sparavano 10-12 mila contro i 2 mila dell'esercito avversario. Senza l'aiuto dell'Occidente l'Ucraina sarebbe già collassata, ma ora l'America ha delle difficoltà: "Gli Usa, il principale fornitore di proiettili di artiglieria dell'Ucraina, producono 28mila munizioni da 155 mm al mese con piani di aumento della produzione a 100mila entro il 2026." La fabbricazione di tali quantità di munizioni comporta uno sforzo nell'approvvigionamento di materie prime, e infatti c'è una corsa all'accaparramento di scorte di alluminio e titanio. Già l'anno scorso l'Alto rappresentante UE per la politica estera, Josep Borrell, affermava: "In Europa mancano le materie prime per produrre le munizioni da mandare all'Ucraina".

Rivista n°57, luglio 2025

copertina n° 57

Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email