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  • Resoconto teleriunione  29 aprile 2025

Le nuove forme nascono nel seno della vecchia società

La teleriunione di martedì sera è iniziata con il commento di tre articoli pubblicati sul Sole 24 Ore.

In "Il paradosso del dollaro: egemone per mancanza di alternative" viene descritta la situazione debitoria degli USA, che hanno un debito enorme ma sono troppo grandi per fallire: il rischio, infatti, sarebbe quello di trascinare con sé l'intera economia mondiale. I creditori, siano essi Stati o fondi d'investimento, non possono permettersi un deprezzamento del dollaro, poiché ciò comporterebbe una svalutazione dei loro stessi asset:

"Un deprezzamento brusco danneggerebbe non solo gli Stati Uniti, ma i loro principali creditori: Cina, Giappone, Europa, paesi esportatori di materie prime. Questo crea una convergenza di interessi tra potenza in declino e sistema dipendente. Ed è una forma paradossale di forza: il dollaro è troppo sistemico per essere dismesso, troppo fragile per essere sostituito, troppo radicato per essere aggirato."

In "Il salto che non vediamo: il futuro dopo la globalizzazione" viene messo in luce come i profondi cambiamenti in atto a livello sovrastrutturale (leggi rapporti inter-imperialistici) riflettano quanto avvenuto negli ultimi anni sul piano produttivo (robotica, algoritmi, ecc.). Il marasma in corso è da leggere in quest'ottica:

"Gli Stati Uniti non stanno tornando al protezionismo. Stanno cercando di riscrivere le regole del gioco. Non con l'obiettivo di chiudersi, ma di continuare a dominare un ordine globale che, rispetto al passato, nelle loro intenzioni dovrà essere più selettivo, meno universale, più gerarchico."

Nell'articolo viene posta l'attenzione sulle nuove tecnologie e sul loro impatto sulle catene globali del valore. Ciò che è comunemente definito "tecnocapitalismo" non è altro che la fusione delle grandi aziende dell'high-tech e lo Stato, che ne favorisce lo sviluppo. Viene quindi citato Marx:

"Tutto questo — i dazi, il reshoring, la guerra tecnologica, l'asimmetria monetaria — può sembrare una somma di mosse scollegate. Ma acquista pieno senso se letto alla luce di un salto di paradigma. Un salto che non è futuro, ma presente. Un salto che non si annuncia con manifesti o rivoluzioni, ma che si prepara nel silenzio, come scriveva Marx: 'Le nuove forme nascono nel seno della vecchia società', e solo quando sono mature esplodono alla superficie. Non c’è rottura formale, ma c’è mutazione strutturale. E il cuore di questa mutazione è semplice e radicale: il lavoro umano sta smettendo di essere il perno della valorizzazione."

Di Corato, autore dei due articoli, afferma che la globalizzazione è stata spinta dai paesi occidentali, in particolare dagli USA, perché alle loro grandi aziende conveniva produrre nell'est asiatico dato il minor costo della forza lavoro; oggi, essendo il lavoro umano sostituito da quello delle macchine, non ha più senso produrre nei paesi emergenti: "L'algoritmo sostituisce la fabbrica come unità centrale della valorizzazione. L'efficienza non dipende più dalla massa operaia, ma dall'architettura del software".

In realtà, lo sfruttamento della forza lavoro è ancora determinante nella produzione di plusvalore. Il giganteggiare del lavoro morto su quello vivo può essere rappresentato con la parabola del plusvalore, al cui culmine è il rendimento massimo del capitalismo: mezza giornata lavorativa all'operaio, mezza al capitalista: saggio di plusvalore = 100%. In prossimità dello zero non c'è più plusvalore, quindi non c'è più capitalismo.

Le analisi borghesi, anche quelle più lucide, restano monche: indentificano una traiettoria economico-sociale ma non la catastrofe. Si tratta, evidentemente, di auto-censure, motivate da interessi di classe.

In Cina ci sono le dark factory (letteralmente fabbriche oscure) che sono senza luce perché dentro vi sono solo robot al lavoro. Riportare le produzioni in patria non produrrà chissà quanti posti di lavoro, si tratta piuttosto di una scelta strategica nell'ambito della guerra combattuta in campo tecnologico.

Nell'articolo "Con gli agenti l'intelligenza artificiale diventa forza lavoro", Gianni Rusconi sostiene che "il futuro prossimo dell'Ai ci vedrà passare da un'interazione in tempo reale con la chatbot a un approccio in cui potremo assegnare un compito a un Copilot e lasciarlo lavorare in autonomia, per poi verificare il risultato a posteriori. Una visione che apre la porta a un nuovo paradigma, in cui l'intelligenza artificiale agentica diventa essa stessa forza lavoro (digitale), perfettamente integrata e complementare a quella umana e capace di eseguire task complessi per aumentare l'efficienza."

A proposito di simbiosi tra potere digitale e potere sovrano, Marcello Spagnulo, collaboratore di Limes esperto di questioni spaziali, in Capitalismo stellare. Come la nuova corsa allo spazio cambia la Terra, traccia una storia dei super capitalisti del tech e della loro capacità di influenzare le sovrastrutture economiche (si parla di Musk, Bezos, ma anche Jack Ma, l'uomo più ricco della Cina). Nel saggio si parla anche di V. I. Vernadsky (1863-1945), mineralogista e geochimico russo, autore di Biosfera, la sua opera più conosciuta. Per Vernadsky, il nostro pianeta è composto dalla geosfera (materia inanimata), dalla biosfera (vita biologica) e dalla noosfera (pensiero umano), una specie di "coscienza collettiva" degli esseri umani. Oggi si parla anche di noosfera digitale, un sistema in cui i satelliti sono in continuo feedback con il pianeta Terra. Spagnulo sottolinea che oggi l'enorme potere costituito dai satelliti artificiali è in mano a pochissimi player e quindi sussiste un problema di democrazia. Pochissime aziende hanno il monopolio dei social network, dei satelliti, della logistica e dei dati da noi prodotti. Il nuovo direttore della NASA, non a caso, è un investitore miliardario di SpaceX (Musk). La fusione tra capitale tecnologico e Stato è avvenuta a tutto vantaggio del primo.

A noi, che non siamo difensori dello status quo, interessa constatare come il capitale sociale possa essere trasformato in cervello sociale. Il chimico britannico J. Lovelock (Ipotesi Gaia) affermava che attraverso i satelliti la specie umana è riuscita a vedere il pianeta dall'esterno e a conoscere meglio sé stessa. Marx dice che le macchine "sono organi dell'intelligenza umana creati dalla mano umana, potenza materializzata del sapere. Lo sviluppo del capitale fisso mostra in quale misura il sapere sociale generale, la conoscenza, si è trasformato in forza produttiva immediata" (Grundrisse).

In chiusura di teleconferenza, si è accennato al recente blackout che ha colpito Spagna, Portogallo e sud della Francia. Inizialmente si è parlato di possibili attacchi hacker, poi di sbalzi di temperatura, di cali di potenza, di problemi legati alle energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico). Sul Web sono circolate immagini e video di stazioni, metropolitane e aeroporti in tilt. Il tutto ci ha fatto venire in mente il saggio Il medioevo prossimo venturo (1971) di Roberto Vacca:

"La mia ipotesi è che i grandi sistemi organizzativi, tecnologici, associativi, continuino a crescere disordinatamente fino a raggiungere dimensioni critiche e instabili. A questo punto la crisi di un solo sistema non sarebbe sufficiente a bloccare le grandi concentrazioni metropolitane, ma una concomitanza casuale di congestioni in molti sistemi nella stessa area potrebbe innescare un processo catastrofico, che paralizzerebbe il funzionamento delle società più sviluppate conducendo alla morte milioni di persone."

La fragilità dell'attuale modo di produzione non è dovuta a cause esterne ma a contraddizioni intrinseche. Il sistema cresce in maniera anarchica, nessuno ne ha un controllo effettivo.

I testi Emergenza. Come sopravvivere ad un mondo in fiamme, di A. Greenfield, e La conoscenza necessaria: Come ricostruire la nostra civiltà da zero in caso di catastrofe, di L. Dartnell, trattano entrambi della dinamica catastrofica a cui l'umanità sembra essere destinata. Recentemente, l'Unione europea ha proposto un kit di sopravvivenza, motivato sia dal diffondersi delle guerre che dall'eventualità che si verifichi qualche forma di catastrofe. C'è il sentore che siano in arrivo calamità e che sia necessario prepararsi. La salvezza, però, non è possibile individualmente o a piccoli gruppi, ma solo grazie alla previa formazione di una comunità antiformista le cui strutture siano collegate a rete ("centralismo organico").

Nelle emergenze gli stati collassano e con loro le strutture assistenziali. Per tal motivo, dal basso si mettono in moto organizzazioni di mutuo soccorso che si strutturano secondo il livello raggiunto dalle forze produttive. Lo si è visto con Occupy Sandy, che si è basata sull'esperienza di Zuccotti Park, soprannominata dagli occupanti Liberty Square: alla fine dell'ottobre 2012, quando il ciclone Sandy si abbatte su New York creando moltissimi danni e isolando diverse zone, la rete di Occupy si attiva e in breve tempo l'intera infrastruttura del movimento partecipa all'organizzazione dei soccorsi. Tale struttura non ha fatto la carità a chi è stato colpito dall'uragano, bensì ha messo a disposizione la sua esperienza ("Mutual Aid, not Charity") muovendo informazione, beni di prima necessità e persone.

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Rivista n°56, dicembre 2024

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