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  • Resoconto teleriunione  21 febbraio 2017

Effetti dell'entropia

La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo le manifestazioni dei tassisti contro le misure contenute nel decreto legge Milleproroghe. La corporazione dei conducenti di taxi, la cui protesta si è sviluppata su scala nazionale, si è mobilitata per difendere i propri interessi, minacciati dal giganteggiare di Uber, la multinazionale americana che col suo servizio di trasporto su auto a portata di click sta guadagnando terreno nel settore. Da Marx in poi sappiamo che le mezze classi rovinate sono le prime a muoversi: avendo ancora qualcosa da perdere, si illudono di salvare il salvabile.

In questo caso la "colpa" è della tecnologia: le macchine, rimpicciolite (ognuno di noi ha uno smartphone in tasca) e capaci di costruire sé stesse, stanno eliminando gli uomini dal processo produttivo, diretto o indiretto che sia. Si tratta di un cambiamento qualitativo importantissimo. Uber, AirB&B e tante altre piattaforme basate su applicazioni online, sfruttando la capacità di comunicazione tra oggetti e sistemi, riescono a ridurre al minimo il numero di lavoratori necessari alla gestione del sistema, mentre i vecchi rapporti giuridici, atti a normare il confronto tra dipendenti e datori di lavoro, ne escono stravolti. Basti pensare a Foodora, Deliveroo e alle altre startup della gig economy impegnate nella consegna dei pasti a domicilio di cui abbiamo parlato recentemente: "Il nuovo precario lavora secondo lo schema on-demand cioè quando serve, con un rapporto diretto consentito da applicazioni e piattaforme digitali sviluppate appositamente. Domanda e offerta si incontrano on-line, ma ovviamente con una assoluta asimmetria, dato che il lavoratore non ha nessun mezzo per intervenire nel sistema." (Gig economy, n+1 n. 40)

Si è poi passati a commentare la paventata scissione in casa Pd inquadrandola nel più ampio processo di dissoluzione delle vecchie strutture politiche, ricordando che ciò non è prerogativa solo italiana. In America la politica del neo-presidente desta preoccupazioni ed in particolare l'Economist da tempo manifesta una certa apprensione per le conseguenze di un governo Trump, poichè il suo neo-isolazionismo potrebbe avere delle ripercussioni a livello globale. Negli ultimi decenni il sistema capitalistico si è dato una sorta di coordinamento globale tramite organismi come il Wto, il Fmi, la Nato e l'Oms, ma se dovesse venire meno il ruolo guida degli Stati Uniti, verrebbe meno anche il reticolo di alleanze e accordi da essi costruito con effetti deleteri per l'intero mondo capitalistico.

Lo sgretolamento degli stati nazionali provoca degli effetti anche nel rapporto tra borghesia e proletariato. Dal fascismo in poi i sindacati sono irreversibilmente integrati nello Stato e quindi in una situazione di esplosione sociale nasceranno organismi di natura completamente diversa. Subito dopo l'uragano Sandy, InterOccupy e Occupy Sandy sono riusciti ad attivare efficaci reti di mutuo soccorso auto-organizzate in grado di colmare il vuoto lasciato dallo stato. Emblematico l'esempio degli scioperi nei porti della West Coast lanciati da Occupy Oakland nel 2011 e a cui i sindacati si sono dovuti accodare. Quando i proletari prendono il sopravvento e si danno un obiettivo di lotta, i primi ad entrare in crisi sono proprio i sindacati, abituati a contare sulla consuetudine generale (trattative, contratti, ecc.). Se si generalizza una situazione di ribellione e saltano gli ultimi controlli sociali, dopo un primo periodo di caos seguirà necessariamente una riorganizzazione su presupposti completamente diversi. Qualsiasi società in transizione produce degli organismi adatti alla rivoluzione: quando c'è polarizzazione sociale la testa del movimento la prende chi più è organizzato e sintonizzato col futuro. Oggi i manifestanti hanno una potenza di coordinamento quasi maggiore rispetto a quella degli stati i quali - quando le masse si rivoltano - non possono fare altro che chiudere Internet, come in Egitto e Turchia. Peccato che la quasi totalità delle transizioni industriali e finanziarie passino per la Rete: bloccandola si ferma l'economia nazionale.

In chiusura di teleconferenza abbiamo accennato alle notizie sull'offensiva militare per la liberazione di Mosul ovest. La metropoli, controllata attualmente dai sunniti, è vicina al territorio curdo e tra non molto potrebbe cadere in mano agli sciiti, provocando rappresaglie e massacri. Il sito Analisi Difesa, analizzando la debolezza delle truppe d'attacco irakene, prevede che anche qualora vengano scacciati gli jihadisti dalla città la situazione resterà molto instabile:

"Secondo l'Institute for the Study of War, la mancanza di un presidio militare affidabile a Mosul est potrebbe spianare la strada al ritorno dei jihadisti. Oltre all'impatto immediato sulle vite dei civili, il think-tank mette in guardia che tali 'nuove infiltrazioni potrebbero anche mettere a rischio gli sforzi per riprendere il lato ovest, costringendo le truppe irachene a combattere su due fronti'".

Dalla "nuova" politica americana alla disgregazione dei partiti e dei sindacati, fino alle punte estreme di dissoluzione degli stati come in Iraq, Siria, Yemen, Ucraina, Sud Sudan, ma anche Grecia, ormai ridotta alla fame, il denominatore comune è da ricercarsi nella perdita di energia del sistema. Nel saggio Entropia Jeremy Rifkin sostiene che, quando la ricchezza si polarizza in una parte sempre più piccola della società a scapito del restante, l'impalcatura statale scricchiola e tende a cedere, per cui si rende necessaria una redistribuzione del valore. Insomma, ci vorrebbe un ragionevole piano keynesiano planetario. Ma se l'attuale modo di produzione perde energia, chi ha la forza per impiantare un fascismo su scala globale?

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    Il Corriere della Sera ha pubblicato una serie di dati sulla Cina da cui risulta che le amministrazioni locali delle province del paese hanno accumulato debiti per finanziarie il settore immobiliare e la costruzione di nuove infrastrutture ("Cina, il debito 'nascosto' che minaccia l'economia: le province esposte per 8.000 miliardi", Francesco Bertolino). Se alla cifra raggiunta dall'indebitamento pubblico (che ammonta a circa il 300% del PIL, circa 4700 miliardi di euro), si aggiunge quella relativa al governo delle province, vengono superati gli 8000 miliardi di euro. Ad essere in difficoltà non sono solo le amministrazioni locali e le famiglie, ma anche le banche, dato che sono state proprio queste a finanziarie il boom del mattone. Alcuni esperti fanno notare che il sistema finanziario cinese è chiuso e perciò ritengono che le conseguenze dello scoppio di una bolla immobiliare rimarrebbero circoscritte all'interno dei confini nazionali. Sappiamo, invece, che i legami e le interconnessioni economiche e finanziarie della Cina hanno un respiro globale. I conglomerati immobiliari cinesi sono indebitati con Wall Street, e la Cina, dopo il Giappone, è il maggior acquirente di titoli di stato USA; una crisi finanziaria cinese avrebbe ripercussioni sul debito americano e su tutti i suoi rapporti commerciali (ad esempio quelli con la Germania che esporta molto verso il gigante asiatico). Come dice l'economista Larry Summers, il "superciclo del debito", che ha colpito gli Stati Uniti nel 2008 e qualche anno dopo l'Europa, sta ora sferrando un duro colpo alla Cina.

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Rivista n°53, giugno 2023

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