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  • Resoconto teleriunione  13 aprile 2021

Forma e antiforma

Durante la teleconferenza di martedì sera, connessi 24 compagni, abbiamo ripreso quanto detto in una recente relazione riguardo le manifestazioni passate, presenti e future dell'antiforma.

Nel luglio del 1962 in Piazza Statuto a Torino scoppia la rabbia operaia. La goccia che fa traboccare il vaso è un accordo separato della UIL con la direzione della Fiat. Centinaia di operai cercano di assaltare la sede del sindacato "traditore" e per due giorni la piazza è teatro di scontri con la polizia. Nelle manifestazioni, da una parte si vede un'assoluta rispondenza dei metodi alle tipologie di scontro tipiche del movimento operaio, dall'altra si nota qualcosa di nuovo: una componente operaia giovanissima, soprattutto meridionale, che rappresenta il nocciolo duro di una forza che non vuole più saperne di trattative e si scaglia contro un presente fatto di miseria, alienazione e sfruttamento. Borghesi di destra e di sinistra, invocando carcere e repressione, li chiamano i teppisti con le maglie a strisce.

La vicenda di Piazza Statuto è servita da cartina di tornasole per tutte le forze che si rappresentavano come alternative ai partiti e ai sindacati di allora. Fu esemplare il comportamento degli operaisti dei Quaderni Rossi, che presero le distanze dagli scontri denunciando la "squallida degenerazione di una manifestazione che era iniziata come protesta operaia verso il tradimento sindacale della UIL" (Cronache dei Q.R.). In quel frangente il programma comunista scrisse l'articolo "Evviva i teppisti della guerra di classe! abbasso gli adoratori dell'ordine costituito!"

Ogni movimento sociale è figlio di una determinata epoca storica: o è portato a conformarsi all'esistente oppure è portato alla rottura. Sempre nella città sabauda il 3 luglio 1969, in corso Traiano, in seguito ad una lotta contrattuale inconcludente e a causa del caro-affitti si ripresenta in piazza l'antiforma. La rivolta parte della Fiat e si estende ad un'area urbana vastissima, coinvolgendo la popolazione della cintura sud della città.

Anche negli ultimi decenni non sono mancate le rivolte proletarie, come per esempio a Los Angeles nel 1992 o nelle banlieue francesi nel 2005, fino ad arrivare alla nascita a New York del movimento anti-capitalista Occupy Wall Street, il più avanzato finora esistito. Essendo il comunismo il movimento reale verso il futuro, i comunisti non inventano nulla, cercano semmai di essere in linea con il divenire sociale, difendendo la linea del futuro della propria classe ("Proprietà e Capitale", 1952).

Come sarebbe oggi la Comune di Parigi dopo l'ondata di Occupy Wall Street? Nasceranno ancora discussioni internazionali sul Governo Operaio e Contadino? Sarebbe ancora sensata una discussione sulla tattica del Fronte Unico? Che tipo di partito sarebbe quello che sorgesse dalle forze in campo oggi? Come si manifesterebbe la dittatura del proletariato in un'epoca in cui lo stato è in evidente sfacelo?

I soviet erano dei consigli operai nati dalla rivolta del 1905, all'interno dei quali si manifestò fin da subito lo scontro tra i partiti presenti e la base composta da operai, soldati e contadini. Tali organismi erano un miscuglio democratico che funzionava attraverso la conta dei voti. Ma non esiste rivoluzione o moto di classe che avvenga rispettando il principio democratico. Lenin, tra lo stupore degli stessi bolscevichi, lanciò la parola d'ordine "tutto il potere ai soviet", quando fu convinto del fatto che il partito rivoluzionario esercitasse un'influenza su di essi.

Per quanto riguarda il futuro prossimo, quando pensiamo ad una forma di organizzazione capace di superare quella sindacale, ci viene in mente quanto realizzato da OWS, che è riuscito a collegarsi con ampi strati di senza riserve partecipando alle lotte dei lavoratori e promuovendo scioperi generali, come quello della West Coast del 2012 a cui gli stessi sindacati si dovettero accodare. Nello stesso periodo a New York è nato 99 Pickets line, un collettivo di precari che organizzava picchetti volanti di solidarietà davanti a lavanderie, ristoranti, fast food, ecc.

I partiti e le rivoluzioni non si fanno, si dirigono ("Partito e azione di classe", 1921). I movimenti antiforma che si presentano sulla scena storica, magari con forme inedite, mostrano sempre la tendenza alla rottura con l'esistente ("Tracciato d'impostazione", 1946). E il partito non è un qualcosa di avulso da questo sviluppo: ad un certo momento gli "atomi sociali" si polarizzano e formano strutture ordinate per la difesa immediata delle condizioni di vita (organismi intermedi, organizzazioni di mutuo aiuto, comunità alternative, ecc.). C'è un legame oggettivo tra il primordiale bisogno economico del singolo e la dinamica collettiva tipica di tutte le grandi rivoluzioni ("Teoria e azione nella dottrina marxista", 1951). La corrente a cui facciamo riferimento non è spuntata dal nulla, essa è il prodotto di scontri storici, di determinazioni ben precise, di un ambiente capitalistico millenario. In "Partito rivoluzionario e azione economica" (1951), essa afferma che il sindacato, da arma nostra, è diventato arma del nemico di classe, ci è stato rubato, secondo la dinamica storica divieto/tolleranza/assoggettamento dell'azione sindacale.

In una situazione come quella attuale, polarizzata (1/99%), tutto prende forma intorno a ciò che già esiste, ovvero un capitalismo che non funziona più e che per sopravvivere nega sé stesso. Se viene invalidata la legge del valore è evidente che il movimento rivendicativo si estingue. Dissolto quel paradigma, non rimane il vuoto, semplicemente la lotta si sposta ad un livello superiore: poiché questa forma sociale non ha più nulla da offrire, allora si fa strada la rivolta a titolo umano (vedi Marx in "Glosse marginali di critica all'articolo Il Re di Prussia e la riforma sociale", 1844), di cui oggi abbiamo saggi sempre più frequenti sul piano globale.

Coloro che invece fondano la propria azione sul paradigma rivendicativo sono i bonzi, specie quelli tinti di rosso, i quali non usano il sindacato come "palestra per la guerra di classe" ma come palestra per il pompieraggio. Sono smaniosi di essere riconosciuti dalle istituzioni, di partecipare ai tavoli delle trattative, e scrivono lettere di ringraziamento ai prefetti mentre i loro iscritti si prendono le manganellate dalla polizia.

La rivoluzione è quel processo che parte dal comunismo originario e arriva a quello sviluppato. Non si tratta di lotta contingente né, tantomeno, di un qualcosa che possa essere ridotto a questioni di tattica o di strategia. Il riformismo/opportunismo vorrebbe invece cambiare lo stato delle cose col volontarismo e l'organizzativismo. I riformisti, in ultima analisi, puntano ad entrare nella sala di comando. Ma dietro il "quadro dei bottoni" c'è un cablaggio ben preciso, realizzato secondo un progetto finalizzato ad ottenere determinati risultati. Premendo i bottoni succederà quello per cui il sistema è stato costruito, mentre per ottenere qualcosa di diverso occorre cambiare il meccanismo intero.

In chiusura di teleconferenza, abbiamo accennato agli ultimi sviluppi della pandemia.

In America la Food and Drug Administration ha chiesto la sospensione del vaccino Johnson & Johnson in seguito al verificarsi di alcuni casi di trombosi. In Italia la campagna vaccinale procede in maniera scomposta e differente tra regione e regione. Commercianti, ristoratori e bottegai spingono per l'apertura generalizzata delle attività. Da lunedì 12 aprile, milioni di studenti sono tornati ad affollare le scuole del paese ed è probabile che tra qualche settimana le curve dei contagi riprenderanno a salire. E mentre giornali e agenzie battono freneticamente notizie sulle riaperture di cinema, ristoranti, piscine, palestre, e spettacoli dal vivo, l'OMS lancia l'allarme a livello mondiale: "In questo momento, siamo a un punto critico della pandemia. La curva dei contagi sta crescendo e, per la settima settimana consecutiva, abbiamo avuto più di 4,4 milioni di nuovi casi segnalati".

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Rivista n°52, dicembre 2022

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