Le classificazioni sociologiche borghesi servono a mettere etichette a fenomeni più ampi riconducibili alla marxiana legge della miseria crescente. Non esistono ricette politiche interne a questo sistema che possano invertire la tendenza alla polarizzazione economica. La sociologa Francesca Coin, nel saggio Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita, analizza non solo il "movimento" americano AntiWork ma anche il cinese TangPing ("stare sdraiati") e fenomeni analoghi sviluppatisi in altre parti del mondo. Gli hikikomori ("stare in disparte") sono giovani giapponesi che si rinchiudono nella loro stanza e sono connessi al mondo esclusivamente attraverso Internet. Le vecchie istituzioni come partiti, sindacati, parrocchie e famiglie sono allo stremo; e siccome il vuoto in natura non esiste, prima o poi emergeranno forme di autorganizzazione, non di semplice rifiuto dell'esistente, ma finalizzate ad ottenere qualcosa di diverso.
Riguardo ai conflitti bellici in corso, è stata segnalata una video-intervista al generale Fabio Mini, intitolata "La Storia Oscura della NATO vista da dentro", in cui sostiene che gli USA non sono intenzionati ad uscire dall'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord, ma piuttosto a ridefinire gli accordi economici e commerciali con il resto del mondo. Nel suo libro, La NATO in guerra. Dal patto di difesa alla frenesia bellica, il generale racconta i presupposti storici che hanno portato alla formazione dell'alleanza, nata in contrapposizione al blocco sovietico, il miglior nemico di sempre. Caduto il muro di Berlino e dissoltasi l'URSS, il nemico è stato sostituito dai terroristi, dall'asse del male, dagli stati canaglia. Oggi, vengono indicati nemici più precisi, ovvero Russia e Cina. Una volta individuata la minaccia, i militari pianificano e cioè preparano le misure necessarie per neutralizzarla; secondo Mini, l'attuale politica sta portando la NATO e l'Europa alla frenesia bellica e verso l'autodistruzione.
In realtà non si tratta di scelte politiche "sbagliate", gli attori in campo non sono dotati di libero arbitrio e ognuno influenza l'altro. Quando il potere politico annaspa, i militari devono arrangiarsi come possono, dato che sono gli unici ad avere le idee chiare in materia di guerra. Mini mette in guardia dalla dimensione che potrebbero assumere i conflitti nei nostri tempi, e da una possibile guerra di attrito con la Russia condotta in Europa, insostenibile non solo dal punto di vista degli armamenti e delle munizioni, ma anche da quello delle risorse umane disponibili. Se una situazione simile a quella di Gaza non è accettabile in Europa, allora diventa realistica l'idea di muoversi in anticipo, magari con l'impiego di armi nucleari tattiche, per neutralizzare l'avversario: al fine di difendersi bisogna prevenire le mosse dell'avversario, attaccandolo per primi. Insomma, come diceva la Sinistra, non c'è differenza tra guerra difensiva e guerra offensiva ("Onta e menzogna del 'difesismo'", 1951).
Lo scontro armato tra USA e Cina rappresenterebbe un cataclisma per l'umanità, attualmente non si intravede una via d'uscita nel braccio di ferro tra le due potenze. Tokyo, insieme a Pechino, uno dei principali creditori degli USA, ha minacciato di liberarsi di parte dei titoli di stato americani qualora non vengano ritirati i dazi. Gli Stati Uniti ricattano il mondo, che comincia a ribellarsi ai loro diktat. Ma l'alternativa al dominio americano non c'è, se non in un'altra forma sociale.
L'attuale politiguerra americana prevede che si demandi ad altre forze e ad altri stati la guerra sul campo, invece di intervenire direttamente su più fronti contemporaneamente. Il presidente Trump sta cercando di alleggerire l'impianto statale, rimodellando la struttura delle forze militari per adattarla alle nuove esigenze. Gli USA non vogliono impantanarsi in Medioriente e utilizzano Israele come loro forza nell'area; d'altro canto, Tel Aviv deve fare i conti con un malessere interno crescente, anche nelle fila dell'esercito. Gli USA sono in difficoltà nella gestione dell'ordine globale così come fatto fino ad ora; allo stesso tempo, non possono permettersi che il mondo vada fuori dal loro controllo, anche perché i conflitti si estendono, diventano endemici.
Cresce la tensione in Kashmir, area contesa da Pakistan e India, entrambe potenze nucleari. Il conflitto tra i due stati dura da circa 70 anni. La regione del Kashmir rappresenta uno snodo fondamentale del percorso della Nuova Via della Seta. La terza guerra mondiale a pezzi, come la chiamava Papa Francesco, si sta trasformando in un unico conflitto globale.
La borghesia fa un gran parlare di geopolitica, analizzando il rapporto tra geografia (mari, fiumi, catene montuose) e i riflessi che questa ha sullo sviluppo delle nazioni. Il controllo del Pianeta passa attraverso alcuni punti strategici. Il controllo degli stretti (canale di Panama, canale di Suez, stretto di Bab al-Mandab, stretto di Malacca e di Hormuz, ecc.) è fondamentale dato che, se qualcuno di questi venisse chiuso, ci sarebbero immediate ripercussioni sul traffico di merci globale. Nessun stato, nemmeno gli USA, ha una capacità di pianificazione generale e di conseguenza manca sia di una politica estera coerente che di una politica interna efficace ed efficiente. Nessuno è in grado di controllare la situazione economica e sociale a livello mondiale, tutti ballano al ritmo del Capitale.
In Cina ogni anno scioperano milioni di lavoratori, da ultimi quelli del colosso automobilistico BYD. Nel continente asiatico è presente la più grande concentrazione operaia del mondo. La Cina registra un eccesso di capacità produttiva in numerosi settori, rendendo l'eccesso di offerta più difficile da controllare ("Vulcano della produzione o palude del mercato?", 1954). L'Asia è oggi centrale, non solo per le lotte operaie, ma anche per la Chiesa. Papa Francesco ha nominato cardinali in diversi paesi asiatici: tra i 133 cardinali arrivati a Roma per il Conclave, 27 provengono da quell'area. Il Vaticano ha siglato un accordo segreto con il governo cinese per la nomina dei vescovi. Il prossimo Papa sarà il prodotto dei mutati equilibri mondiali: nel Conclave vi sarà un braccio di ferro tra USA e Cina dato che il baricentro capitalistico si sta spostando verso l'Asia, e vi sarà inoltre uno scontro tra la "Chiesa in uscita" e quella più conservatrice. Non siamo vaticanisti, ma riteniamo significativo ciò che accade all'interno dell'organismo bi-millenario che ha il suo centro a Roma, ma è presente capillarmente in tutto il mondo con oltre 1,4 miliardi di fedeli, perché ci dà il polso della situazione.
La Chiesa ha i suoi testi sacri, il suo programma, è passata incolume attraverso guerre e rivoluzioni, ma è una struttura legata al vecchio mondo che si dirige verso un futuro a lei ostile. Il programma comunista riguarda il futuro della specie, dato che affonda le radici nel comunismo originario e si lega a quello futuro. Il nostro grande ponte storico lega l'uomo primitivo a quello della società comunista di domani. I cristiani hanno avuto un loro periodo rivoluzionario, antiformista, come anche la borghesia, che ha rotto il vecchio ordine legato alle corporazioni. I borghesi, nella loro fase rivoluzionaria, hanno attaccato il potere della Chiesa, ma successivamente, attraverso i vari concordati, hanno smesso di combattere la superstizione religiosa riconoscendo in essa un puntello utile per preservare l'ordine borghese. Oggi l'antiforma non è rappresentata da una classe che prenderà il potere per tenerlo per sé, bensì da una classe che abolirà sé stessa abolendo tutte le classi. La prossima rivoluzione sarà a titolo umano, non di classe.

