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  • Resoconto teleriunione  8 luglio 2025

La rivoluzione raccoglie le proprie forze

La teleriunone di martedì è cominciata dalla segnalazione di un saggio di Peter J. Katzenstein e Lucia A. Seybert (Cambridge University), intitolato Protean Power. Exploring the Uncertain and Unexpected in World Politics.

Il potere proteiforme, sostengono gli autori, si manifesta in condizioni di incertezza e si caratterizza per fluidità e adattabilità, improvvisazione piuttosto che pianificazione, emergenza attraverso reti e assemblaggi sociali (piuttosto che istituzioni predefinite). Nonostante le relazioni internazionali tradizionali continuino a basarsi sull'idea di un rischio calcolabile, il mondo è ormai alle prese con cambiamenti inaspettati. In questo contesto, gli attori che hanno maggiore agilità nell'adattarsi a situazioni di incertezza sono quelli che sopravvivono.

Si pensi ad esempio ad una forza relativamente piccola come gli Houthi, che ha dimostrato una notevole capacità di adattamento (attacchi con droni e missili alle navi cargo nello stretto di Bab el-Mandeb), diventando a tutti gli effetti un soggetto geopolitico che tratta con le grandi potenze.

Oggi la guerra non è più solo tra stati, ma anche tra stati ed entità non statali. A questa situazione di incertezza si assomma il problema del fronte interno (da quello americano a quello israeliano). I nemici non sono più facilmente individuabili (cyber-attacchi, guerra ibrida ecc.), e quindi c'è un'oggettiva difficoltà di risposta.

La guerra mondiale fatica a mettersi in forma e diventa endemica (Papa Francesco l'ha denominata "terza guerra mondiale a pezzi"). Le relazioni inter-imperialistiche sono talmente integrate che, colpendo una parte, si rischia di danneggiare il tutto.

Il XVII vertice BRICS, tenutosi in Brasile dal 6 al 7 luglio 2025, dimostra ancora una volta che tra i paesi membri vi sono interessi divergenti. Ciononostante, il solo fatto che tale raggrupamento esista costituisce un pericolo oggettivo per gli USA. I BRICS rappresentano il 41% della popolazione mondiale e il 37% del PIL globale. La questione demografica pesa, si pensi ad Israele accerchiato da decine di milioni di arabi.

Gli USA rispondono alla situazione di crisi in cui sono sprofondati con i dazi, il reshoring e la retorica MAGA. Negli ultimi anni si è verificato uno spostamento degli equilibri mondiali verso Oriente. La Cina è la fabbrica del mondo, ha accolto aziende occidentali in patria e nel frattempo ha acquisito know-how. Lo dimostra la nascita di BeiDou, sistema di posizionamento satellitare sviluppato dalla Repubblica popolare cinese, che gareggia con i sistemi di navigazione satellitare americani.

Lo scontro politico tra i battilocchi Trump e Musk è il riflesso di interessi nazionali e globali confliggenti. Il secondo ha interessi che fanno il giro del mondo, lo dimostra il fatto che Tesla ha un'importante Gigafactory a Shanghai.

L'imperialismo ha una sua serie storica, che da tempo si è interrotta. Non c'è alternativa al dominio del dollaro ("Super-imperialismo?"), ma ora esso fatica a svolgere il proprio ruolo. Nella "guerra dei 12 giorni" tra Israele e Iran, gli USA hanno svolto un ruolo di mediazione; contenere il caos mondiale risulta sempre più dispendioso, ma non solo per gli Stati Uniti. Vi è una generale mancanza di progetto, le alleanze statali sono cangianti, chi è amico in un quadrante geopolitico potrebbe essere nemico in un altro. Il capitalismo è con l'acqua alla gola, non ha più energia. Ci troviamo in una fase che, in biologia, potremmo ricondurre all'ambito dell'auxologia, la disciplina che studia la crescita degli organismi indicandone il decremento nel tempo.

La crisi dello Stato nazionale è dovuta allo sviluppo raggiunto dalle forze produttive ("Lo Stato nell'era della globalizzazione"). Le catene logistiche hanno una dimensione globale. La struttura materiale della produzione non corrisponde più alla sovrastruttura politica, come già notava Lenin ne L'Imperialismo, fase suprema del capitalismo.

Come abbiamo scritto negli articoli della rivista sul wargame, ogni forza economica, politica o militare che deve organizzare qualcosa deve passare per i "giochi di guerra". E' cioè costretta a mettere nero su bianco la disposizione delle forze, evidenziarne le relazioni e trarne uno modello, il quale diventa una guida per l'azione (Tesi sulla tattica del PCd'I – Roma, 1922).

Il ruolo dei comunisti nelle piazze, nelle assemblee, come nelle lotte operaie, è quello dei detector, non delle mosche cocchiere. Essi misurano la temperatura sociale. Oggi la situazione deve ancora maturare perché possa emergere la necessità del partito, vi sono però delle accelerazioni storiche. La rivoluzione raccoglie le proprie forze ed esprime il suo programma, gettando le basi per l'emergere del partito dell'antiforma, che rappresenta una sintesi della conoscenza prodotta dall'umanità e un'anticipazione di quella futura.

In tema di organizzazione, in quanto comunisti non siamo contro il principio di autorità (Engels, Dell'autorità, 1872). Il futuro partito avrà dei responsabili, il centralismo organico presuppone che vi siano organi differenziati, ma non avrà più bisogno dei Grandi Uomini, dato che dovrà essere la realizzazione del cervello sociale. Da questo punto di vista, Occupy Wall Street ha dato luogo a saggi di futuro (dall'organizzazione leaderless al rifiuto del parlamentarismo), così come lo sciopero dell'UPS del 1997, che ha messo in luce i legami tra scioperanti e strumenti di lavoro (GPS, cellulari, ecc.).

La spontaneità operaia, per come la intendeva Lenin, non può prescindere dallo stato dell'industria (teoria delle reti, complessità, ecc.), quindi da un'organizzazione soggiacente che determina le forme e le modalità della lotta.

E' da rileggere la conferenza tenuta da Bordiga alla Casa del Popolo a Roma (24 febbraio 1924), pubblicata con il titolo Lenin nel cammino della rivoluzione, ed in particolare il capitolo sulla funzione del capo, da cui emerge una visione cibernetica del dirigente. Esso è un nocchiere che "più che inventare, rivela la massa a sé stessa e fa sì che essa si possa riconoscere sempre meglio nella sua situazione rispetto al mondo sociale e al divenire storico." Per Bordiga il capo è un hub, il nodo di una rete, e non potrebbe svolgere le proprie funzioni senza il feedback costante dell'ambiente sociale di cui è il prodotto ("Un programma: l'ambiente").

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Rivista n°57, luglio 2025

copertina n° 57

Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

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