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  • Resoconto teleriunione  21 ottobre 2025

Guerra, debito, polarizzazioni

La teleriunione di martedì è iniziata riprendendo l'articolo "Wargame. Parte seconda", pubblicato sul numero 51 della rivista.

In quel lavoro abbiamo contrapposto il Partito Azzurro, rappresentante della conservazione, al Partito Arancione, espressione dei manifestanti, in un "gioco" dinamico riguardante un'ipotetica manifestazione dai confini sfumati. Per inibire i comportamenti emergenti dalla piazza, il Partito Azzurro è costretto ad intervenire aggiornando il proprio programma, ma le configurazioni previste sono obsolete, in quanto dettate da una consuetudine che non contempla soluzioni antiforma. Al contrario, il Partito Arancione, opportunamente diretto, può cambiare le regole del gioco.

Le difficoltà rispetto alla lettura della complessità di questo mondo possono essere superate solo da quelle che abbiamo definito macchine per conoscere, ovvero teorie, modelli e schemi.

Il tema del wargame è utile per comprendere le dinamiche e gli sbocchi della guerra guerreggiata. C'è chi esulta per la tregua tra Israele ed Hamas, mediata dagli USA (e che ha già prodotto decine di morti tra i Palestinesi), ma all'orizzonte si prospetta la riapertura del fronte con l'Iran. Il conflitto in Ucraina è tutt'altro che risolto. Il conflitto mondiale in corso non si può combattere con le armi e le dottrine a disposizione, ma le nuove non sono ancora pronte; è impossibile mettere in forma questo tipo di guerra, tanto che i vari think tank che si occupano di analisi geopolitica non riescono a tracciare una dinamica, faticando a comprendere come potrebbe evolvere la situazione mondiale.

Dopo qualche giorno di apparente calma, nella Striscia di Gaza sono iniziati gli scontri interni tra Hamas e le bande che controllano varie parti di territorio. La guerra civile è una realtà nei fatti ed i civili rimangono gli obiettivi principali. La situazione interna alla Striscia e alla Cisgiordania è speculare a quella interna ad Israele: così come i Palestinesi sono divisi sia dal punto di vista politico che geografico, anche gli Israeliani sono frammentati al loro interno, alle prese con le divisioni sociali, tribali e religiose. Nell'articolo "Le Alsazie-Lorene del Medioriente" (1955), la corrente a cui facciamo riferimento descrive come la nascita degli stati dell'area (Arabia Saudita, Yemen, Iraq, Israele, Libano, Siria, Transgiordania), in seguito al disfacimento dell'impero Ottomano, sia stata organizzata a tavolino dai colonialisti occidentali, e afferma che le contraddizioni insite in tale processo sarebbero prima o poi esplose. Utile, a tal proposito, anche la lettura dell'articolo "Le cause storiche del separatismo arabo" (1958). Oggigiorno l'Iraq è in mano a milizie e bande, la Siria è anch'essa suddivisa in diverse aree di influenza (Russia, America e Turchia si sono spartiti pezzi di territorio), il Libano è uno Stato fallito, la Giordania è una monarchia tenuta in vita dal sostegno americano.

Per gli Stati il vero problema è la tenuta del fronte interno. Negli USA ci sono state manifestazioni oceaniche sotto lo slogan "NoKings". Durante l'ultima mobilitazione, il 18 ottobre scorso, sono scesi in piazza 7 milioni di persone, in oltre 2 mila città. Trump viene accusato dai progressisti di accentrare troppo il potere e di ledere la democrazia. In realtà, è il capitale a dettare legge, non i governi di turno. Nell'ultima fase del colonialismo i bianchi colonizzano i bianchi ("Imprese economiche di Pantalone", 1950). Con l'assalto a Capitol Hill del 2021 Trump ha organizzato un mezzo colpo di Stato, ed ora schiera l'esercito per le strade.

Nel filo "Il pianeta è piccolo" (1950), la Sinistra dimostra che la geopolitica è lo studio della conformazione del territorio e del riflesso che questo ha sulla politica. La geopolitica "vuole studiare la geografia del pianeta nei suoi incessanti mutamenti per effetto del soggiorno e dell'opera dell'uomo. È un ramo di scienza che ha capito che le leggi dei fatti storici non si scoprono nelle tracce che hanno lasciato nel cervello dell'individuo ma nella fisica reale degli oggetti ponderabili." Chi adotta l'analisi geopolitica per capire cosa sta gli succedendo intorno non può che prendere atto che è la struttura materiale del mondo che determina le sovrastrutture culturali, ideologiche, ecc.

Israele ha il problema della gestione di due milioni di Palestinesi, che devono essere messi da qualche parte. La risoluzione della decennale questione palestinese non è possibile con la creazione di un apposito Bantustan, dove possa "attivarsi" una borghesia palestinese, e non è nemmeno possibile eliminare tutti i gazawi.

Alle crisi in Medioriente ed Ucraina, i due fronti più visibili, si aggiunge la crisi finanziaria incombente. The Economist riporta le dichiarazioni di Gita Gopinath, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale ("Gita Gopinath on the crash that could torch $35trn of wealth"), secondo la quale si stanno accumulando situazioni economiche preoccupanti: il mondo è dipendente dagli asset americani e si sta gonfiando una nuova, enorme bolla finanziaria. Una delle cause dell'impennata del mercato americano è dovuta all'eccessivo entusiasmo per l'intelligenza artificiale, come nel caso delle Dot.com nei primi anni Duemila. Lo scoppio della bolla dell'IA, dice l'ex capo economista, sarebbe di portata molto più grave a causa della crescente interconnessione dei mercati finanziari. Gopinath teme per l'enorme portata dell'esposizione, sia nazionale che internazionale, legata ai titoli azionari americani.

L'Economist dedica anche un report speciale alla crescita del debito pubblico, evidenziando come gli Stati non riescano più a gestirlo ("The rich world faces a painful bout of inflation"). Le finanze pubbliche sono in rovina in Giappone, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e in molti altri paesi. Per quanto tempo gli Stati potranno vivere così al di sopra delle proprie possibilità? Il debito pubblico dei paesi ricchi vale già il 110% del PIL. Una società in grado di produrre nuovo valore non ha problemi a generare nuovo debito, al contrario "il debito pubblico, in quanto distruttore di capitali che finiscono in servizi non produttori di nuovo plusvalore, è la voragine in cui si precipita il capitale esuberante che non trova più la via della produzione" (Lettera ai compagni n. 21, "La legge del valore e la sua vendetta").

L'unico modo a disposizione dei governi per tappare i buchi di bilancio è intervenire con l'aumento delle tasse, i tagli alla spesa pubblica e l'aumento dei prezzi, con il rischio, però, che masse di persone scendano in piazza. L'unica via per gestire il debito rimane, dunque, continuare a farne.

Lo Stato, ovunque, divora una parte crescente del valore prodotto. Questa gigantesca e dissipativa macchina è però sempre meno efficiente. L'ingovernabilità si affianca alla crescita dei partiti populisti che criticano la "casta" e, pur essendo forze interne al sistema, ne rappresentano un elemento di ulteriore destabilizzazione. Il punto a cui è giunto il capitalismo ci interessa in quanto transizione, ma il fenomeno populismo, trattato in sè, non produce conoscenza utile alla rivoluzione e si può capire solo se si coglie una dinamica storica.

Negli ultimi mesi i rapporti tra paesi, così come all'interno del cuore del capitalismo, gli USA, sono caratterizzati da una marcata irrazionalità, non tanto perché i politici siano diventati pazzi, ma perché è il sistema che sta andando out of control. Che ci sia un denominatore comune dietro le recenti rivolte in Kenya, Madagascar, Marocco, Perù, Nepal, Ecuador, ecc., ormai lo ammettono gli stessi borghesi. L'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), per esempio, scrive che la cosiddetta Generazione Z fibrilla su scala planetaria poichè percepisce un futuro sempre più incerto. Discord, la piattaforma di messaggistica istantanea nata per coordinare chi gioca online, è diventata uno dei mezzi più utilizzati dai manifestanti. La rivoluzione sarà tale quando non avrà più bisogno di battilocchi per procedere, alzandosi anonima e tremenda. Ad ogni ondata di rivolta, è possibile individuare un determinismo soggiacente, un ordine emergente. Sappiamo che i "movimenti" nascono e si sviluppano per mezzo di istruzioni semplici come se/allora: se le condizioni di vita peggiorano, allora bisogna fare qualcosa.

In chiusura di teleriunione, è stato segnalato il down della piattaforma Amazon Web Services, che ha mandato in tilt per alcune ore aziende come Netflix, Siemens, BMW, Spotify, tutte dipendenti dai suoi servizi. L'interconnessione dei mercati fa il paio con l'interdipendenza delle infrastrutture digitali: un guasto ad una mega-azienda può rapidamente generare effetti a cascata su scala globale.

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Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

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