Durante la teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, abbiamo fatto il punto sulla guerra israelo-palestinese e, più generale, sui problemi che attanagliano il presente modo di produzione.
Il 1° dicembre scorso sono ricominciate le azioni militari dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Dopo il cessate il fuoco, che ha reso possibile lo scambio di prigionieri, il conflitto è ripreso: se nella prima fase l'offensiva di terra si era concentrata sulla parte nord della Striscia, adesso le operazioni si stanno spostando verso sud, anticipate da intensi bombardamenti. Centinaia di migliaia di civili palestinesi, sfollati dal nord, sono in trappola: non possono tornare nelle loro case e i valichi verso Egitto e Israele sono chiusi. Ed ora i raid dell'aviazione israeliana sono diretti proprio nelle zone precedentemente indicate come sicure.
Un carro armato Merkava pesa all'incirca 60 tonnellate e fatica a muoversi in un contesto urbano; per questo motivo, le IDF hanno raso al suolo interi quartieri e praticato lo sgombero forzato di parte della popolazione della Striscia. Le truppe israeliane entrano in un territorio senza civili, vuoto, perlustrando isolato per isolato, zona per zona, per stanare i "terroristi".
Fabio Mini, generale in pensione, in un'intervista su YouTube sostiene che nella Striscia di Gaza Israele sta applicando la "dottrina Dahiya", sperimentata per la prima volta nella guerra del Libano del 2006 durante il conflitto con Hezbollah. Tale dottrina prevede l'impiego di una forza sproporzionata rispetto all'attacco subito, in modo da ristabilire la deterrenza. Attualmente la situazione è ibrida perché il non-stato Hamas attacca lo stato Israele e viceversa. Lo stesso avvenne in Libano, quando l'esercito israeliano si scontrò con il non-stato Hezbollah, che non è solo un movimento islamico e una forza politico-militare, ma anche una rete di welfare per la popolazione, che di conseguenza diventò obiettivo del conflitto perché considerata "radicalizzata".
La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 17 compagni, è iniziata con il commento delle notizie riguardanti OpenAI, uno dei più avanzati laboratori di ricerca nel campo dell'Intelligenza Artificiale (IA).
La startup che ha elaborato ChatGPT ("Chat Generative Pre-trained Transformer"), un sistema linguistico LLM ("Large Language Model") basato sull'apprendimento automatico profondo, recentemente è salita all'onore delle cronache per il licenziamento di uno dei suoi fondatori e CEO, Sam Altman. Da quanto si può leggere sui giornali, sembra che l'allontanamento di Altman ad opera del consiglio di amministrazione rientri nello scontro in atto tra i sostenitori di due diversi approcci nello sviluppo dell'intelligenza artificiale, ed in particolare riguardo allo sviluppo di un nuovo progetto denominato Q*. ChatGPT produce risultati in base ad un calcolo probabilistico, legato alla statistica del linguaggio; Q*, invece, sarebbe un sistema autonomo in grado di "superare gli esseri umani nei compiti con il maggiore impatto a livello economico" (Wired).
Secondo la Reuters, lo scontro verterebbe sulle precauzioni da adottare verso lo sviluppo del progetto: mentre la maggioranza del consiglio di amministrazione richiedeva una maggiore cautela, sembra che Altman spingesse per la sua commercializzazione. Nei giorni successivi al licenziamento, Microsoft, il maggior finanziatore della società, si è fatta avanti per assumere Altman, e più di 700 dipendenti hanno minacciato di andarsene per seguire il loro ex-capo. OpenAI nasce nel 2015 come organizzazione di ricerca senza scopo di lucro; qualche anno più tardi, nel 2019, viene affiancata da un braccio commerciale che si occupa di attrarre gli investimenti e gestire i profitti. All'interno della startup è presente la corrente dell'altruismo efficace, un movimento filosofico che si propone di applicare la ricerca scientifica e la tecnologia per migliorare il mondo, e di mettere in pratica la massimizzazione dei profitti per incentivare le donazioni economiche a favore dei problemi sociali.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 16 compagni, è cominciata riprendendo quanto scritto nell'ultimo resoconto, ovvero che il conflitto in Ucraina sta dimostrando come la tecnologia stia cambiando il campo di battaglia.
Rispetto agli aspetti messi in luce nell'articolo "La sindrome di Yamamoto", notiamo che oggi molti processi sono ormai manifesti. L'Economist, nell'articolo "A new era of high-tech war has begun", osserva, ad esempio, che la carneficina ucraina contiene tre importanti lezioni per il futuro della guerra:
1) il campo di battaglia sta diventando trasparente e i conflitti futuri dipenderanno dalla capacità di riconoscere il nemico prima che lo faccia quest'ultimo; ciò vuol dire accecare i suoi sensori (siano essi droni o satelliti) e interrompere i canali di invio e ricezione dati, attraverso attacchi informatici, elettronici o di altra natura;
2) la guerra attuale, nonostante faccia largo uso di tecnologie avanzate, coinvolge ancora un'immensa massa di esseri umani e milioni di macchine e munizioni. La Russia, ad esempio, ha sparato 10 milioni di proiettili in un anno e l'Ucraina ha perso 10.000 droni in un mese;
3) il confine tra ambito militare e civile è sempre più sfumato. Anche uno smartphone può trasformarsi in un'arma: tramite un'app, infatti, un civile può segnalare la presenza del nemico e così aiutare a guidare il fuoco dell'artiglieria su un obiettivo. A ciò si aggiunge il complesso industriale bellico, composto da aziende private (vedi Starlink di SpaceX), università e laboratori.
La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 13 compagni, è iniziata dalla segnalazione di un articolo del quotidiano Il Post, intitolato "Bisogna capirsi su cosa sia 'l'intelligenza artificiale'".
Nell'articolo si sostiene che non esiste una versione unica dell'IA in quanto essa varia rispetto ai contesti e agli ambiti di ricerca. Una delle tante definizioni che vengono date è quella di "ambito dell'informatica per risolvere problemi con vari gradi di difficoltà", come ad esempio la guida autonoma di un'autovettura oppure il funzionamento di una chatbot. Quando se ne parla, bisogna perciò distinguere tra intelligenza artificiale "generale" e "ristretta": la prima riguarda il campo delle macchine che arrivano a riprodurre interamente l'intelligenza umana, come nei film di fantascienza, e questo è l'aspetto che fa più paura; la seconda, l'IA ristretta, indica quei sistemi che svolgono compiti precisi ma molto complessi, differenti dai normali software.
Abbiamo sempre detto che non ci serve una macchina che sia una copia dell'uomo. Ci servono invece protesi per amplificare le nostre capacità e soprattutto che ci aiutino a conoscere noi stessi. Un algoritmo, procedimento di calcolo nato prima dell'informatica, non è altro che una sequenza definita di istruzioni per arrivare a un risultato: partendo dal suo funzionamento base fondato sul binomio "se, allora", si possono inserire più dati e variabili e renderlo estremamente complesso.
Gli algoritmi basati sull'IA (bot) svolgono il lavoro che prima svolgevano gli umani e al giorno d'oggi ci sono algoritmi che costruiscono altri algoritmi: bot vengono testati da altri bot precedentemente istruiti dai programmatori. Miliardi di interazioni fanno sì che il sistema migliori strada facendo, imparando dai propri errori, e ciò vale sia per i bot che devono riconoscere immagini o suoni, che per i bot che devono addestrarli e testarli. Il passo successivo sono i bot che costruiscono altri bot. Una macchina che impara ad imparare rientra nella categoria del machine learning. Man mano che questi algoritmi analizzano i dati trovano andamenti e schemi sulla base dei quali fare previsioni.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sulla conferenza pubblica, tenuta a Roma lo scorso 27 maggio, sul tema della guerra.
La riunione è andata bene, sia per la chiarezza con cui sono stati esposti gli argomenti sia per gli interventi e le domande che sono state poste ai relatori. Tra gli intervenuti c'è stato chi ha sottolineato come in questa fase di guerra generalizzata sia fondamentale ribattere il chiodo contro le partigianerie in genere ("Marxismo o partigianesimo"), e chi ha ribadito che l'unico modo per analizzare i fatti in sintonia con il "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente" è proiettarsi nel futuro. Diversi i compagni collegati via Skype, una modalità utile per chi non può essere presente fisicamente a questi incontri.
Nella stessa giornata si è svolta a Roma la manifestazione "Ci vuole un reddito", in difesa del reddito di cittadinanza; molti i gruppi e i partitini della sinistra che vi hanno aderito, oltre a sindacati e a diverse realtà di base. La misura del reddito di cittadinanza, inizialmente intesa come erogazione monetaria per raggiungere la parità tra tutti i cittadini, si è trasformata nel giro di pochi anni in un reddito di base, una sorta di salario di sopravvivenza. Non si tratta più di un'astratta forma di accompagnamento al lavoro, ma della possibilità di poter arrivare a fine mese. Secondo i dati dell'Osservatorio Inps, in Italia due milioni e mezzo di senza riserve vivono con questo assegno (l'importo medio è di 550 euro), e tra poco rimarranno economicamente scoperti.
Alla teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 20 compagni, abbiamo parlato di robot e automazione partendo da un articolo dell'Economist intitolato "Don't fear an AI-induced jobs apocalypse just yet".
Lo scorso primo marzo, all'Investor Day 2023 di Tesla, Elon Musk ha presentato Optimus, un robot umanoide da utilizzare a casa e in fabbrica del costo previsto di 20.000 dollari. Durante il meeting è stato proiettato il video di un automa intento a costruirne un altro simile: a breve, ha dichiarato l'imprenditore sudafricano, il rapporto 1:1 tra robot e umani potrebbe essere superato.
Se effettivamente si arrivasse a produrre un esercito di otto miliardi di robot, i problemi derivanti da tassi di disoccupazione elevatissimi non potrebbero essere tollerati dall'attuale modo di produzione, basato sul sistema del lavoro salariato. Osserva infatti Musk: "Non è nemmeno chiaro cosa sia un'economia a quel punto".
Già oggi vi sono produzioni altamente automatizzate: lo scorso dicembre ABB, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese, ha aperto una mega-fabbrica di 67.000 metri quadrati a Shanghai, dove i robot producono altri robot. Ocado, il più grande rivenditore di generi alimentari online al mondo, si affida agli automi per consegnare cibo fresco a migliaia di persone nel Regno Unito; i suoi magazzini sono progettati come organismi viventi, dotati di un sistema nervoso centrale (software), un sistema cardiovascolare (nastri trasportatori) e di globuli rossi (casse). Il confine tra il mondo del nato e quello del prodotto è sempre più incerto.
La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 18 compagni, è cominciata dall'analisi di quanto accaduto in Turchia.
Nelle prime ore del 6 febbraio scorso un terremoto di magnitudo 7.7 della scala Richter ha colpito la Turchia meridionale e la Siria settentrionale, causando migliaia di morti e feriti. La Turchia è situata in un area sismica molto importante: gran parte di essa si trova sulla placca anatolica, un piccolo blocco di crosta schiacciato tra altre quattro placche, tra cui quella araba a sud-est che si sta spingendo verso nord-ovest, e quella, molto più grande, eurasiatica a nord che si sta muovendo verso sud-est. I soccorsi sono impediti o rallentati dai confini nazionali nonché dai conflitti in corso; la regione colpita all'interno della Siria è suddivisa in un'area gestita dal governo nazionale, una occupata dalla Turchia e un'altra controllata da forze ribelli. Le ingenti conseguenze del sisma sono strettamente legate alla qualità degli alloggi dei due paesi coinvolti, dove i condomini costruiti risparmiando sui materiali e in violazione ai regolamenti edilizi continuano a spuntare ovunque. I condoni approvati dal governo Erdogan non hanno certo aiutato a garantire la sicurezza degli abitanti ("What made the earthquake in Turkey and Syria so deadly?", "Massive earthquakes in Turkey and northern Syria kill thousands", The Economist). Ma questo, ovviamente, non è un problema solo turco.
La teleriunione di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata con il commento di alcune notizie riguardanti gli scioperi in corso in varie parti del pianeta.
Solo nell'ultima settimana ci sono stati: uno sciopero nazionale in Ecuador indetto dalle comunità indigene; uno sciopero generale in Tunisia che ha visto la partecipazione di tre milioni di lavoratori; uno sciopero a Bruxelles che ha portato in piazza 70 mila manifestanti; il più importante sciopero negli ultimi trent'anni delle ferrovie in Gran Bretagna. Inoltre, è in fibrillazione tutto il settore della logistica, dai portuali tedeschi agli autotrasportatori sudcoreani.
Il filo rosso che lega queste mobilitazioni passa per l'aumento dei prezzi, il carovita, l'inflazione galoppante. Le odierne eruzioni sociali non sono propriamente dei movimenti e non possono riflettere altro che il motivo contingente che spinge in piazza le persone. Ma in un contesto di miseria assoluta crescente, vediamo crescere un senso di disagio profondo che mobilita sia coloro che hanno paura di perdere qualcosa, sia coloro che non hanno più nulla da perdere ("Rivolta contro la legge del valore").
Questo processo provoca contraccolpi sulla sovrastruttura politica borghese e rappresenta una chiave di lettura. Riguardo alle vicende politiche italiane, possiamo utilizzarlo per comprendere la dissoluzione del Movimento 5 Stelle.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 15 compagni, è cominciata commentando le notizie di stampa riguardanti il caso LaMAD (Language Model for Dialogue Applications), un programma di intelligenza artificiale conversazionale, elaborato da Google, che si basa su una rete neurale open source per la comprensione del linguaggio naturale.
Un ingegnere impegnato nel progetto, Blake Lemoine, è stato messo in congedo dall'azienda di Mountain View perché ha dichiarato pubblicamente che LaMAD sarebbe senziente e avrebbe sviluppato una coscienza pari a quella di un essere umano: "Se non sapessi esattamente cos'è, ovvero questo programma informatico che abbiamo costruito di recente - ha detto Lemoine al Washington Post - penserei che si tratta di un bambino di sette, otto anni che per caso conosce la fisica". Il portavoce di Google ha negato le affermazioni di Lemoine: "Il nostro gruppo, composto da etici e tecnologi, ha esaminato le preoccupazioni di Blake in base ai nostri principi di IA - ha spiegato - e lo ha informato che le prove non supportano le sue affermazioni. Gli è stato detto che non ci sono prove che LaMDA sia senziente, e che ci sono molte prove contrarie".
La teleriunione di martedì sera, connessi 15 compagni, è cominciata con una richiesta di chiarimento rispetto a quanto abbiamo scritto nell'ultimo resoconto, ovvero che gli Usa "sono anche colonizzatori di sé stessi, agendo come alieni verso le popolazioni occupate e pure verso la propria".
Il riferimento al moderno colonialismo a stelle e strisce, emerso durante lo scorso incontro on line, si richiamava al nostro articolo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (capitolo V. L'invasione degli ultracorpi), nel quale affermiamo che anche alcune frange borghesi comprendono che per milioni di americani il loro stesso Stato è un alieno, un qualcosa che non fa parte del paese. Si pensi, ad esempio, alla trilogia dell'impero di Gore Vidal (La fine della libertà, Le menzogne dell'impero, Democrazia tradita).
La riunione è proseguita riprendendo la discussione sulla guerra in Ucraina e le sue conseguenze.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 20 compagni, è iniziata con una serie di considerazioni riguardo l'introduzione massiccia di automi nel comparto dello stoccaggio merci, e non solo.
Secondo quanto riportato dall'Economist nell'articolo "New robots - smarter and faster - are taking over warehouses", Amazon ha introdotto nei suoi siti logistici più di 350mila robot. Macchine veloci e intelligenti stanno prendendosi i magazzini, anche come conseguenza della pandemia che ha messo fuori uso migliaia di lavoratori. La società di consulenza manageriale McKinsey prevede che il mercato dell'automazione dei magazzini crescerà del 23% per un valore di oltre 50 miliardi di dollari entro il 2030.
Amazon Robotics (precedentemente Kiva Systems) produce sistemi di robotica mobile e recentemente ha sviluppato una nuova famiglia di robot che le consentirà di imballare più merci nei suoi centri logistici, e potrà essere utilizzata anche nei siti di distribuzione più piccoli. L'azienda utilizza centinaia di automi mobili coordinati da un software di controllo che garantisce un sistema completo di gestione e organizzazione dei magazzini di grosse dimensioni, permettendo di custodire, spostare e ordinare le merci in maniera facile e veloce: gli oggetti non sono conservati su scaffali statici, né vengono trasferiti per mezzo di nastri trasportatori o muletti; sono invece sistemati su piccoli scaffali mobili, trasportabili con facilità all'interno del sito.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata dalla segnalazione di un articolo dall'Economist dello scorso 7 agosto, intitolato "The promise of open-source intelligence".
Secondo il giornale inglese, l'Open Source INTelligence (OSINT) potrebbe essere utile alle popolazioni per ottenere maggiore democrazia e libertà, dato che la sua natura decentralizzata ed egualitaria eroderebbe il potere dei tradizionali gestori della verità e della menzogna, e cioè di governi, servizi segreti e polizie: poiché la segretezza può essere troppo facilmente abusata l'OSINT è il benvenuto. Questa branca dell' intelligence si occupa della ricerca, della raccolta e dell'analisi di dati e notizie d'interesse pubblico tratti da fonti aperte, e accumulati attraverso mezzi di comunicazione cartacei o digitali, o attraverso l'osservazione di immagini, filmati, conferenze che chiunque può reperire sul Web. Nella nostra epoca l'informazione non è poca, al contrario è troppa. Ci sono sensori sparsi ovunque, satelliti che fotografano continuamente il pianeta terra, milioni di persone che quotidianamente postano foto, video e notizie sui social network. Proprio per questo, afferma l' Economist, le campagne di intelligence possono essere condotte dalla cosiddetta società civile.
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, abbiamo ripreso il tema "macchine, intelligenza artificiale e general intellect".
Nel capitolo XIII del I Libro de Il Capitale (ed. Utet), intitolato "Macchine e grande industria", Marx afferma che nel capitalismo le macchine vengono introdotte non per alleviare la fatica umana, bensì per ridurre il prezzo delle merci ed abbreviare la parte di giornata lavorativa che l'operaio impiega per riprodurre sé stesso.
Nel corso del capitalismo, partendo dalla base manifatturiera, prima vengono costruite attrezzature che hanno come forze propulsive il vento, l'acqua, i cavalli (difficili da utilizzare nelle fabbriche) e gli stessi uomini; poi, con l'avvento della rivoluzione industriale, all'operaio collettivo viene assegnato il compito di sorvegliare il processo produttivo, mentre la macchina finisce per funzionare da sé, in autonomia:
"Solo dopo che gli strumenti erano stati trasformati da strumenti dell'organismo umano in strumenti di un apparecchio meccanico, della macchina utensile, anche il motore assunse una forma autonoma, completamente emancipata dai limiti della forza umana."
La teleconferenza di martedì sera, connessi 13 compagni, è iniziata con la segnalazione di un articolo del Corriere della Sera in cui si afferma che, sin dal dicembre del 2019, alcuni medici di Wuhan segnalarono alle autorità la presenza di un virus anomalo. Il governo cinese decise, però, di tenere nascosta la notizia e mandò la polizia ad ammonire i "propagatori di voci", oscurando la loro chat online. La guerra commerciale (e non) tra le borghesie concorrenti si combatte sempre, e passa anche attraverso il monopolio dell'informazione. Ed è una guerra, nell'epoca di Internet, che viene combattuta con la disinformazione, con le fake news, il terrorismo psicologico o la minimizzazione di fenomeni pericolosi.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata con la segnalazione di alcune novità nel settore automobilistico.
All'ultimo salone dell'automobile di Francoforte è stata presentata la prima autovettura elettrica europea, progettata dalla Volkswagen. Nove i miliardi di euro che l'azienda investirà di qui ai prossimi anni solo per avviare il ciclo produttivo, mentre ID.3, questo il nome del modello, sarà in vendita a partire dai 30 mila euro. Anche in Cina hanno aperto stabilimenti destinati alla produzione di vetture elettriche e pure gli Stati Uniti stanno investendo nello stesso ambito.
Insomma, si prepara un'invasione di auto elettriche, bisogna solo vedere se le popolazioni immiserite avranno i soldi per comprarsele. I dati delle vendite parlano chiaro: "La produzione italiana di autovetture è calata del 19%, sia a luglio che nei primi 7 mesi dell'anno rispetto agli stessi mesi del 2018. Ha invece registrato un calo del 7,5% a luglio la produzione dell'industria automotive italiana nel suo insieme (non solo fabbricazione di autoveicoli, ma anche di carrozzerie autoveicoli, rimorchi e di parti e accessori per autoveicoli e loro motori)" (Ansa). Anche in Germania i problemi nell'industria si aggravano: "A trascinare verso il basso la produzione è soprattutto il settore auto che diminuisce ad aprile del 17,1% rispetto allo stesso mese del 2018" (Il Fatto Quotidiano).
I grandi gruppi automobilistici, tra cui Volkswagen che è leader nel settore con oltre 10 milioni di autoveicoli prodotti annualmente, hanno bisogno di proporre nuovi modelli per attrarre i consumatori, tentando allo stesso tempo di rimodernare la struttura completa del sistema automobile. L'auto a combustione endogena è un dinosauro dal punto di vista del rendimento, e per la sua produzione vengono messe in moto forze esagerate che alimentano un sistema ultra-dissipativo.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata commentando una news pubblicata sull'Economist in merito alle nuove tipologie di allevamenti di suini in Cina.
I cinesi si avvicinano ad un consumo di proteine che è vicino a quello occidentale e ciò comporta l'aumento degli allevamenti e delle coltivazioni di prodotti proteici per rifornirli di mangime. L'ammontare dei capi di suini registrato in Cina è pari a quello del resto del mondo e nel settore cominciano a farsi sentire i problemi logistici, a partire dalla coltivazione della soia per gli animali fino allo smistamento dei rifiuti organici. La crescita del consumo di carne nel paese è così alta che non basta più ingrandire (orizzontalmente) gli allevamenti, ma vengono costruiti speciali grattacieli per i maiali. Alcuni raggiungono i tredici piani di altezza e sono studiati appositamente per sfruttare al massimo gli spazi. Questo tipo di infrastruttura comporta una variazione dal punto di vista tecnico nell'allevamento, che diventa completamente industrializzato; l'ammasso dei maiali eleva il rischio epidemie e perciò ogni livello è tenuto separato, con aria riciclata e una gestione autonoma dei rifiuti. Se i cinesi leggessero i giornali o utilizzassero la carta igienica alla occidentale, non basterebbero tutte le foreste del pianeta. E lo stesso discorso vale per le automobili.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata dalla segnalazione di un articolo del Corriere della Sera, "L'Occidente tramonta davvero", a firma Sergio Romano. Secondo il diplomatico, ex ambasciatore presso la Nato, il pianeta è preda di un caos sistemico, e "la causa maggiore di questo stato di cose è il declino dell'America sulla scena internazionale. Ma anche quasi tutti i membri dell'Unione Europea stanno attraversando crisi esistenziali".
Temi non nuovi per noi: nell'articolo "Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio" abbiamo descritto un mondo capitalistico che non è più gestito "in condominio" tra Usa e Urss, ma si è trasformato in un sistema instabile e complesso maggiormente sensibile al classico "effetto farfalla". La guerra moderna non può evitare di confrontarsi con la velocità del flusso di informazioni che viaggiano attraverso la Rete, diventata ormai da anni un fondamentale campo di battaglia (vincere la battaglia informatica vuol dire avere più informazioni di quelle che possiede il nemico).
I rapporti sociali odierni sono quelli di un capitalismo stramaturo che permea di sé ogni cellula del sistema, la quale si sente in guerra perenne con le altre. Con il capitalismo l'uomo perde in assoluto qualsiasi residuo di rapporto umano con l'altro uomo e ciò si rispecchia nel modo di condurre i conflitti: con il massacro delle popolazioni inermi e lo studio scientifico per produrre sistematicamente sofferenza, con la distruzione e la morte. Attualmente in Libia siamo alla guerra di tutti contro tutti, mentre in Algeria e Sudan si susseguono proteste e rivolte che, dopo la cacciata del tiranno di turno, mettono ora in discussione anche i vertici militari (che in Sudan hanno compiuto un colpo di stato). Sulla situazione algerina un compagno ha segnalato l'articolo del manifesto "Algeria, la natura di classe della rivolta in corso", secondo cui le recenti manifestazioni sarebbero il risultato degli scioperi anche violenti degli ultimi anni.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 14 compagni, è iniziata dal libro Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro, di Nick Srnicek e Alex Williams (autori nel 2013 del Manifesto per una politica accelerazionista), di cui un compagno ha presentato una sintesi.
Innanzitutto notiamo che ormai i testi sul reddito di base, l'automazione e la "fine del lavoro" sono disponibili in bella vista nelle maggiori librerie: temi che qualche anno fa erano lontani dal mainstream, oggi fanno vendere decine di migliaia di copie. In Inventare il futuro gli argomenti trattati sono gli stessi che troviamo in libri come Postcapitalismo di Paul Mason, Il futuro senza lavoro. Accelerazione tecnologica e macchine intelligenti di Martin Ford, e La nuova rivoluzione delle macchine di Andrew McAfee ed Erik Brynjolfsson. Ma nessuno di questi autori, pur raccogliendo una marea di dati che dimostra la fine dell'attuale modo di produzione, riesce a scorgere un futuro oltre il capitalismo; tutti immaginano invece un capitalismo riformato.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata dal commento dell'articolo "Il lato oscuro dei mercati: cosa può mandare le Borse in tilt", del Sole 24 Ore, in cui si analizzano le cause non direttamente economiche del crollo dei mercati avvenuto nei giorni scorsi, ovvero l'insieme di espedienti automatici, scambi ad alta frequenza e algoritmi che ormai governano il mondo finanziario.
Secondo il giornale di Confindustria, uno dei pericoli più grandi che minacciano le piazze economiche di tutto il mondo è rappresentato dalla finanza automatizzata: "Ormai il 66% degli scambi azionari in Borsa è fatto da algoritmi. Cioè da computer che vendono e comprano azioni in autonomia, seguendo complessi calcoli matematici. Il 'flash-crash' ha però mostrato che anche queste macchine, apparentemente perfette, possono prendere cantonate. E far scattare vendite automatiche molto velocemente."
Se l'intero mercato azionario è controllato per il 66% da programmi che lavorano autonomamente (ma l'automazione non riguarda solo il mondo delle finanza, tutto ormai è in mano agli algoritmi, dall'industria alla complessa gestione di aeroporti e treni, dalla logistica civile e militare alla grande distribuzione organizzata), allora possiamo affermare che non è più l'uomo a subordinare l'economia ma il contrario. Ciò è la dimostrazione pratica dell'incapacità della classe borghese che, sprovvista di una teoria economica, non riesce ad anticipare i processi sociali ma è costretta a subirli. Dacché esiste il capitalismo, non una crisi è stata prevista, mentre le spiegazioni sono sempre arrivate dopo.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 13 compagni, è iniziata commentando alcuni dati sulla crisi del settore edilizio in Italia.
Nel 2002 abbiamo scritto Le case che salvarono il mondo (quando il plusvalore si tramuta in rendita), prendendo spunto da un articolo dell'Economist in cui si annotava che un mucchio di capitali in cerca di valorizzazione si era riversato sul mattone evitando il crash. Il settimanale britannico mostrava tutto il suo entusiasmo poiché il mercato immobiliare aveva effettivamente "salvato" il capitalismo. Il crash arrivò qualche anno più tardi, con la crisi dei mutui subprime.
In Italia circa l'85 per cento delle famiglie possiede una casa di proprietà. Non pagare l'affitto, come dice Engels in La questione delle abitazioni, va ad incidere sulla quantità di beni utili per la riproduzione della forza lavoro tenendo basso il costo della stessa. Ora, sempre secondo l'Economist, saremmo in un periodo di ripresa. Strano, perché ne basterebbe anche solo l'avvisaglia per vedere un'enorme quantità di capitali riversarsi nella cosiddetta economia reale provocando disastri. Comunque, questo significa che oggi le case non possono più salvare il capitalismo e nemmeno si riescono ad individuare altri settori che lo possano fare.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata prendendo spunto dalla notizia dell'approvazione del referendum sui voucher per il prossimo 28 maggio.
Mentre la Cgil perde tempo con la campagna "Libera il lavoro con 2 sì", migliaia di lavoratori vivono in condizioni di estrema precarietà dibattendosi tra stage e corsi di formazione non retribuiti; di certo non sarà certo l'esito di una consultazione a cambiare le loro condizioni di vita. Istituzionalizzandosi, prendendo contributi dallo Stato, vendendo servizi, i sindacati hanno rinunciato alla lotta di classe e contano sempre meno. Non mancano comunque esperimenti di autorganizzazione nel mondo del lavoro, pensiamo ad esempio agli scioperi dei fattorini di Foodora e Deliveroo. Nell'epoca delle reti e dei computer tascabili si può rispondere all'iper-sfruttamento utilizzando "le stesse armi tecnologiche dei giganti del web", scrive pagina 99 nell'articolo App contro app, così i precari sfidano i padroni della gig-economy.
La teleconferenza di martedì scorso, presenti 11 compagni, è iniziata con alcune riflessioni sulla situazione politica italiana in riferimento a quanto sta succedendo nella Capitale.
Conquistata la poltrona del Sindaco, forti delle promesse fatte in campagna elettorale, i 5 Stelle romani hanno predisposto la propria amministrazione a tale scopo. Dopodiché il sistema gli è saltato addosso. C'era da aspettarselo: in settori chiave dell'economia, tipo quello dei rifiuti, è impossibile non tenere conto di determinate reti di interesse.
Il livello politico sovrastrutturale non può che riflettere la decadenza strutturale dell'economia. Come abbiamo cercato di dimostrare nell'articolo L'Italia nell'Europa feudale, il capitalismo e la borghesia italiani sono sulla scena, fra alti e bassi, da mille anni. In Italia sono nati Machiavelli, il fascismo, il trasformismo, l'opportunismo, gli scandali delle banche, la corruzione e la mafia.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è partita dai fatti accaduti a Colonia la notte di Capodanno.
I toni dei commenti giornalistici sulla vicenda sono oramai da guerra civile. La caccia allo straniero, allo stupratore dalla pelle scura, è iniziata; alcuni ventilano l'ipotesi di una misteriosa rete islamica dietro alle aggressioni. Come previsto, la vaga solidarietà verso i profughi si sta velocemente trasformando nel suo opposto. Svezia e Danimarca hanno già chiuso le frontiere e altri paesi sono destinati a seguirle. Il proletariato occidentale viene spinto a schierarsi contro i disperati che arrivano dai paesi collassati.
Negli Usa fa discutere il tentativo di Obama di porre dei filtri alla vendita di armi da fuoco. Nel paese sono 30 mila i morti l'anno a causa di sparatorie, per non parlare di Messico, dove la guerra per la droga è una carneficina, Brasile o altri stati minori del Sud America. Un bollettino di guerra.
La teleconferenza di martedì, a cui hanno partecipato 16 compagni, è iniziata prendendo spunto dalle dichiarazioni rilasciate recentemente al Wall Street Journal da Henry Kissinger.
Nell'articolo pubblicato dal quotidiano newyorkese l'ex segretario di Stato invita gli Stati Uniti a darsi una mossa: "devono decidere in che ruolo giocheranno nel XXI secolo. Il Medioriente sarà il test più immediato e forse più difficile. In gioco non c'è la forza dell'America, ma la sua risolutezza a capire e padroneggiare il nuovo mondo". In particolare Kissinger esprime preoccupazione per l'intervento russo in Siria e il piano sul nucleare dell'Iran, operazioni entrambe lesive degli interessi americani nella regione.
Sappiamo che le determinazioni materiali che stanno alla base della politica americana non dipendono affatto da accordi fra trust o dalla volontà del governo, bensì dalla necessità del Capitale di uno sbirro globale, gli USA, che impedisca lo sconvolgimento dell'intero assetto capitalistico mondiale. L'imperialismo non è una "politica" di qualcuno, è il modo di essere del capitalismo raggiunto un certo grado di sviluppo delle forze produttive.
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati una decina di compagni, abbiamo fatto il punto della situazione sulla crisi mondiale e sulle sue ripercussioni a livello sociale.
Dopo la destabilizzazione dovuta alla crisi americana del 2007 con oscillazioni intorno a tassi minimi di crescita, il rapporto tra debito e Pil a livello globale è salito di 17 punti percentuali. Il mondo ha cioè cumulato un debito complessivo pari a tre volte il valore del Pil mondiale.
Fino a poco tempo fa gli Stati Uniti parevano avere l'asso nella manica per avviare la ripresa: grazie al fracking avrebbero aumentato, sostenevano, la produzione energetica e fatto ripartire la locomotiva dell'economia. Un'illusione. Gli investitori globali considerano ormai la tecnica estrattiva della fratturazione idraulica un business rischioso. Con il petrolio texano a 47 dollari al barile e quello del Mare del Nord a 52,8, il fracking è sempre meno conveniente e le aziende del settore comiciano a chiudere.
La notizia del superamento del test di Turing in un esperimento pubblico condotto dall'Università di Reading presso la Royal Society di Londra ha scatenato il dibattito in rete e sui giornali di tutto il mondo. La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 13 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sull'argomento.
In una sorta di rigurgito illuminista, sono stati in molti ad indignarsi in seguito alle dichiarazioni di Kevin Warwick, il docente di cibernetica che ha coordinato il progetto, e in molti a prodigarsi per dimostrare che i risultati ottenuti non provano affatto che un computer possa pensare. In questi casi è facile cadere in equivoci da fantascienza, immaginando un mondo di macchine antropomorfizzate più intelligenti dell'uomo. Il fine del test di Turing non sta nella dimostrazione della capacità di pensiero da parte di una macchina, ma in quella di simulazione di un umano (vedi Computing Machinery and Intelligence). Nell'ottica del sistema di macchine descritto da Marx, ogni passo avanti compiuto dalla scienza in questa direzione è importante, perché se le macchine riusciranno in via di principio a simulare l'attività umana senza che si possa avvertire la differenza, non ci sarà bisogno di aspettare che diventino intelligenti per sostituirci. Lo sviluppo e l'utilizzo della robotica si traducono nell'eliminazione di tempo di lavoro e di conseguenza nella potenziale vittoria a favore del tempo di vita. Anche se più stupide, le macchine riescono meglio degli uomini, ancor di più se utilizzate con mezzi consoni e cioè quando corrono su ruote o cingoli, volano con ali e motori, esplorano Marte, calcolano con intelligenza a base silicio miliardi di volte più veloci di un cervello a base carbonio (il nostro), misurano distanze, raccolgono informazioni, le restituiscono elaborate, custodiscono dati in memorie infinite, formano sistemi planetari di reti di comunicazione, ecc.
Rimanendo nel campo dello sviluppo informatico, è interessante quanto si legge nell'articolo Le app in movimento di Daniele Pizio. In una breve cronistoria del rapporto tra movimenti di piazza e tecnologia, l'articolo racconta di alcuni progetti per l'implementazione di applicazioni sviluppate da attivisti e destinante all'organizzazione del "movimento", come la spagnola Memetro o l'italiana RiseApp.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata ricordando il lavoro di Emilio del Giudice, recentemente scomparso. Emilio era entrato in contattato con la sezione di Torino del PCInt. alla fine degli anni '70 ma vi era rimasto poco, avendo trovato lavoro a Milano. Là aveva frequentato la sezione locale partecipando assiduamente alla sua attività, tanto da entrare presto a far parte del Centro del partito. Laureato in fisica e diventato ricercatore, aveva abbandonato la concezione standard abbracciando una teoria del continuo, già prospettata, oltre che da alcuni fisici, anche dalla nostra corrente negli anni '50: l'apparente dualismo onda-particella dev'essere il prodotto di una legge profonda che va ricercata mettendo da parte il riduzionismo classico. Una teoria ultima della natura non può che essere "monista" e utilizzare quindi concetti e formalismi del continuo superando le dicotomie introdotte dal nostro modo di pensare.
La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 10 compagni, è iniziata con il commento di Quello che vuole la tecnologia, il nuovo libro di Kevin Kelly, ed in particolare del capitolo sul mutualismo. Nel testo l'autore afferma che buona parte delle specie dipende da altre specie per poter vivere; sulla Terra si verificano estesi fenomeni di parassitismo e più in generale di vita condivisa, tra cui, per citarne uno, la simbiosi: ne è esempio famoso quello del connubio tra alga e fungo da cui nasce il lichene.
La co-evoluzione si può spiegare così: 1) ogni forma di vita dipende da altre forme di vita; 2) via via che la natura evolve diventiamo sempre più dipendenti da altre specie; 3) via via che la vita evolve aumenta il grado di complessità degli aggregati sociali.
L'evoluzione biologica risponde a leggi fisiche e quindi è determinata, proprio come lo sviluppo della tecnologia intesa come estensione del corpo sociale. La specie umana ha sviluppato un'enorme capacità di socializzazione con relativa capacità di rovesciare la prassi e di progettare il futuro. La nostra vita è interessata da tutti e tre i livelli sopra elencati, la simbiosi che ne deriva ha dato vita ad un vero e proprio cervello sociale, il "technium", che rappresenta l'integrazione tra il regno del "nato" e quello del "prodotto".
Ho letto l'articolo sull'uomo-industria (n. 19 della rivista), che peraltro mi è piaciuto molto, e sono rimasto colpito dalla determinazione con cui criticate il cosiddetto primitivismo. Leggendo la rivista vedo che avete assunto un'impostazione molto ottimistica sui risultati attuali della scienza. Vi confesso che ho molto meno fiducia di voi nelle possibilità della scienza borghese. Essa non potrà mai rappresentare un fatto positivo nella transizione da una società all'altra ma dovrà essere demolita dalle fondamenta, come del resto sembra dire anche Bordiga nelle riunioni degli anni '60 da voi pubblicate sul numero doppio 15-16.
Come vedrete dai due documenti che allego, anche nella sinistra francese c'è una grande discussione su natura, scienza e tecnologia, specialmente a proposito di Internet e della scomparsa del valore, del lavoro gratuito, della smaterializzazione delle merci, etc. ma qui il modo di fare politica è ancora molto tradizionale e non sembra che il movimento primitivista sia importante come negli Stati Uniti e nemmeno che possa diventarlo.
Non mi è chiaro il meccanismo di fondo della legge del valore in tutte le sue concatenazioni. Leggendo la rivista mi sono chiesto, forse ingenuamente, per quale motivo la tendenza generale del capitale a sostituire la forza-lavoro con le macchine non si possa estendere fino ad eliminarla del tutto. Qual è la forza che nega questa possibilità? Lo so che la risposta è: la valorizzazione del capitale necessita della forza-lavoro da cui estrarre plusvalore; lo so che, senza operai, niente plusvalore! Benissimo, ci arrivo dal punto di vista dell’enunciato, ma mi è molto meno chiaro il percorso necessario per raggiungerlo.
Editoriale: Reset
Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale
Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese
Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse
Recensione: Tendenza #antiwork
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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